Etimologia: Matilde = forte in guerra, dal tedesco
Essendo il nome della monaca di Helfta in tedesco Mechthild o, latinizzato Mechtildis, la prima edizione italiana delle sue visioni reca il nome di Mettilde (1588) e l’ultima (1939) Metilde. Comunemente nelle lingue italiana, spagnola e francese prevalse la forma Matelda (Dante), Mathilde, Matilda.
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Nata nel 1241 dai nobili di Hackeborn Matilde, una delle sorelle minori di Gertrude di Hackeborn, fece con la madre una visita al monastero di Rodersdorf, diocesi di Halberstadt, dove Gertrude era già monaca. La bimba settenne fu tanto attratta dal sacro ambiente che non volle allontanarsene e chiese di esservi ammessa; le fu consentito.
Dal 1251 fino al 1292 Gertrude fu badessa della comunità, che si trasferì nel 1258 a Helfta presso Eisleben. Gertrude, premurosa della formazione monastica, letteraria e spirituale delle sue figlie, ebbe nella sua capacissima sorella Matilde un grande e saggio aiuto. Matilde si distinse per la profonda umiltà, per l’innocenza e l’amabilità tanto da divenire per le consorelle e per altra gente consigliera ricercata. I Domenicani del convento di Halle avevano allora la direzione spirituale del monastero e tra loro, specialmente, il padre lettore fra Enrico di Halle, morto prima del 1294.
Per le sue doti intellettuali e artistiche, Matilde ebbe la direzione della scuola del monastero e fu nominata «cantora». La sua bella voce e il fervore nel canto le meritarono il nome di «usignuolo di Cristo». La lode di Dio era per lei l’occupazione primaria della sua Vita e l’espressione più profonda ed alta della sua esistenza. Nella recita e nel canto del divino ufficio tutta la sua anima religiosamente vibrava. Le parole fluivano dolci dalle sue labbra e spesso, durante l’ufficiatura, veniva rapita in estasi. Tutto il suo raccoglimento, la sua pietà e la sua devozione convergevano verso la liturgia, donde essa ricavava ampi lumi di contemplazione e ardente amore divino.
Con diligente cura custodiva i suoi sensi infliggendosi dure penitenze e con coraggio mortificava il suo delicato corpo per compensare generosamente, dinanzi alla maestà divina, il male commesso dai peccatori.
Nonostante l’applicazione all’esercizio di tutte le virtù e nonostante i favori ricevuti dal Signore, che la portavano alle alte vette della contemplazione e della perfezione, essa si accusava talvolta di pigrizia e di tristezza. Soffriva di atroci mal di testa, che negli ultimi anni (dal 1290 e più ancora dal 1295) si aggravarono, unitamente ad altre infermità, sottoponendola a un vero martirio. Ricevette l’Estrema Unzione il 18 ottobre 1299 e morì «offrendo il suo cuore al Salvatore e immergendolo in quello di lui» il 19 novembre 1299.
Gli scritti di proprio pugno di Matilde sono soltanto alcune lettere ad una matrona. Dal 1291 in poi i racconti occasionali sulle sue esperienze spirituali furono raccolti da due consorelle, per ordine della badessa Sofia di Querfurt 1292-1303). Una di queste religiose era Gertrude (non la sorella della santa, ma una discepola di Matilde a Helfta, e anch’ella futura santa).
Quando Matilde seppe che alcune sue discepole avevano assiduamente notato tutto quello che da lei avevano appreso sui favori e sugli insegnamenti ricevuti da Dio, rimase confusa e inconsolabile; ma il Signore le assicurò che molte grazie sarebbero state elargite a quanti avessero letto quelle pagine. Allora Matilde si applicò con molta cura a rivedere il manoscritto. Lo stile di Matilde rivela una fantasia pura, feconda, capace di nobilitare ogni cosa. Anche nei fatti ordinari e negli eventi d’ogni giorno Matilde sa trovare riferimenti al «Diletto della sua anima».
Lo scritto che tratta principalmente delle sue esperienze mistiche, Liber specialis gratiae, contiene, in cinque libri, la descrizione delle visioni e delle grazie ottenute durante la contemplazione. In esso sono riportati anche alcuni colloqui con il Salvatore, molte considerazioni stimolanti all’amore e alla dedizione totale a lui e squarci escatologici. Il domenicano Teodorico d’Apolda stimò grandemente il Liber specialis gratiae e lo approvò.
Ordinate secondo il ciclo dell’anno liturgico, le esposizioni matildiane rispecchiano uno spirito trinitario e cristocentrico. Un rilievo particolare meritano le preghiere e le pratiche della devozione al Sacro Cuore di Gesù e al Cuore purissimo di Maria. Il Liber specialis gratiae, redatto probabilmente in latino, documenta l’alto grado di cultura letteraria e teologica delle monache di Helfta. L’autografo di Helfta non è conservato; sulla tradizione del testo latino e di quello olandese medievale ha trattato minuziosamente R. Bromberg.
La spiritualità matildiana presenta in una fusione ardente e fantasiosa elementi di molteplice origine: elementi provenienti dalla regola benedettina, elementi domenicani per l’influsso dei direttori spirituali e altri, tratti dalle letture bernardine e francescane . Sopra questi vari elementi domina, come una novità nella storia della spiritualità, la «mistica di sposa» che prima di Matilde non si trova nei documenti del passato, ma che si ritroverà in seguito nelle esperienze e nelle Vitae di sante religiose fino a s. Teresa, anzi fino ai giorni nostri.
Dio ricolmò Matilde, già negli anni più teneri, di grazie segnalatissime. La familiare e fiduciosa conversazione con il Signore tuttavia non fu mai interrotta. Matilde sperimentò anche stati di desolazione che le parvero simili a pene dell’inferno. Soltanto in occasione di un’atroce sofferenza al capo che l’afflisse verso i cinquant’anni, essa parlò delle sue esperienze spirituali. Accanto all’alta contemplazione Matilde fu tentata da molteplici distrazioni e da altre debolezze.
Per liberarsene ricorse a Maria S.ma mentre nei patimenti fisici, essa fu consolata dal Signore. Il solo pensiero che nella solitudine dei patimenti essa poteva darsi più tranquillamente alla preghiera era per lei un sollievo.
Il suo spirito si concentrò tutto sulla lode e sull’amore di Dio: l’abbandono alla volontà di Dio è – secondo la parola di Cristo a lei diretta – la condizione per l’ineffabile letizia che riempie l’anima quando essa diventa una con Dio. Matilde paragona questa unione – come altri mistici all’assorbimento di una goccia d’acqua in un barile di vino. Nell’attiva e sentita celebrazione dell’Ufficio divino e nell’assistenza al sacrificio eucaristico, Matilde si esibiva nel canto della laus Dei.
Le visioni di Matilde si riferiscono alla S.ma Trinità, alla persona del Salvatore, alla beata Vergine Madre Maria, agli angeli e ai santi: fra questi ad Alberto Magno e a Tommaso d’Aquino, alle anime beate e del purgatorio e a quelle dannate. Di solito quando un’immagine sorgeva in lei, essa la guardava attentamente e ne ricavava una verità o una dottrina; nei casi invece di visioni intellettuali, le mancò la possibilità di esprimersi. Una meravigliosa dolcezza legata ai misteri descritti – dunque oggettiva – riempie senza turbamenti il mondo spirituale matildiano.
Nelle preghiere di petizione Matilde abbracciava – con un largo cuore – i bisogni del mondo visibile e invisibile, riunendo insieme ecclesiastici e reggitori di stato, popoli e singoli, peccatori, carcerati e anime del purgatorio. Spesso applicava l’aggettivo «augusto» a Cristo o a Maria o alle cose celesti, segno chiaro che l’idea dell’impero terreno nel suo spirito si congiungeva, viva e amorosa, con l’ordine ecclesiastico, religioso e spirituale.
Un ruolo particolare spetta a Matilde nella storia del culto al Sacro Cuore. Infatti, non solo era devotissima al Sacro Cuore, dal quale otteneva speciali grazie (donde il titolo Liber specialis gratiae), ma lei stessa divenne lo strumento provvidenziale che attrasse s. Gertrude e le altre consorelle alla devozione al Sacro Cuore.
Così tale devozione per merito di Matilde e Gertrude si manifesta per la prima volta in piena luce sul finire del sec. XIII, per avere una nuova fioritura, nel sec. XVI. I temi del Cuore di Gesti, dei suoi dolori, delle sue piaghe, della sua pena di morte e della trafittura trovarono il loro pieno coronamento nel concetto del Cuore del Salvatore glorioso, che siede alla destra del Padre, mediatore universale presso la S.ma Trinità.
Questi pensieri dalla liturgia monastica fluivano nella spiritualità matildiana e il S. Cuore concretizza per Matilde la formula liturgica Per Dominum nostrum lesum Christum: dal Sacro Cuore sgorga e prende moto la vita morale e mistica. Nella storia mariana Matilde spicca per la devozione al cuore purissimo di Maria. S. Pietro Canisio (m. nel 1597) possedeva un libriccino contenente preghiere matildiane al Sacro Cuore di Gesti. Martino da Cochem pubblicò nel 1668 un libro di preghiere delle ss. Gertrude e Matilde con aggiunta un’istruzione sulla preghiera orale.
Il Brornberg mostra la ricchezza della spiritualità matildiana particolareggiando la presentazione in suggestivi paragrafi: cioè, 1) influssi, fonti e carattere; 2) devozione al S. Cuore; 3) devozione all’umanità di Cristo; 4) la mistica di sposa; 5) la devozione alla S.ma Trinità; 6) l’Eucaristia; 7) la devozione a Maria S.ma; 8) la dottrina delle virtù; 9) la santificazione; 10) il peccato e la confessione; 11) la devozione agli angeli.
Matilde è rappresentata per lo più nell’abito dell’ordine dei cistercensi e reca tra le mani un libro (probabilmente la sua opera: Buch besonderer Gnade) come nella paia di altare nella chiesa di S. Gertrude di Mauterndorf (1750) e la statua nel convento di Engelszell (1759).
Benché non sia stata mai canonizzata, Matilde è stata venerata come santa in vari monasteri osservanti la regola di s. Benedetto. La sua festa è indicata nei martirologi il 16 febbraio e il 19 novembre.
Autore: Angelo Walz
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