San Crispino da Viterbo, religioso dell’Ordine dei Frati Minori Cappuccini, che, mentre viaggiava tra i villaggi montani per mendicare l’elemosina, insegnava ai contadini le nozioni della fede.
Crispino da Viterbo, al secolo Pietro Fioretti, nasce il 13 novembre 1668. Il padre, Ubaldo, era un artigiano e aveva sposato Marzia (la mamma) già vedova e con una figlia.
Pietro rimane orfano di padre in tenera età, e la mamma vedova per la seconda volta si sposa con il fratello di Ubaldo, quindi lo zio del santo. Al nipotino fece frequentare le scuole dei gesuiti e lo accolse come apprendista nella sua bottega di calzolaio.
All’età di venticinque anni entrò nell’Ordine dei Cappuccini adottando il nome di Fra’ Crispino, patrono dei calzolai.
Dopo l’anno di noviziato, il 22 luglio 1694, fu trasferito a Tolfa, dove rimase tre anni, per qualche mese rimase a Roma e fino al 1703 dimorò ad Albano, da qui fu trasferito a Monterotondo dove rimase per oltre sei anni, fino 1709; da quest’anno e per quaranta anni rimase ad Orvieto, dove fu ortolano fino al gennaio del 1710, e poi si dedicò alla questua quotidiana ed alle opere di assistenza agli ammalati di un ospizio a pochi chilometri da Orvieto, ove fu protagonista di numerose guarigioni miracolose . Ebbe anche l’occasione di prendersi cura di neonati abbandonati presso la porta del convento. Era solito mantenere un comportamento gioioso e scherzoso, il che gli procurò non pochi guai.
Fra Crispino era veramente esigente con i religiosi, ma non era pessimista nei confronti dell’Ordine Cappuccino: reputava una grande grazia poter in esso servire Dio.
Vi sono poi degli aforismi, nota caratteristica di questo santo; di seguito alcuni esempi.
Una volta, incontrando un fanciullo orvietano, Girolamo, figlio di Maddalena Rosati, gli prediceva che sarebbe stato cappuccino, cantarellandogli: “Senza pane e senza vino, fraticello di fra Crispino“. Il ragazzo si fece frate col nome di Giacinto da Orvieto e mori ancor chierico a Palestrina, appena ventunenne, nel 1749.
Alla principessa Barberini, che voleva veder guarito subito il figlio Carlo rispose: “Eh, non ti basta che guarisca nell’Anno Santo? …Eh, che vuoi pigliare il Signore per la barba? Bisogna ricevere da Dio le grazie quando lui le vuol fare“.
A Cosimo Puerini, dispiacente di dare in elemosina una fiasca di vino buono, Crispino dice: “Eh, che vuoi fare il sacrificio di Caino?“.
Dopo che un cappuccino era scampato per miracolo alla morte nel tentativo di attraversare un fiume in piena, fra Crispino cantarellò: “Torbida si vede, torbida si lassa; son un gran matto, se si passa“.
Per sottrarsi a lodi ed ammirazione, fra Crispino ricorreva spesso ad immagini e similitudini. A chi lo commiserava vedendolo camminare sotto la pioggia, diceva: “Amico, io cammino tra una goccia e l’altra“.
A chi si esaltava per i suoi miracoli, diceva: “Eh via, di che vi meravigliate? Non è già cosa nuova che Dio faccia miracoli“; “E non sai, amico, che san Francesco li sa fare i miracoli?“.
A Montefiascone, al popolo che gli tagliuzzava il mantello per farne reliquie, gridava: “Ma che fate, o povera gente! Quanto sarebbe meglio che tagliaste la coda ad un cane! Che siete matti? Tanto fracasso per un asino che passa! Andate in chiesa a pregare Iddio! “.
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L’asino infatti, era spesso nei discorsi di fra Crispino. Un giorno disse al Padre Giovanni Antonio: “Padre guardiano, fra Crispino è un asino, ma la capezza che lo guida sta nelle vostre mani; però, quando volete che vada o si fermi, tirategli o allentategli la capezza“.
Quando si faceva aiutare a porsi sulle spalle le bisacce, tutto allegro e gioviale egli diceva: “Carica l’asino e va alla fiera“; e a chi gli chiedeva perché mai non si coprisse il capo contro la pioggia o il sole, rispondeva: “Non sai che l’asino non porta il cappello? E che io sono l’asino dei cappuccini?“. Ma alcune volte soggiungeva con serietà: “Sai perché non porto la testa coperta? Perché rifletto che sempre sto alla presenza di Dio“.
(prosegue dopo il video)
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Il peregrinare di fra Crispino per le campagne orvietane durò quasi quarant’anni, con due brevi interruzioni che lo portarono per alcuni mesi a Bassano e per altri a Roma. Lasciò definitivamente Orvieto il 13 maggio 1750 per l’infermeria di Roma.
Colpito da podagra e chiragra, nonostante si nutrisse con eccezionale parsimonia, trascorse gli ultimi due anni di vita praticamente a letto, che lasciava solo per andare a visitare altri gravi infermi ricoverati all’ospizio o nelle proprie case.
Muore a Roma, di polmonite, il 19 maggio 1750. Fra Crispino fu beatificato il 7 settembre 1806 da papa Pio VII; venne canonizzato il 20 giugno 1982 da papa Giovanni Paolo II (è stato il primo santo canonizzato da questo papa).
(Fonte santiebeati.it – Carmelo Randello)
O Dio, che hai chiamato alla sequela di Cristo il tuo servo fedele San Crispino e, sul cammino della gioia, lo hai condotto alla più alta perfezione evangelica; per la sua intercessione e dietro il suo esempio fa’ che pratichiamo costantemente la vera virtù, alla quale è promessa la pace beata nel cielo.
Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.
Padre nostro che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno, sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra. Dacci oggi il nostro pane quotidiano, e rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori, e non ci indurre in tentazione, ma liberaci dal male. Amen.
Ave, o Maria, piena di grazia, il Signore è con te. Tu sei benedetta fra le donne e benedetto è il frutto del tuo seno, Gesù. Santa Maria, Madre di Dio, prega per noi peccatori, adesso e nell’ora della nostra morte. Amen.
Gloria al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo. Come era nel principio ora e sempre nei secoli dei secoli. Amen.
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