San Bernardino Realino, sacerdote della Compagnia di Gesù, è l’unico santo a diventare patrono di una città quando era ancora vivo.
Bernardino Reale nasce il 1 Dicembre 1530 a Carpi, in una famiglia illustre della città; sotto la guida della mamma cresce con un carattere pio, docile, garbato con tutti e caritatevole verso i poveri; il padre spesso era assente visto che era cavallerizzo maggiore presso la corte dei Gonzaga di Mantova.
Fu avviato presto agli studi, in cui si dimostrò molto dotato. Nel 1546 fu mandato a studiare i classici greci e latini a Modena: là non gli mancarono insidie da parte dei cattivi compagni, ma seppe mantenersi casto.
Dopo tre anni, si trasferì a Bologna per lo studio della medicina e della filosofia. Fu assiduo alla chiesa di San Michele al Bosco e all’attiguo convento degli Olivetani dove un religioso, suo concittadino, si prese cura di lui come direttore spirituale.
Poi è mandato all’Accademia modenese, all’epoca uno dei più illustri centri culturali d’Italia. Negli studi lo attira tutto: la letteratura classica (ci è giunto un suo commento in latino a Catullo) e successivamente a Bologna la filosofia, poi ancora la medicina. Infine nel 1556, all’età di 26 anni, si laurea in diritto civile e canonico.
Ottenuta la laurea, Bernardino passò da un comune all’altro dell’Italia settentrionale, operando come podestà, pretore, avvocato fiscale. Era garbato e generoso, ma le cose terrene talvolta lo facevano sbandare. Per un’ingiustizia subita dalla famiglia, non riuscì a trattenere l’ira e ferì in testa il responsabile con un colpo di spadino.
Intorno ai trent’anni un altro fatto lo sconvolse. Venne raggiunto dalla notizia della morte dell’amata Cloride, conosciuta anni prima in una chiesa. Questa tragedia si aggiungeva alla pena per la situazione dei suoi amministrati, affranti da una grave carestia. Nello sconforto, fu tentato per un momento dall’idea di suicidarsi, che superò con l’aiuto della preghiera. Il 3 luglio 1561, mentre meditava sulle vanità del mondo e le grazie divine, la donna che aveva amato onestamente nel suo cuore gli apparve e gli indicò il cielo . La cosa lo rincuorò non poco.
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Poco dopo il viceré di Sicilia lo chiamò a servizio a Napoli e fu qui che avvenne la svolta. Qui la sua carriera s’interrompe. Bernardino Realino frequenta i Gesuiti da poco giunti in città e poi decide di essere uno di loro, abbandonando codici e carriera. Lo accoglie nel 1564 Alonso Salmeron, uno degli iniziatori della Compagnia di Gesù con Ignazio di Loyola.
Nel 1567 Bernardino viene ordinato sacerdote e diventa il maestro dei novizi gesuiti.
Sette anni dopo, a Lecce, crea un collegio al quale si dedicherà fino alla morte. Ma insieme si dedica alla gente di Lecce, ricchi e poveri, istruiti e ignoranti, tutti sbalorditi per la sua irriducibile pazienza nell’occuparsi di situazioni, necessità, miserie, a cui s’ingegna di provvedere con un dinamismo che ha del prodigioso: tant’è che gli si attribuiscono vari miracoli già da vivo.
Quando poi il male lo colpisce, è naturale per la municipalità fare quel passo inaudito e bellissimo, chiedendo a un morente aiuto e protezione anche oltre questa vita. E per Bernardino è naturalissimo rispondere di sì, con le estreme forze. Fatta questa promessa, si spegne a 86 anni. I reggitori del Municipio lo vanno allora a visitare “in corpo”, ossia tutti insieme, in forma ufficiale. E gli fanno la sbalorditiva richiesta di voler essere il protettore della città di generazione in generazione, per sempre. Il moribondo acconsente, tranquillo e lieto. D’altra parte è già amico, consigliere, soccorritore dei cittadini – è già loro “patrono” – da più di quattro decenni. Anche se non è leccese, e nemmeno pugliese.
Papa Pio XII lo proclamerà santo nel 1947.
O San Bernardino, prendeteci sotto la vostra protezione
e otteneteci dalla divina bontà la grazia che desideriamo,
ma soprattutto Impetrateci frutti degni dl penitenza,
perchè possiamo essere accolti un giorno con voi
nell’Immortale beatitudine. Amen.
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