Celestino V, al secolo Pietro Angelerio, è stato il 192º Papa della Chiesa cattolica dal 29 agosto al 13 dicembre 1294. Si tratta del primo pontefice nella storia ad aver rinunciato alla sua carica.
Patronato: Isernia
Etimologia: Celestino = venuto dal cielo, dal latino
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Pietro da Morrone nasce ad Isernia (Molise) nel 1221 da una famiglia contadina e molto religiosa. Dalla madre, rimasta vedova, è avviato agli studi ecclesiastici;
Da giovane, per un breve periodo, soggiornò presso il monastero benedettino di Santa Maria in Faifoli, chiesa abbaziale che, tra le dodici della diocesi di Benevento, era una delle più importanti. Mostrò una straordinaria predisposizione all’ascetismo e alla solitudine, ritirandosi nel 1239 in una caverna isolata sul Monte Morrone, sopra Sulmona, da cui il suo nome.
Nel 1240 si trasferì a Roma, presumibilmente presso il Laterano, dove studiò fino a prendere gli ordini sacerdotali. Lasciata Roma, nel 1241 ritornò sul Monte Morrone, in un’altra grotta, presso la piccola chiesa di Santa Maria di Segezzano.
La sua fama di santità attirava curiosi e devoti e nel 1245 decise di trasferirsi sui meno accessibili monti della MaJella. Seguito da alcuni discepoli, qui fondò l’eremo di Santo Spirito a Maiella, che dal 1252 iniziò ad attrarre anche offerte da benefattori. Nel 1259 Pietro ottenne il permesso di costruire la chiesa di Santa Maria del Morrone, alla quale legò il nome. Nel 1263 papa Urbano IV dispose l’inserimento degli eremiti di Santo Spirito nell’ordine benedettino. Il 22 marzo 1275 una bolla di papa Gregorio X confermava l’inserimento nell’ordine benedettino, garantendo l’autonomia economica della congregazione detta dei «Celestini», che contava alcune decine di possedimenti. Infatti per quanto vicino a posizioni francescane, il gruppo non rifiutava donazioni.
Nel 1276 divenne abate di Santa Maria di Faifoli. Nel 1293, quando i lavori nella chiesa di Santa Maria del Morrone erano quasi ultimati, si ritirò a vita ascetica in una grotta solitaria dedicata a sant’Onofrio (Eremo di Sant’Onofrio al Morrone).
La morte di Papa Niccolò IV il 4 aprile 1292, primo pontefice di origine francescana, diede inizio a un difficile conclave per la scelta del successore. Le ricorrenti sessioni dei 12 cardinali (poi 11 per morte di peste di uno di loro) svoltesi tra Roma e Perugia non riuscirono a convergere su alcun candidato, complici le contrastanti pressioni delle casate romane e di alcune monarchie europee.
Pietro da Morrone, in una lettera inviata al cardinale decano Latino Malabranca, predisse alla Chiesa “gravi castighi” se questa non avesse provveduto a scegliere subito il proprio pastore. Il cardinale fu colpito dalla lettera e, complice la fama di santità dell’uomo, la consapevolezza della troppo prolungata durata del conclave e, non ultimo, l’anzianità e inesperienza in materia politica ed ecclesiastica dell’ormai 85enne Pietro che lo rendevano potenzialmente influenzabile, lo propose come candidato ai cardinali, per quanto non porporato. La sua richiesta fu accolta e Pietro venne eletto papa all’unanimità il 5 luglio 1294. La decisione gli fu comunicata il 18 luglio e dapprima rifiutò l’incarico, per poi accettare.
Scelse di essere incoronato all’Aquila e non a Roma, come la prassi voleva. Il 29 agosto 1294 il vecchio eremita fece l’ingresso nella città su un asino condotto dal re di Napoli Carlo II d’Angiò e da suo figlio Carlo Martello d’Angiò. La cerimonia di ordinazione episcopale e incoronazione pontificia avvenne nella Basilica di Santa Maria di Collemaggio all’Aquila, dove scelse il nome di Celestino V. Nel corso della cerimonia concesse un’indulgenza plenaria a tutti i partecipanti.
Celestino decise inizialmente di risiedere all’Aquila e non a Roma. Qui il 18 settembre 1294 indisse un concistoro dove nominò 12 nuovi cardinali, 7 dei quali erano francesi e graditi all’angioino re Carlo II.
Il 27 settembre con la bolla Etsi cunctos ordines approvò l’istituzione dell’ordine da lui fondato, chiamati Celestini, all’interno dell’ordine benedettino. Ai suoi seguaci affidò incarichi notevoli, come per esempio la conduzione dell’abbazia di Montecassino al seguace Angelerio.
Il 29 settembre con la bolla Inter Sanctorum sollemnia estendeva agli anni successivi, nella ricorrenza della sua incoronazione il 29 agosto, il privilegio del perdono di colpe e pene con indulgenza plenaria (Perdonanza) a tutti coloro che, confessati e pentiti dei propri peccati, si fossero recati nella Basilica di Santa Maria di Collemaggio dai vespri del 28 agosto al tramonto del 29. Si trattava di una ripresa del Perdono di Assisi ottenuto da san Francesco di Assisi per la Porziuncola il 2 agosto, concesso nel 1216 da papa Onorio III. Privilegio che fu poi ampliato ed esteso dal suo suo successore Bonifacio VIII a tutta la Chiesa cattolica per un anno intero in occasione del primo Giubileo del 1300.
Il 1 ottobre ratificò un trattato che, dopo la rivolta dei vespri siciliani nel 1282 e il passaggio all’influenza aragonese, avrebbe dovuto segnare il ritorno della Sicilia sotto il dominio angioino di Carlo II.
Meditava di trasferirsi a Roma, come da tradizione, ma dietro ulteriore consiglio di Carlo d’Angiò il 5 novembre 1294 trasferì la sede della curia da L’Aquila a Napoli, fissando la sua residenza nel Maschio Angioino. Qui fu allestita una stanza, arredata in modo molto semplice a modo di cella monastica e dove il papa si ritirava spesso a pregare e a meditare. Di fatto il papa era sì protetto da Carlo, ma anche quasi suo ostaggio, in quanto molte delle decisioni pontificie erano fortemente influenzate dal re angioino.
Da Napoli continuò la guida della Chiesa con una certa ingenuità e confusione; verso fine anno, insofferente del suo ruolo che era anche giudicato dai cardinali romani come troppo subordinato all’angioino Carlo II, chiese in particolare al cardinale Benedetto Caetani (che gli successe come Bonifacio VIII) se poteva essere canonicamente lecita una sua rinuncia volontaria al pontificato (cosa non verificatasi prima) e ottenne risposta affermativa.
Davanti al concistoro riunito a Napoli, dopo solo tre mesi e quindici giorni dalla sua elezione, nonostante i numerosi tentativi per dissuaderlo da parte di Carlo d’Angiò, il 13 dicembre 1294 Celestino V, diede lettura di una bolla, appositamente preparata per l’occasione, nella quale si contemplava la possibilità di abdicazione del pontefice per gravi motivi. La cerimonia è particolarmente impressionante: Celestino V recita la formula della rinuncia al Soglio Pontificio, scende dal trono togliendosi l’anello e la tiara. Riveste la misera tonaca della sua congregazione ed esorta il collegio a eleggere al più presto un nuovo papa, per il bene della Chiesa:
«Io papa Celestino V, spinto da legittime ragioni, per umiltà e debolezza del mio corpo e la malignità della plebe [di questa plebe], al fine di recuperare con la consolazione della vita di prima, la tranquillità perduta, abbandono liberamente e spontaneamente il Pontificato e rinuncio espressamente al trono, alla dignità, all’onere e all’onore che esso comporta, dando sin da questo momento al sacro Collegio dei Cardinali la facoltà di scegliere e provvedere, secondo le leggi canoniche, di un pastore la Chiesa Universale.»
Undici giorni dopo le dimissioni di Pietro il conclave, riunito a Napoli nel Maschio Angioino, elesse il nuovo papa nella persona del cardinal Benedetto Caetani, nativo della città laziale di Anagni. Aveva 64 anni circa e assunse il nome di Bonifacio VIII.
Bonifacio ritirò molti degli incarichi e benefici concessi da Celestino e trasferì di nuovo la curia da Napoli a Roma. Inoltre, temendo uno scisma da parte dei cardinali filo-francesi a lui contrari mediante la rimessa in trono di Celestino, diede disposizioni affinché l’anziano monaco fosse messo sotto custodia.
Nel timore che la presenza di un papa emerito potesse creare divisione nella Chiesa lo fece porre sotto custodia; Celestino cercò di raggiungere la Grecia, dove si erano già rifugiati gli spirituali francescani. Fu fermato da emissari di Bonifacio VIII che lo rinchiusero nella rocca di Fumone, in Ciociaria, castello nei territori dei Caetani.
Qui morì il 19 maggio 1296, probabilmente debilitato dalla prigionia, anche se non vi è prova che fosse stato trattato con durezza.
Pietro Celestino fu sepolto nei pressi di Ferentino, nella chiesa di Sant’Antonio sita presso l’abbazia celestina che dipendeva dalla casa madre di Santo Spirito del Morrone.
Il 5 maggio 1313 fu canonizzato da papa Clemente V, che si era trasferito ad Avignone, su sollecitazione del re di Francia Filippo il Bello, portando velocemente a termine l’iter avviato da Bonifacio. La festa liturgica il 19 maggio.
Nel gennaio 1327 le spoglie furono trasferite nella chiesa di Sant’Agata, nell’abitato di Ferentino, per evitare che cadessero nelle mani delle truppe di Anagni che avevano cinto d’assedio la cittadina. Un mese dopo (febbraio 1327), esse furono sottratte di nascosto e portate a dorso di mulo a L’Aquila, nella basilica di Santa Maria di Collemaggio, dove egli era stato consacrato e incoronato Papa e dove riposano tuttora.
È patrono di Isernia e compatrono dell’Aquila, di Urbino e del Molise.
Il 18 aprile 1988 la salma di Celestino V fu rubata. Due giorni dopo, venne ritrovata nel cimitero di Rocca Passa, nel comune di Amatrice. Non si sono mai scoperti i mandanti o gli esecutori; pare però che durante quei due giorni sia stata eseguita una tomografia computerizzata sul corpo del pontefice.
A seguito del disastroso terremoto dell’Aquila del 6 aprile 2009, il crollo della volta della basilica ha provocato il seppellimento della teca con le venerate spoglie, recuperata poi dai Vigili del Fuoco, dalla Protezione Civile e con la collaborazione della Guardia di Finanza.
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