Oggi la Chiesa ricorda Santa Matilde di Hackeborn, mistica e monaca nell’abbazia di Helfta. È venerata come santa dalle Chiese cattolica ed evangelica che ne celebrano la memoria il 19 novembre.
Etimologia: Matilde = forte in guerra, dal tedesco
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Nasce a Helfta (Germania) nel 1240. Era figlia dei nobili di Hackeborn. A sette anni fu tanto attratta dal sacro ambiente del monastero (dove si trovava sua sorella Gertrude). Chiese di esservi ammessa e le fu consentito di entrare.
Dal 1251 fino al 1292 Gertrude è badessa della comunità, che si trasferì nel 1258 a Helfta presso Eisleben. Gertrude, premurosa della formazione monastica, letteraria e spirituale delle sue figlie, ebbe nella sua capacissima sorella Matilde un grande e saggio aiuto. Matilde si distinse per la profonda umiltà, per l’innocenza e l’amabilità tanto da divenire per le consorelle e per altra gente consigliera ricercata.
Per le sue doti intellettuali e artistiche, Matilde ebbe la direzione della scuola del monastero e fu nominata «cantora». La sua bella voce e il fervore nel canto le meritarono il nome di «usignuolo di Cristo». La lode di Dio era per lei l’occupazione primaria della sua Vita e l’espressione più profonda ed alta della sua esistenza. Nella recita e nel canto del divino ufficio tutta la sua anima religiosamente vibrava. Le parole fluivano dolci dalle sue labbra e spesso, durante l’ufficiatura, veniva rapita in estasi. Tutto il suo raccoglimento, la sua pietà e la sua devozione convergevano verso la liturgia, donde essa ricavava ampi lumi di contemplazione e ardente amore divino.
Con diligente cura custodiva i suoi sensi infliggendosi dure penitenze e con coraggio mortificava il suo delicato corpo per compensare generosamente, dinanzi alla maestà divina, il male commesso dai peccatori.
Nonostante l’applicazione all’esercizio di tutte le virtù e nonostante i favori ricevuti dal Signore, che la portavano alle alte vette della contemplazione e della perfezione, essa si accusava talvolta di pigrizia e di tristezza. Soffriva di atroci mal di testa, che negli ultimi anni (dal 1290 e più ancora dal 1295) si aggravarono, unitamente ad altre infermità, sottoponendola a un vero martirio.
Verso la fine della sua vita, ella chiese alla Madonna un aiuto, di aiutarla nell’istante della sua morte, quando l’anima abbandona il corpo. La Madonna esaudí la sua supplica, chiedendole in cambio la recita quotidiana delle “Tre Ave Maria”, in modo da onorare la Trinità.
Ricevette l’Estrema Unzione il 18 ottobre 1299 e morì «offrendo il suo cuore al Salvatore e immergendolo in quello di lui» il 19 novembre 1299.
Gli scritti di proprio pugno di Matilde sono soltanto alcune lettere. Dal 1291 in poi i racconti occasionali sulle sue esperienze spirituali furono raccolti da due consorelle, per ordine della badessa Sofia di Querfurt 1292-1303).
Lo scritto che tratta principalmente delle sue esperienze mistiche, Liber specialis gratiae, contiene, in cinque libri, la descrizione delle visioni e delle grazie ottenute durante la contemplazione. In esso sono riportati anche alcuni colloqui con il Salvatore, molte considerazioni stimolanti all’amore e alla dedizione totale a lui e squarci escatologici.
Un rilievo particolare meritano le preghiere e le pratiche della devozione al Sacro Cuore di Gesù e al Cuore purissimo di Maria. Il Liber specialis gratiae, redatto probabilmente in latino, documenta l’alto grado di cultura letteraria e teologica delle monache di Helfta.
La spiritualità matildiana presenta in una fusione ardente e fantasiosa elementi di molteplice origine: elementi provenienti dalla regola benedettina, elementi domenicani per l’influsso dei direttori spirituali e altri, tratti dalle letture bernardine e francescane. Sopra questi vari elementi domina, come una novità nella storia della spiritualità, la «mistica di sposa» che prima di Matilde non si trova nei documenti del passato, ma che si ritroverà in seguito nelle esperienze e nelle Vitae di sante religiose fino a Santa Teresa, anzi fino ai giorni nostri.
Dio ricolmò Matilde, già negli anni più teneri, di grazie segnalatissime. La familiare e fiduciosa conversazione con il Signore tuttavia non fu mai interrotta. Matilde sperimentò anche stati di desolazione che le parvero simili a pene dell’inferno. Soltanto in occasione di un’atroce sofferenza al capo che l’afflisse verso i cinquant’anni, essa parlò delle sue esperienze spirituali. Accanto all’alta contemplazione Matilde fu tentata da molteplici distrazioni e da altre debolezze.
Per liberarsene ricorse a Maria Santissima mentre nei patimenti fisici, essa fu consolata dal Signore. Il solo pensiero che nella solitudine dei patimenti essa poteva darsi più tranquillamente alla preghiera era per lei un sollievo.
Il suo spirito si concentrò tutto sulla lode e sull’amore di Dio: l’abbandono alla volontà di Dio è – secondo la parola di Cristo a lei diretta – la condizione per l’ineffabile letizia che riempie l’anima quando essa diventa una con Dio. Matilde paragona questa unione – come altri mistici all’assorbimento di una goccia d’acqua in un barile di vino.
Le visioni di Matilde si riferiscono alla Santissima Trinità, alla persona del Salvatore, alla beata Vergine Madre Maria, agli angeli e ai santi: fra questi ad Alberto Magno e a Tommaso d’Aquino, alle anime beate e del purgatorio e a quelle dannate. Di solito quando un’immagine sorgeva in lei, essa la guardava attentamente e ne ricavava una verità o una dottrina; nei casi invece di visioni intellettuali, le mancò la possibilità di esprimersi. Una meravigliosa dolcezza legata ai misteri descritti – dunque oggettiva – riempie senza turbamenti il mondo spirituale matildiano.
Nelle preghiere di petizione Matilde abbracciava – con un largo cuore – i bisogni del mondo visibile e invisibile, riunendo insieme ecclesiastici e reggitori di stato, popoli e singoli, peccatori, carcerati e anime del purgatorio. Spesso applicava l’aggettivo «augusto» a Cristo o a Maria o alle cose celesti, segno chiaro che l’idea dell’impero terreno nel suo spirito si congiungeva, viva e amorosa, con l’ordine ecclesiastico, religioso e spirituale.
Un ruolo particolare spetta a Matilde nella storia del culto al Sacro Cuore. Infatti, non solo era devotissima al Sacro Cuore, dal quale otteneva speciali grazie, ma lei stessa divenne lo strumento provvidenziale che attrasse santa Gertrude e le altre consorelle alla devozione al Sacro Cuore.
Era molto devota anche al cuore purissimo di Maria.
Il Brornberg mostra la ricchezza della spiritualità matildiana particolareggiando la presentazione in suggestivi paragrafi: cioè, 1) influssi, fonti e carattere; 2) devozione al Sacro Cuore; 3) devozione all’umanità di Cristo; 4) la mistica di sposa; 5) la devozione alla Santissima Trinità; 6) l’Eucaristia; 7) la devozione a Maria S.ma; 8) la dottrina delle virtù; 9) la santificazione; 10) il peccato e la confessione; 11) la devozione agli angeli.
Benché non sia stata mai canonizzata, Matilde è stata venerata come santa in vari monasteri osservanti la regola di San Benedetto. La sua festa è indicata nei martirologi il 16 febbraio e il 19 novembre.
Redazione Papaboys
Fonte www.santiebeati.it – Autore: Angelo Walz
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