Oggi la Chiesa ricorda Santa Lucia Yi Zhenmei
In località Kaiyang presso Mianyang nella provincia di Sichuan in Cina, santa Lucia Yi Zhenmei, vergine e martire, che per aver confessato la fede cattolica fu condannata alla decapitazione.
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Oggi la Chiesa ricorda la catechista laica cinese, Yi Zhenmei (Lucia), in rappresentanza delle migliaia e migliaia di martiri locali. Più o meno noti. Che come lei seppero affrontare i tormenti e la morte, per mano di connazionali, specie i famigerati ‘boxers’, che per motivi politici ed economici o di intolleranza e invidia dei bonzi, scatenarono le lunghe e sanguinose persecuzioni contro “la religione degli odiati stranieri”.
La vita
Yi Zhenmei nasce il 17 gennaio 1815 a Mainyang, Sichuan (Cina), ultima di cinque fratelli. Il padre era un cattolico da poco convertito dal buddismo.
A dodici anni, prese il nome di Lucia e si consacrò al Signore, mentre i genitori, secondo le usanze l’avevano promessa sposa. Non sapendo come liberarsi dalla situazione creatasi, Yi Lucia si finse pazza, facendo così cadere gli accordi matrimoniali anche per il futuro.
Riprese i suoi studi per diventare maestra di scuola e nel contempo poté dedicarsi alla crescita della sua vita spirituale. Dai missionari cattolici, ebbe l’incarico di insegnare il catechismo e trascorreva serena i suoi giorni tra le faccende domestiche, la cura degli ammalati e l’apostolato catechistico.
Ormai giovane adulta, decise di separarsi dalla famiglia e andò a vivere dalle suore missionarie. Arrivò una grave malattia che la obbligò a ritornare nella sua casa. In quest’occasione persone malevoli gettarono ombre sulla sua moralità, tanto che anche la superiora lo credette; i suoi familiari volevano vendicarsi, ma lei si oppose, sopportando tutto con pazienza.
Scelta dal vescovo per insegnare il catechismo
Fu chiamata poi dal vescovo di Kweichow che le affidò il compito d’insegnare il catechismo nei villaggi del Vicariato; superando le difficoltà poste dalla famiglia, che temeva nuovi pericoli per lei. Si mise subito al lavoro, coadiuvando nel contempo l’opera missionaria di padre Giovanni Pietro Néel, delle Missioni Estere di Parigi, anche lui martire e proclamato santo il 1 Ottobre 2000.
Durante la persecuzione scatenata dalla setta “Ninfa Bianca”, fu presa dai soldati; durante l’interrogatorio le furono fatte proposte vantaggiose se avesse rinunziato alla propria fede; la richiesta era appoggiata anche dall’ex fidanzato, che aveva conservato per lei affetto e stima.
Lucia Yi rifiutò con fermezza e pertanto fu condannata alla decapitazione, accettò con dignità la condanna ribellandosi solo quando la si voleva spogliare prima della sentenza, riuscendo ad evitare tale umiliazione.
La morte e il miracolo
È stata decapitata il 19 Febbraio 1862 a Kaiyang, Guizhou (Cina), aveva soli 47 anni. Il 18 e 19 febbraio furono uccisi oltre a padre Néel, anche tre catechisti uomini con Lucia Yi.
Il suo copricapo, bagnato di sangue, fu portato in casa e guarì all’istante la nipote Paola, gravemente ammalata, alla quale era stato poggiato sul corpo.
La canonizzazione
Fu dichiarata venerabile con il gruppo dei martiri di Guizhou il 2 Agosto 1908, e beatificati il 2 Maggio 1909 da papa San Pio X.
La sua festa con il gruppo di Guizhou è il 19 febbraio. Mentre con tutti i 120 martiri canonizzati il 1 Ottobre 2000 da Giovanni Paolo II, il 9 luglio.
Redazione Papaboys
Fonte santiebeati.it – Autore: Antonio Borrelli