San Roberto Bellarmino, vescovo e dottore della Chiesa, della Compagnia di Gesù, che seppe brillantemente disputare nelle controversie teologiche del suo tempo con perizia e acume. Nominato cardinale, si dedicò con premura al ministero pastorale nella Chiesa di Capua e, infine, a Roma si adoperò molto in difesa della Sede Apostolica e della dottrina della fede.
Nasce il 4 Ottobre 1542 a Montepulciano (Siena); era terzo di dieci fratelli di una numerosa famiglia di origini nobili ma in via di impoverimento economico.
Suo padre si chiamava Vincenzo Bellarmino mentre sua madre, era Cinzia Cervini, donna molto religiosa e sorella del cardinale Marcello Cervini, che divenne poi papa Marcello II.
Educato per desiderio della madre nel collegio gesuita della sua città natale, fondato poco tempo prima, entrò all’età di diciotto anni nella Compagnia di Gesù, il 20 settembre 1560, ed ammesso alla prima professione religiosa il giorno dopo. Il padre era contrario perché preferiva per lui una carriera politica laica.
Fin da giovanissimo mostrò le sue ottime doti letterarie ed ispirandosi agli autori latini come Virgilio compose diversi piccoli poemi sia in lingua volgare che in lingua latina. Uno dei suoi inni dedicato alla figura di Maria Maddalena fu inserito poi per l’uso nel breviario.
Dal 1560 al 1563 studiò nel Collegio Romano a Roma, futura Pontificia Università Gregoriana, sede della scuola gesuita. Iniziò successivamente a studiare materie umanistiche prima a Firenze e poi a Mondovì sempre in scuole del suo ordine religioso. Nel 1567 intraprese lo studio della teologia, dapprima a Padova e poi, nel 1569, è inviato a completare questi studi a Lovanio nelle Fiandre. Qui poté acquisire una notevole conoscenza delle eresie più importanti del suo tempo.
Dopo l’ordinazione sacerdotale avvenuta la Domenica delle palme del 1570 a Gand in Belgio, guadagnò rapidamente notorietà sia come insegnante sia come predicatore.
In quest’ultima veste era capace di attirare al suo pulpito sia cattolici che protestanti, persino da altre aree geografiche.
Iniziato l’insegnamento di teologia nel 1570 a Lovanio, è richiamato nel 1576 in Italia da Papa Gregorio XIII che gli affidò la cattedra di “Controversie” da poco istituita nel Collegio Romano, cioè di Apologetica, attività che svolse fino al 1587.
Era da poco tempo terminato il Concilio di Trento e la Chiesa Cattolica, attaccata dalla Riforma protestante aveva necessità di analizzare e verificare la propria identità culturale e soprattutto spirituale. L’attività e le opere di Roberto Bellarmino si inserirono proprio in questo contesto storico.
Egli si dimostrò adeguato alla difficoltà del compito dell’insegnamento e le lezioni che egli tenne confluirono nella sua grande e più famosa opera di più volumi “Le controversie”. Questa monumentale opera teologica rappresenta il primo tentativo di sistematizzare le varie controversie teologiche dell’epoca. Ebbe un’enorme risonanza in tutta Europa. Presso le chiese protestanti in Germania ed in Inghilterra furono istituite specifiche cattedre d’insegnamento per fornire una replica agli argomenti difesi dal Bellarmino circa l’ortodossia cattolica e la sua aderenza alla Bibbia e alla storia della Chiesa.
Nel 1588 è nominato “Direttore Spirituale” del Collegio Romano ma poco dopo, nel 1590, è inviato con la legazione del cardinale Gaetano, in qualità di teologo, che papa Sisto V aveva inviato in Francia per difendere la Chiesa Cattolica nelle difficoltà scaturite dalla guerra civile tra cattolici ed ugonotti.
Mentre si trovava in Francia è raggiunto dalla notizia che Sisto V, che aveva calorosamente accettato la dedica della sua opera “Le controversie”, stava per proporre di metterne il primo volume all’Indice. Il motivo era che nell’opera si riconosceva alla Santa Sede un potere indiretto e non diretto sulle realtà temporali. Bellarmino, la cui fedeltà alla Santa Sede era intensa e autentica, ne fu profondamente amareggiato.
Tale imminente condanna è evitata dall’improvvisa morte di Sisto V il 27 agosto 1590, per complicanze di una malattia infettiva, forse malaria.
Il nuovo papa Gregorio XIV, è invece pienamente entusiasta di quest’opera, tanto che concesse ad essa, persino l’onore di una speciale approvazione pontificia.
Quando la missione del cardinal Gaetano era oramai al termine, Bellarmino riprese nuovamente il suo lavoro come insegnante e padre spirituale. Ebbe la consolazione di guidare negli ultimi anni della sua vita san Luigi Gonzaga(morì appena 23enne al Collegio Romano nel 1591 dopo aver contratto un male per salvare un uomo affetto da peste ed abbandonato per strada). Di lui, negli anni successivi, Bellarmino stesso promosse il processo di beatificazione.
Nel 1592 Bellarmino divenne Rettore del Collegio Romano, funzione che svolse per circa due anni fino al 1594. Nel 1595 divenne Preposito della provincia di Napoli. Nel 1597 papa Clemente VIII lo richiamò a Roma e lo nomina suo consultore teologo, e inoltre “Esaminatore dei Vescovi e Consultore del Sant’Uffizio”.
Il 3 marzo 1599 il papa lo nomina cardinale presbitero con il titolo di Santa Maria in Via. Indicando la motivazione di questo incarico con le parole: “La Chiesa di Dio non ha un soggetto di pari valore nell’ambito della scienza.”
Negli anni successivi Bellarmino è definito bonariamente spesso come “il gesuita vestito di rosso”, in relazione all’abito cardinalizio che contrastava con la tonaca nera dei gesuiti.
A questo periodo risale anche la nomina ad assistente del cardinale Madruzzi, presidente della Congregazione “De Auxiliis”.
Congregazione istituita poco tempo prima dal papa per ricomporre la controversia recentemente sorta tra Tomisti e Molinisti a proposito della natura dell’armonia tra grazia efficace e libertà umana. In tale diatriba che si trascinerà per diversi decenni si contrapponevano gesuiti molinisti e domenicani tomisti.
Il parere di Bellarmino sin dall’inizio è che tale questione di natura dottrinale non dovesse essere risolta con un intervento autoritativo, ma lasciata ancora alla discussione tra i diversi indirizzi e che ai contendenti di entrambi i campi fosse seriamente proibito di indulgere a censure o condanne dei rispettivi avversari.
Il 18 marzo 1602 venne nominato arcivescovo di Capua, sede resasi proprio allora vacante. Il papa stesso vuole consacrarlo con le sue mani. Un onore che abitualmente i papi concedono come segno di stima speciale. Il nuovo arcivescovo partì subito per la sua sede, e si distinse degnamente nel suo ministero.
Nel marzo 1605 Clemente VIII morì e gli succedette prima Leone XI che regnò per solo ventisei giorni, e poi Paolo V. Nel primo e nel secondo conclave, ma soprattutto in quest’ultimo, il nome di Roberto Bellarmino fu spesso dinanzi alle intenzioni degli elettori.
Racconta Ludwig Von Pastor storico vaticanista che nei primi giorni del secondo conclave del 1605 un gruppo di cardinali tra i quali Baronio, Sfondrato, Aquaviva, Farnese, Sforza e Piatti si adoperarono per far eleggere il cardinale gesuita Bellarmino. Ma questi era contrario tanto che saputo della sua candidatura rispose che avrebbe volentieri rinunciato anche al titolo cardinalizio.
Il nuovo Papa Paolo V, eletto con l’accordo delle maggiori potenze cattoliche, insistette nel volere con sé a Roma il Bellarmino.
Il cardinale chiese allora che almeno egli fosse esonerato dal ministero episcopale le cui responsabilità egli non era più in grado di adempiere. A questo punto egli fu nominato membro del Sant’Uffizio e di altre congregazioni e successivamente consigliere principale della Santa Sede nel settore teologico della sua amministrazione.
La disputa “De Auxiliis”, che alla fine Clemente non aveva avuto modo di portare a termine, fu conclusa con una decisione che ricalcava le linee dell’originaria proposta di Bellarmino.
Il 1606 segnò l’inizio della contesa tra la Santa Sede e la Repubblica di Venezia, che senza consultare il Papa e versando in cattive condizioni finanziarie, aveva abrogato la legge di esenzione del clero dalla giurisdizione civile e tolto alla Chiesa il diritto di possedere beni immobili. La disputa portò ad una guerra di libelli (querele) durante la quale le difese della parte repubblicana furono sostenute da Giovanni Marsilio e dal frate servita Paolo Sarpi, che si erano posti in netto contrasto con la Chiesa cattolica.
In questa disputazione la Santa Sede fu difesa nobilmente dal cardinal Bellarmino e dal cardinal Baronio.
Contemporaneamente alle contrapposizioni della Repubblica Veneziana ci furono quelle concernenti il Giuramento inglese di lealtà.
Nel 1606, in aggiunta alle vessazioni già imposte ai cattolici inglesi dai monarchi inglesi, fu chiesto di prestare un giuramento di fedeltà alla monarchia, abilmente formulato con tale astuzia che un cattolico, nel rifiutarlo, sarebbe potuto apparire come un cittadino che si sottraeva ai suoi doveri civili e quindi perseguibile.
Poiché la Santa Sede aveva proibito ai cattolici di prestare questo giuramento, il re inglese Giacomo I d’Inghilterra, di fede protestante, scrisse la difesa di tal giuramento in un libro intitolato Tripoli nodo triplex cuneus. Bellarmino replicò al monarca con il suo Responsio Matthei Torti. Altri trattati seguirono dall’uno e dall’altro campo.
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Il famoso processo a Giordano Bruno, filosofo e frate domenicano condannato per eresia, coinvolse anche Bellarmino che era consultore del Sant’Uffizio. Il santo ebbe alcuni colloqui con l’inquisito, dal 1593 al 1600.
Il processo si protraeva per il fatto che le ammissioni di eresia che l’imputato ammetteva durante i venti interrogatori a cui fu sottoposto, ed alcuni anche mediante la tortura, erano successivamente smentite davanti alla corte del Tribunale dell’Inquisizione.
Bellarmino non partecipò mai personalmente alle sedute degli interrogatori nei quali si poteva attuare la tortura. Per ordine del Papa Clemente VIII, il 20 gennaio 1600, il tribunale dell’Inquisizione pronunciò il verdetto di condonna al rogo.
Bellarmino non visse fino all’epilogo del processo e alla condanna a Galileo Galilei.
Ma nel 1615 egli prese parte alla prima fase. Il cardinale fece parte della commissione vaticana che ammonì Galileo dal continuare ad insegnare la teoria eliocentrica nel 1616 e fu proprio lui a comunicargli l’ammonizione che conteneva con una lettera rimasta famosa.
In precedenza aveva sempre mostrato interesse nelle scoperte dello scienziato e si era trattenuto in amichevole corrispondenza con lui. Aveva pure assunto, come testimoniato dalle sue lettere all’amico di Galileo, Paolo Antonio Foscarini, un atteggiamento aperto verso le teorie scientifiche, ammonendolo, tuttavia, di non cercare una dimostrazione della loro esattezza limitandosi a porle come ipotesi.
Negli ultimi anni Roberto Bellarmino continuò il suo austero modo di vivere. Dedica molto del suo tempo alla preghiera e ai digiuni, nonostante la sua salute piuttosto precaria.
Continuò a fare molte elemosine ai poveri, ai quali lasciò praticamente tutti i suoi averi. Contribuì a far ottenere l’approvazione del papa alla fondazione del nuovo Ordine della Visitazione di San Francesco di Sales; inoltre portò a termine la stesura di un “grande catechismo” ed di un “piccolo catechismo”, quest’ultimo in particolare ebbe notevole successo e fu ampiamente utilizzato fino a tutto il XIX secolo. Infine compose un piccolo e anch’esso famoso testo “De arte bene moriendi” oltre che una sua “Autobiografia”.
Egli visse ancora per assistere ad un altro conclave, quello che elesse Gregorio XV nel febbraio 1621. La sua salute stava rapidamente declinando e nell’estate dello stesso anno gli fu permesso di ritirarsi a Sant’Andrea al Quirinale sede del noviziato dei gesuiti, per prepararsi al trapasso. Qui spirò la mattina del 17 settembre 1621. Alla sua morte il suo corpo fu deposto nella cripta della casa professa e dopo circa un anno fu posto nel sepolcro che aveva ospitato il corpo di Sant’Ignazio di Loyola.
Poco dopo la sua morte la Compagnia di Gesù ne propose la causa di beatificazione che ebbe effettivamente inizio nel 1627 durante il pontificato di Urbano VIII, quando gli fu conferito il titolo di venerabile.
Tuttavia un ostacolo di natura tecnica, proveniente dalla legislazione generale sulle beatificazioni, emanata da Urbano VIII, comportò una dilazione.
Da papa Pio XI ebbe la triplice glorificazione di beato, di santo e di dottore della Chiesa.
È santo patrono dei catechisti, degli avvocati canonisti, della città di Cincinnati negli USA.
Dal 21 giugno 1923 il suo corpo è venerato dai fedeli nella terza cappella di destra della chiesa di Sant’Ignazio di Loyola a Roma, chiesa del Collegio Romano che conserva le reliquie di altri santi gesuiti tra cui San Luigi Gonzaga. Le ossa del suo scheletro sono state ricomposte ed unite con fili d’argento e rivestite con l’abito cardinalizio mentre il volto e le mani sono state ricoperte d’argento; così appare sotto l’altare a lui dedicato.
A lui è intitolato il “Collegio San Roberto Bellarmino” sito nel Palazzo Borromeo a Roma in via del Seminario, di antica storia e appartenente ai gesuiti. Qui attualmente risiedono gli studenti che frequentano la Pontificia Università Gregoriana.
(Biografia tratta dal sito www.sanrobertobellarmino.it)
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O Dio,
che per il rinnovamento spirituale della Chiesa
ci hai dato in San Roberto Bellarmino vescovo
un grande maestro e modello di virtù cristiana,
fa’ che per sua intercessione
possiamo conservare sempre
l’integrità di quella fede a cui egli dedicò tutta la sua vita.
Oppure:
Glorioso San Roberto oggi ti eleggo
a mio speciale patrono:
sostieni in me la Speranza,
confermami nella Fede,
rendimi forte nella Virtù.
Aiutami nella lotta spirituale,
ottienimi da Dio tutte le Grazie
che mi sono più necessarie
ed i meriti per conseguire con te
la Gloria Eterna…
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