A Liegi in Belgio, beata Eugenia Joubert, vergine della Congregazione della Sacra Famiglia del Cuore di Gesù, che si adoperò per trasmettere ai bambini la dottrina cristiana e, ammalatasi di tisi, seguì con amore Cristo sofferente.
Eugénie Joubert nacque l’11 febbraio 1876 a Yssingeaux presso Le Puy-en-Velay, nella regione francese dell’Alta Loira. Era la quarta degli otto figli di Pierre Joubert e Antoinette Celle, coltivatori della vite. Fino al 1887 studiò dalle Orsoline di Monistral, dove ricevette la Prima Comunione e la Cresima. L’insegnamento fondamentale che ricevette in quel periodo fu quello che scrisse in una lettera rivolta a una delle sorelle minori:
«Il Buon Dio non vieta di ridere e di divertirsi, purché lo si ami di tutto cuore e si conservi la propria anima tutta bianca, cioè senza peccati… Il segreto per rimanere figli del Buon Dio è quello di rimanere figli della Santissima Vergine. Bisogna amare molto la Santissima Vergine e chiederle tutti i giorni di morire, piuttosto che commettere un solo peccato mortale».
Per un anno fu allieva delle suore di San Giuseppe a Yssingeaux, poi passò al Collegio di Santa Maria a Le Puy. Le sue compagne ammiravano il suo comportamento in chiesa e in classe e la costanza con cui, ogni mattina, si alzava presto per partecipare alla Messa.
In lei, intanto, andava sorgendo il desiderio di consacrarsi a Dio. Sua sorella maggiore era già entrata tra le Suore della Santa Famiglia del Sacro Cuore, una congregazione fondata dal gesuita Louis-Étienne Rabussier e da madre Maria Ignazia (al secolo Marie-Adélaide) Melin.
In attesa di capire meglio se quella strada dovesse essere anche la sua, Eugénie aiutava la madre nelle faccende domestiche e andava a trovare i malati e i poveri, coi quali condivideva il proprio cibo. Trascorreva il tempo che le restava pregando, specie nel santuario di Nostra Signora dei Penitenti a Yssingeaux.
La sua gioia più grande era nell’insegnare il catechismo ai bambini del villaggio; anche il viceparroco se ne accorse. Pur tenendo i contatti con le sue ex maestre del collegio di Santa Maria, non sentiva però di doverle seguire: «Non ho deliberato ancora nulla: cerco dove Gesù vuole che io fissi la mia tenda».
Per capire meglio, accettò di trascorrere qualche giorno di ritiro, nell’ottobre 1893, a La Darne, dove le Suore della Santa Famiglia del Sacro Cuore avevano una casa di campagna e dove viveva sua sorella. Il clima di serenità e di allegria che pervadeva quel luogo la conquistò definitivamente: decise che sarebbe entrata in quella congregazione.
Il 2 luglio 1895 ebbe un colloquio con padre Rabussier, il quale la confermò nella sua scelta. Eugénie poteva quindi cantare il suo “Magnificat” (all’epoca, la solennità della Visitazione di Maria era proprio il 2 luglio). Dopo aver vinto le ultime resistenze del padre, il 6 ottobre 1895 entrò ufficialmente come postulante. La madre la salutò con un augurio: «Ti do al Buon Dio. Non guardare più al passato, ma diventa una santa!
».Eugénie prese sul serio quell’invito sin dai primi giorni del suo postulandato. «Se vivo dello spirito di fede, scrive, se amo veramente Nostro Signore, mi sarà facile crearmi una solitudine in fondo al cuore e soprattutto amare tale solitudine, dimorarvi da sola con Gesù solo», scrisse in quel periodo. Come già nel collegio, le sue compagne e anche le religiose più anziane la guardavano come se fosse un modello.
La sua capacità di distacco era estrema. Un giorno di Quaresima, fedele alla regola per cui le suore non potevano ricevere visite, allontanò un’amica che non vedeva da prima di entrare in convento. In seguito, quando seppe che suor Maria, sua sorella, era stata destinata a un’altra casa, pianse, ma subito cercò di farsi forza.
Il 13 agosto 1896, festa del giovane gesuita san Giovanni Berchmans, ricevette l’abito dalle mani di padre Rabussier. Nel suo diario spirituale, intitolato «Maria e io», annotò in quell’occasione: «Che ormai il mio cuore, simile ad una palla di cera, semplice come il fanciullo, si lasci rivestire di ubbidienza, di desiderio assoluto della divina volontà, senza opporre altra resistenza se non quella di voler dare sempre di più».
Iniziò quindi il noviziato, che dalla primavera del 1897 fu trasferito a Saint-Dénis-sur-Seine, in un antico convento carmelitano. Incaricata della lavanderia, della pulizia della cappella e di una sala comune, poi della cucina, cercava di svolgere i suoi compiti al massimo.
In due occasioni, nel giugno e nel settembre 1897, partecipò agli Esercizi spirituali in preparazione ai voti, vivendo in maniera intensa quella che il fondatore della Compagnia di Gesù chiama “composizione di luogo”, ossia immaginarsi all’interno di qualche episodio del Vangelo. Così, anche in mezzo alle sue faccende, poteva affermare: «Non sono mai sola, ma sempre con Gesù, Maria, Giuseppe». L’8 settembre 1897, quindi, professò i voti temporanei.
Suor Eugenia fu inviata subito a Aubervilliers, un paese dove gli abitanti erano in maggioranza operai, spesso coinvolti nella propaganda socialista. Il suo servizio fu il catechismo ai bambini, insieme ad altre consorelle. Tra di essi prediligeva quelli più rozzi, ammalati o ritardati, oppure che non riuscivano a frequentare il catechismo in maniera regolare.
La sua gioia fu però turbata da un lungo periodo di crisi: era colta dalla tristezza e dalla preoccupazione di non essere unita a Dio. Confortata dal confessore, comprese che l’ubbidienza era «il frutto dell’umiltà e la sua più vera forma», e scrisse: «Voglio ubbidire per umiliarmi ed umiliarmi per amare di più».
Nel 1898 fu destinata a Le Puy, poi a La Darne, nel 1898. Tre anni dopo passò a Liegi, sempre con i compiti di catechista e sacrestana e col desiderio di passare inosservata: «Se sarò generosa, se amerò Nostro Signore, quante occasioni si offriranno di scomparire in mezzo alle mie sorelle, di rallegrarmi che esse siano stimate e apprezzate, di compiacermi di essere nascosta, vista da Gesù solo».
Nel marzo 1902, suor Eugenia ebbe il primo sbocco di sangue. Il medico non ritenne che fosse grave e la rimandò al suo servizio di catechista. A giugno, proprio la sera della festa del Sacro Cuore, obbedì subito alla suora infermiera, che l’aveva vista molto stanca, e si mise a letto. Era ormai chiaro che aveva contratto la tubercolosi.
Costretta all’isolamento e bloccata a letto, sapeva di potersi assumere comunque un nuovo impegno: «Essere fedele nelle sofferenze. È Gesù che viene. Posso così far molto per le anime, per la Santa Famiglia del Sacro Cuore». Ebbe qualche sollievo nei giorni che trascorse a Saint-Gilles, presso Liegi, dove sua sorella suor Maria era superiora.
Per ottenere la sua guarigione, le superiore della congregazione fecero voto di andare con lei in pellegrinaggio a Roma e a Loreto. Il viaggio si svolse appena suor Eugenia diede segni di miglioramento: il 2 maggio visitò il Santuario della Santa Casa, poi arrivò a Roma, dove fu incaricata di essere la cronista della nuova casa in fondazione. Nel mese di ottobre tornò a Loreto, ma ormai non aveva più possibilità di guarire.
Il 6 maggio 1904, in compagnia di un’altra suora, lasciò definitivamente Roma per tornare a Liegi. Nelle sue ultime lettere descrisse i momenti lieti, come l’arrivo di una postulante, o la vestizione di alcune novizie. Ormai, come scrisse alla madre, non pensava più che al Cielo.
Dal 18 giugno non si alzò più. Il 26 ricevette l’Unzione degli Infermi e chiese alle altre suore di pregare per lei: avrebbe ricambiato dal Cielo. Dal 27 ricevette la Comunione tutti i giorni, ma quella del 1° luglio fu il suo Viatico. Suor Maria le mostrava la statuetta di Gesù Bambino, copia dell’immagine venerata nella chiesa dell’Ara Coeli a Roma, che le era molto cara, ma la sorella, quasi senza fiato, mormorava: «Quando, quando verrà?».
Il 2 luglio, verso le dieci del mattino, domandò che ore fossero: era la stessa ora in cui, nove anni prima, Dio per bocca di padre Rebussier l’aveva chiamata tra le Suore della Santa Famiglia del Sacro Cuore. Mentre le veniva presentato, ancora una volta, il “suo” Bambinello, suor Eugenia pronunciò, per tre volte, il nome di Gesù, poi spirò sorridendo. Aveva ventott’anni.
Il processo informativo per l’accertamento dell’eroicità delle virtù di suor Eugenia iniziò a Liegi il 26 settembre 1919 e si concluse nel 1933. Si svolsero inchieste rogatorie anche a Parigi, dal 1921 al 1922, a Le Puy e a Roma, dal 1923 al 1924.
Il 28 aprile 1936 si ebbe il decreto sugli scritti e, il 1° giugno 1938, il decreto d’introduzione della causa, che segnava l’avvio del processo apostolico. Col decreto sul non culto, il 19 luglio 1939, la causa poté procedere speditamente. Il decreto di convalida del processo informativo e di quello apostolico porta la data del 18 aprile 1953.
Dopo quasi trent’anni, la causa riprese con la riunione, il 1° dicembre 1982, degli officiali e dei consultori della Congregazione delle Cause dei Santi. Il 12 aprile 1983, invece, i cardinali e i vescovi membri della stessa Congregazione si sono pronunciati a favore dell’esercizio, in grado eroico, delle virtù cristiane e di quelle relative al suo stato da parte della Serva di Dio.
Infine, il 9 giugno 1983, il Papa san Giovanni Paolo II autorizzò la promulgazione del decreto con cui suor Eugenia poteva essere dichiarata Venerabile.
Come miracolo per ottenere la sua beatificazione fu considerato il caso del signor Émile Legaye, belga, rappresentante di commercio. Già malato di enfisema polmonare e con problemi cardiocircolatori, il 3 giugno 1928 avvertì forti dolori al diaframma, al torace e al fianco destro. Il 10 luglio fu ricoverato in ospedale perché le cure prescritte erano risultate inefficaci: fu operato e, il 10 agosto, poté tornare a casa. Tuttavia, la piaga dell’operazione era ancora aperta e sanguinava di continuo.
Sua moglie aveva conosciuto suor Eugenia tempo prima, quindi le sembrò naturale chiedere la sua intercessione, recandosi sulla sua tomba al cimitero di Saint-Gilles, e far pregare anche le sue consorelle. Il 17 settembre 1928 Émile fu di nuovo ricoverato in ospedale per un’emorragia più forte delle altre. Le suore intensificarono le loro preghiere e diedero alla moglie del malato un’immaginetta con reliquia.
Il 27 settembre fu riportato a casa, con la precauzione di evitargli sforzi inutili. Tuttavia, il 1° ottobre, volle andare personalmente sulla tomba di suor Eugenia: non si accostava da anni ai Sacramenti, ma confidava nel suo aiuto. Tornato a casa, ebbe ancora una perdita copiosa di sangue, ma il giorno dopo apparve pienamente guarito.
Dal 1930 al 1932 fu ripetutamente visitato da medici ed esperti, secondo i quali la guarigione aveva del sorprendente, per non dire dell’inspiegabile. Visse ancora ventidue anni, in perfetta salute.
Il caso fu esaminato nell’apposita inchiesta diocesana, che ottenne la convalida il 30 ottobre 1987. La Commissione medica della Congregazione delle Cause dei Santi, l’8 ottobre 1992, dichiarò l’inspiegabilità scientifica del fatto. La Consulta dei teologi, il successivo 11 dicembre, confermò il nesso tra l’accaduto e l’intercessione della Venerabile. I cardinali e i vescovi membri della Congregazione, il 16 febbraio 1993, espressero a loro volta parere positivo. Il 2 aprile 1993, quindi, san Giovanni Paolo II concesse la promulgazione del decreto con cui la guarigione di Émile Legaye era da ritenersi inspiegabile, completa, duratura e dovuta all’intercessione di suor Eugenia.
Lo stesso Pontefice l’ha beatificata a Roma il 20 novembre 1994 con altri cinque candidati agli altari, fissando la sua memoria liturgica al 2 luglio, il giorno esatto della sua nascita al Cielo. I suoi resti mortali, inizialmente sepolti nel cimitero di Saint-Gilles, erano intanto stati traslati nella cappella delle sue consorelle a Dinant e vi riposano tuttora.
Un giorno, durante una ricreazione comunitaria, suor Eugenia condivise con le altre suore una sua aspirazione: partire missionaria per l’Africa. La superiora le fece presente che non era possibile per vari motivi, ma lei si disse persuasa che, un giorno, ci sarebbe andata.
Di persona non ci riuscì, ma la sua storia fu conosciuta da padre Émile François Barril, missionario nel Dahomey (attuale Benin), che l’aveva letta su «Il Messaggero del Sacro Cuore», rivista dell’Apostolato della Preghiera. A sua volta la fece conoscere a una giovane donna, Maria Okoko: lei desiderava entrare tra le suore Oblate Catechiste Piccole Serve dei Poveri, fondate da padre Barril stesso, ma era malata di tubercolosi. In seguito a una novena a suor Eugenia, guarì: in segno di riconoscenza, assunse il suo nome, una volta diventata suora.
Il 19 agosto 1919, infine, quattro Suore della Santa Famiglia del Sacro Cuore partirono per il Dahomey, dove ottennero molti frutti spirituali, non ultimo lo sviluppo delle Oblate Catechiste Piccole Serve dei Poveri.
O Padre, ti ringraziamo al vedere che la Chiesa onora la memoria della Beata Eugenia Joubert, vergine.
Tu l’hai mandata a noi per dirci come si deve imitare il tuo Figlio Gesù, mite e umile di cuore.
Lei ha sempre cercato l’ultimo posto. Coi bambini è sempre stata dolce e paziente.
Per sua intercessione donaci la grazia di essere testimonianza vivente del tuo amore per tutti gli uomini. Così al termine di questa vita potremo gioire della tua presenza per sempre.
Padre nostro, Ave Maria, Gloria al Padre
Beata Eugenia Joubert, prega per noi.
Imprimatur
Virgilius card. Noè
5 gennaio 1994
Autore: Emilia Flocchini
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