Il Martirologio Geronimiano li commemora tre volte: al 31 magg., al 1° e al 2 lugl. indicando il loro sepolcro al II miglio della via Aurelia. L’ultima data è il vero dies natalis, che è anche attestato dai Sacramentari Gregoriano e Gelasiano di S. Gallo e dal Calendario marmoreo di Napoli. In loro onore fu edificata una chiesa, non lungi dall’attuale basilica di S. Pancrazio, efficiente e visitata dai pellegrini nel sec. VII come attestano gli Itinerari.
Questa chiesa, secondo una notizia del Praedestinatus (PL, LIII, col. 616), alla fine del sec. IV fu occupata da un prete montanista con lo specioso pretesto che i due santi sarebbero stati di origine frigia e quindi appartenenti a quella setta; l’intruso però fu cacciato da un decreto imperiale e la chiesa ritornò ai cattolici, ed in essa il Papa Gregorio Magno recitò un’omelia nell’anniversario della festa dei martiri (PL, LXXVI, coll. 1232-38).
Il discorso del pontefice non dà notizie sui due santi, ma, dopo aver accennato che presso i loro sepolcri accorrevano molti malati, riferisce un episodio accaduto al tempo dei Goti e secondo il quale una donna avrebbe visto i due santi apparirle sub peregrino habitu, vestiti come monaci. Questo particolare è in forte contrasto con le fonti letterarie, che presentano i martiri come militari e custodi degli apostoli Pietro e Paolo nel carcere Mamertino e da loro convertiti. Naturalmente neanche le fonti letterarie sono di ineccepibile valore storico, ma le accennate divergenze suscitano dei problemi sulla consistenza della tradizione romana a proposito della esistenza e della cronologia dei martiri, come sulla mutua dipendenza delle stesse fonti letterarie.
Questi problemi sono stati studiati da Pio Franchi de’ Cavalieri, ma tutte le sue conclusioni non sembrano inoppugnabili. Secondo il dotto agiografo, già nel sec. V fu composta una passio molto generica senza precise notizie cronologiche (più o meno simile al cap. II dell’attuale redazione) in cui si narrava il loro martirio e la loro sepoltura sulla via Aurelia; poco dopo, all’inizio del sec. VI, fu composta una nuova passio (BHL, II, p. 1011, n. 6947) nella quale i due santi erano presentati come carcerieri degli apostoli e da loro convertiti e battezzati (attuale cap. I). Queste notizie deriverebbero dalla falsa interpretazione delle scene scolpite sul sarcofago che custodiva le spoglie dei martiri, o di un altro lì vicino, nelle quali erano rappresentati episodi del ciclo di s. Pietro e precisamente: 1) Mosè-Pietro che fa scaturire le acque dalla rupe da cui bevono due soldati ebrei; 2) Pietro col bastone tra due guardie; 3) Pietro in colloquio con Gesù Cristo. Infine l’episodio dei due carcerieri fu preso e divulgato anche dall’apocrifo Martirio di Pietro dello pseudo-Lino.
La genesi della leggenda, delineata da Franchi de’ Cavalieri, ha molte probabilità di verosimiglianza almeno in linea di massima; invece è da rivedere, forse, la questione dell’interdipendenza tra la Passio e il Martirio, dal momento che quest’ultimo è attribuito al sec. IV. Comunque, quale che sia il giusto giudizio sulla dipendenza delle fonti, si può con certezza affermare che dei santi P. e M. niente si conosce di sicuro, né sulla loro identità, né sul tempo del loro martirio; ma ciò non pregiudica affatto la loro esistenza storica e il culto loro tributato fin dall’antichità e attestato da documenti degni di fede.
Di Agostino Amore