La Beata Vergine Maria è venerata con il titolo di Madonna dell’Arco nell’omonimo santuario situato a Sant’Anastasia, in provincia di Napoli e diocesi di Nola, retto dai padri Domenicani.
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L’inizio del culto alla Vergine Maria con il titolo di Madonna dell’Arco è legato ad un episodio avvenuto il 6 aprile 1450, precisamente Lunedì di Pasqua, nei pressi di Pomigliano d’Arco, oggi in provincia di Napoli.
Durante una festa di paese, due giovani stavano giocando in un campetto a “palla a maglio”, ovvero a far andare una boccia di legno il più lontano possibile, colpendola con un bastone o con un martello.
Ai margini del campetto sorgeva un’edicola sulla quale era dipinta, sotto l’arco di un acquedotto (da qui i nomi di Madonna dell’Arco e Pomigliano d’Arco), un’immagine della Madonna con il Bambino Gesù.
Nello svolgersi del gioco, la palla andò a sbattere contro un albero di tiglio, i cui rami ricoprivano in parte il muro affrescato. Il giocatore che aveva sbagliato il colpo, in pratica, perse la gara. Quando riprese la palla, bestemmiò, e poi la scagliò violentemente contro l’immagine sacra , colpendola sulla guancia sinistra e per miracolo, come se fosse di carne, prese a sanguinare.
Mentre la gente del luogo stava per linciare il bestemmiatore, passò di lì Raimondo Ordini, conte di Sarno, Gran Giustiziere del Regno di Napoli. Fece liberare il giovane, ma, dopo aver osservato il miracolo e aver compiuto un processo sommario, lo condannò all’impiccagione. La sentenza fu subito eseguita: il giovane venne impiccato al tiglio vicino all’edicola, quello stesso che aveva fermato la boccia. Dopo ventiquattro ore, l’albero rinsecchì.
Questo fatto miracoloso suscitò il culto alla Madonna dell’Arco, che si sparse subito in tutta l’Italia Meridionale. Folle di fedeli accorsero verso il luogo del prodigio, per cui fu necessario costruire, con le offerte ricevute, una chiesetta per proteggere la sacra immagine dalle intemperie.
Oltre un secolo dopo, avvenne un secondo fatto prodigioso. Anche quella volta, era un Lunedì di Pasqua, il 2 aprile 1589. Una donna di Sant’Anastasia (oggi Comune a cui appartiene la zona di Madonna dell’Arco), Aurelia Del Prete, si stava recando con suo marito alla chiesetta per ringraziare la Madonna, sciogliendo così un voto fatto da lui, guarito da una grave malattia agli occhi.
All’improvviso le scappò di mano un porcellino, che aveva acquistato alla fiera. Lo rincorse fra le gambe della gente, ma quando arrivò davanti alla chiesetta e incontrò il marito, ebbe una reazione inconsulta. Gli strappò di mano l’ex voto di cera che aveva con sé e lo calpestò maledicendo la sacra immagine, chi l’aveva dipinta e chi la venerava. La folla inorridì, mentre il marito cercò invano di fermarla, minacciandole la caduta dei piedi con i quali aveva profanato il voto alla Madonna.
L’anno seguente, Aurelia cominciò ad avere dolori atroci ai piedi, che la costrinsero a letto. Nella notte tra il 20 e 21 aprile 1590, tra la Pasqua e il Lunedì dell’Angelo, le si staccò di netto un piede e, durante il giorno, anche l’altro. I piedi furono mummificati ed esposti in una gabbietta di ferro; ancora oggi sono visibili nella Sala Ricordi del Santuario.
La risonanza dell’avvenimento fece affluire una grande folla di pellegrini, devoti e curiosi da tutto il Regno di Napoli. Si rese necessario costruire una grande chiesa, di cui fu nominato rettore san Giovanni Leonardi da parte di papa Clemente VIII: il 1 maggio 1593 fu posta la prima pietra. Dall’anno seguente subentrarono a gestire il Santuario i padri Domenicani, che lo reggono ancora oggi.
Il tempio sorse tutto intorno alla cappellina della Madonna, la quale fu anch’essa restaurata e abbellita con marmi, nel 1621. Dopo questi lavori, l’immagine fu coperta nella parte inferiore da una lastra di marmo: solo in tempi recenti è tornata interamente alla venerazione dei fedeli.
Si verificarono ulteriori prodigi attorno alla sacra effigie: nel 1638, per diversi giorni, riprese a sanguinare; verso il tramonto del 25 marzo 1675, poi, un frate del convento la vide risplendere, circondata di stelle, il fenomeno fu confermato anche dal cardinal Vincenzo Orsini, che poi divenne papa Benedetto XIII.
Il Santuario raccoglie, sulle pareti e nel Museo del Centro Studi per la devozione e la pietà popolare, migliaia di ex voto d’argento e di tavolette votive dipinte che costituiscono, oltre a una testimonianza di devozione, un’interessantissima carrellata storica e di costume dei secoli trascorsi.
Il culto della Madonna dell’Arco è proseguito lungo i secoli tramite numerose associazioni laicali sparse in tutta la zona campana, ma soprattutto nel napoletano; i loro aderenti sono detti “battenti” o “fujenti”, cioè “coloro che fuggono”, “che corrono”. Essi sono associati in compagnie dette “paranze”, hanno un’organizzazione con sedi, presidenti, tesorieri, portabandiera e soci.
Nei loro pellegrinaggi vestono di bianco, uomini, donne e bambini, con una fascia rossa e blu a tracolla. Partendo dai vari luoghi dove hanno sede, portano dei simulacri a spalla abbastanza grandi da impiegare trenta, quaranta uomini. Sempre tutti a piedi, molti a piedi nudi, percorrono svariati chilometri, per convergere al Santuario con un ultimo tratto compiuto di corsa. Lungo la strada, come già alcuni mesi prima, raccolgono offerte per il Santuario, girando a gruppi con bandiere, banda musicale e vestiti devozionali per i rioni, quartieri e strade di città e paesi.
Ma se il Santuario con l’annesso convento dei Domenicani è il centro del culto, in molte strade e angoli di Napoli e dei paesi campani sono sorte cappelline, edicole, chiese dedicate alla Madonna dell’Arco, che i fedeli si fanno carico di custodire, accudire e abbellire, così da continuare la devozione tutto l’anno, vicino alla propria casa.
La memoria liturgica della Madonna dell’Arco è stata fissata al 18 aprile, ma il Lunedì successivo alla Pasqua rimane il giorno del grande pellegrinaggio popolare, preparato dai Grandi Lunedì, che iniziano dopo la solennità dell’Epifania e terminano il Lunedì Santo.
Per approfondire: www.santuarioarco.org
Fonte santiebeati.it – Autore: Antonio Borrelli
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