Sant’ Ildegarda di Bingen Vergine, Dottore della Chiesa
Nasce a Bermesheim nel 1098, ultima di dieci figli. Il suo nome di battesimo, tradotto letteralmente, significa «colei che è audace in battaglia». Tra il 1147 e il 1150, sul monte di San Ruperto vicino a Bingen, sul Reno, Ildegarda fonda il primo monastero e, nel 1165, il secondo, sulla sponda opposta del fiume.
È una persona delicata e soggetta alle malattie, tuttavia, raggiunge l’età di 81 anni affrontando una vita piena di lavoro, lotte e contrasti spirituali, temprata da incarichi divini. Figura, intellettualmente lungimirante e spiritualmente forte, le sue visioni, trascritte in appunti e poi in libri organici, la rendono celebre. È interpellata per consigli e aiuto da personalità del tempo. Sono documentati i suoi contatti con Federico Barbarossa, Filippo d’Alsazia, san Bernardo, Eugenio III.
Negli anni della maturità intraprende numerosi viaggi per visitare monasteri, che avevano chiesto il suo intervento e per predicare nelle piazze, come a Treviri, Metz e Colonia. Muore il 17 settembre 1179. LA sua conferma di culto risale al 26 agosto 1326. Seppur già presente nel Martirologio Romano con il titolo di Santa, Papa Benedetto XVI ha proclamato la sua canonizzazione equipollente il 10 maggio 2012, per poi dichiararla “Dottore della Chiesa” il 7 ottobre dello stesso anno, insieme a San Giovanni d’Avila. Papa Francesco nel 2021 ha annoverato Santa Ildegarda di Bingen nel Calendario Romano Generale, collocando la sua memoria facoltativa al 17 settembre, medesimo giorno di un altro Dottore, San Roberto Bellarmino.
Etimologia: Ildegarda = coraggiosa in battaglia, dal tedesco
Martirologio Romano: Nel monastero di Rupertsberg vicino a Bingen nell’Assia, in Germania, santa Ildegarda, vergine, che, esperta di scienze naturali, medicina e di musica, espose e descrisse piamente in alcuni libri le mistiche contemplazioni, di cui aveva avuto esperienza.
Ildegarda studiò sui testi di Dionigi l’Areopagita e di Sant’Agostino.
Scrisse in lingua latina, senza averla mai studiata; si definiva “indocta”. Ormai adulta, cominciò a scrivere delle sue visioni “non del cuore o della mente, ma visioni dell’anima” .
Il pensiero di Ildegarda è legato al concetto di viriditas: il termine latino indica il colore verde, le piante verdi germogliano ed esprimono vigore.
Per Ildegarda significa equilibrio della salute fisica e spirituale, forza vitale capace di rigenerare gli esseri umani, è una “energia verdeggiante”.
Contro la viriditas c’è la Bile Nera che rende l’uomo malinconico e depresso, che lo fa ammalare gravemente; per sconfiggerla occorre nutrirsi bene con cibi ben cucinati e un bicchiere di buon vino. Suggerisce di fare uso di erbe come la salvia… che consola. La malinconia (che trae la sua origine dal peccato originale stesso) ci sovrasta quando la linfa della viriditas, che fa verdeggiare tutto l’universo, si inaridisce. “Noi- osserva Ildegarda- siamo un albero vivo, piantato in un cielo infuocato!”
“O nobilissima viriditas…
Tu rubes ut aurora
Et ardes ut solis flamma…”
In un interessantissimo articolo su Aleteia, Annalisa Teggi afferma:”Al mondo intero che oggi abbraccia la causa del verde, osiamo riproporre la sfida di una ecologia integra, totale, innamorata, la viriditas di santa Ildegarda”. Nel verde di una foglia la santa vede una esplosione di vita, di energia, di armonia. La viriditas fa verdeggiare tutto l’universo. La Teggi richiama nel termine viriditas la vis maschile e la verginità feconda femminile e Ildegarda afferma, con felicissima intuizione, che la Madonna è viridissima Virgo! Il pensiero ecologico di Ildegarda, prosegue la Teggi, è ben più convincente e affascinante di quello degli ecologisti moderni!
Ildegarda, richiamandosi all’antica filosofia greca, ritiene che ogni cosa materiale sia formata da quattro elementi: aria, acqua, terra, fuoco, uniti ed inseparabili, al di sopra di essi vi è l’anima, attraverso di essi l’uomo è in relazione con tutto il creato. La santa afferma che per curare un malato occorre affrontare tutta la sua situazione generale di vita prendendo in considerazione ogni aspetto dell’essere umano: la sua relazione con il cosmo intero e con la natura. Per mantenersi in buona salute occorre essere aperti, tolleranti, grati per i doni del creatore, sapersi commuovere provando compassione verso chi soffre. Ella si distacca dalla tradizione del suo tempo per il grande valore che dà al corpo: “corpo e anima si fortificano a vicenda”. “L’animo deve mantenersi tranquillo ed equilibrato per tenere lontana la malinconia.”
Ildegarda paragona l’uomo ad uno strumento musicale ben accordato, che può suonare ed armonizzare le sinfonie del creato. Ella stessa fu eccellente compositrice di musica contemplativa. Fu la prima donna a comporre musica che ancora oggi viene riproposta e valutata in tutta la sua bellezza. Angelo Branduardi ai nostri giorni, ha raccolto e interpretato la sua musica.
Il suo pensiero teologico (esposto in tre trattati) è ben spiegato nelle miniature delle sue visioni in cui compare l’interpretazione agostiniana: tutta la storia umana è in funzione della salvezza divina. Nelle miniature dello “Scivias”, la sua prima opera, compaiono forme circolari e sferiche che richiamano l’interpretazione neoplatonica della realtà; raffigura l’uomo al centro di un cerchio, anticipando di alcuni secoli l’uomo vitruviano di Leonardo.
La storia della salvezza è compresa nelle tre realtà essenziali: creazione, caduta nel peccato, redenzione. La santa analizza l’infinita attività creatrice di Dio ed afferma che fede e ragione combaciano in modo perfetto. La Trinità è vista in continuo movimento e considera lo Spirito Santo come Persona femminile.
Quando Ildegarda ha circa quarant’anni (giunta alla metà della sua vita terrena) la voce di Dio le intima di scrivere (le sue opere sono di una varietà e quantità sorprendente e notevole è anche il suo epistolario) rendendo note le sue visioni, parla per bocca della “vivente luce” e denuncia gli errori della Chiesa e del clero. La prima opera sarà appunto Scivias (conosci le vie), lei stessa curerà le magnifiche miniature del libro che raffigurano le sue visioni nelle quali cerca di rappresentare l’ineffabile mistero divino; tuttavia esse sono rappresentazioni immobili che quindi non possono rendere la dinamicità di cui la santa ci parla. Le sue visioni sono immagini in movimento e le racconta in una lettera a Gilberto di Gembloux ed ella cerca di rappresentarle così come le vede nell’anima, da sveglia, durante gravi sofferenze (attacchi violenti di emicrania?). “La luminosità che vedo è per me ombra di vivo splendore, all’interno di essa vedo un nembo di luce vivente”.
Le appare anche Sofia, la sapienza divina, che le trasmette l’amore e la sapienza del creato.
Le visioni sono accompagnate da musica celestiale (come già abbiamo ricordato, compone musica e canti ancora oggi apprezzati).
Tra i tanti carismi dei quali è dotata, si evidenzia quello della profezia, ella, però, si manterrà sempre profondamente umile, definendosi portavoce di Dio. Parla per mandato divino. La Siccardi afferma che gli scritti di Ildegarda sono un “mirabile impasto di terra e di cielo”.
Sorprendente è anche il suo modo di esplorare la realtà femminile. Ella afferma che la procreazione è la manifestazione della potenza creatrice di Dio; lega il ciclo mestruale alle fasi lunari, affronta il tema del piacere maschile e femminile, quello femminile è da lei definito delectatio e paragonato al sole che con la sua dolcezza e continuità imbeve la terra del suo calore, affinchè produca frutti; così avviene nella donna che nel calore può concepire e partorire.
Nelle Dieci regole della vita, riferendosi al grande valore dell’istruzione, auspica:” Che l’apprendimento sia piacevole, perché la gioia è fonte di forza”.
Ildegarda costruì anche una lingua artificiale, la “Lingua ignota”, un linguaggio segreto, utilizzata per finalità mistiche, dettata da una ispirazione divina. Ci rimane il Codice di Wiesbaden e il manoscritto di Berlino. Nell’ ottocento si riteneva che ella intendesse proporre una lingua universale che unisse tutti gli uomini. Ildegarda è ritenuta anche patrona degli esperantisti.
Padre Lotti la definisce “La santa della modernità, figlia del suo tempo, eppure modernissima.”
La Chiesa la ricorda il 17 settembre. E’ dottore della Chiesa, patrona degli erboristi, filologi ed esperantisti.
Autore: Maria Adelaide Petrillo