Beata Maria Fortunata Viti, al secolo Anna Felicia, è stata una religiosa benedettina italiana, proclamata beata da papa Paolo VI nel 1967.
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Anna Felicia Viti nasce nel borgo di Veroli (vicino Frosinone) il 10 Febbraio 1827.
La sua vita di eccezionale non ha proprio niente, a parte una straordinaria longevità: quasi 96 anni, ma di una vita così umile, nascosta, insignificante direbbe qualcuno, che quasi si fa fatica a parlarne.
Le premesse non sono delle più felici: il papà è un ricco possidente di Veroli che si rovina salute e portafoglio grazie alla sua passione per il gioco e alla sua tendenza a consolarsi con troppi bicchieri di vino. La mamma muore di crepacuore a 36 anni dopo aver dato alla luce nove figli e lei, a 14 anni, si ritrova mammina precoce degli altri otto. Ha così tanto da fare che non riesce a pensare a sé e nemmeno al suo futuro.
La sua maggiore occupazione è fare in modo che in casa tutti rispettino quel padre, alcolizzato e ridotto in miseria, come è capace di fare lei, che ogni sera gli bacia la mano e gli chiede la benedizione, ingoiando lacrime e umiliazioni.
A 24 anni, decide di entrare nel convento delle “monache buone”, cioè le benedettine della sua città. Si conserva di lei il fermo proposito, formulato in quel giorno, di “farsi santa”: non sa che per raggiungere l’obiettivo dovrà vivere più di 70 anni, “sepolta viva” nell’anonimato della sua cella, con giornate tutte uguali, scandite da azioni ripetitive che qualcuno potrebbe anche definire monotone: filare e cucire, lavare e rammendare.
E pregare, anche se questo per lei non dovrebbe essere un problema: viveva con intensità e profondità i momenti di orazione. Soltanto dopo si potrà scoprire quanta aridità spirituale si nascondeva dietro quel suo fervore. Quanti tormenti ed intimi combattimenti venivano coperti dalla sua apparente imperturbabile serenità.
Non sa né leggere né scrivere per le sue ben note vicende familiari e così non può essere ammessa tra le “coriste”, cioè le monache che si dedicano alle funzioni liturgiche. Per lei soltanto il lavoro, con la giornata che inizia alle tre e mezza di mattinata e prosegue in azioni faticose e umili, che lei compie così bene da farle diventare un capolavoro, condendole con tanta preghiera anche in mezzo alla più completa aridità spirituale.
Consumata dagli anni e dal lavoro, tormentata dai reumatismi che negli ultimi anni la costringono a letto, incapace anche del più piccolo movimento, si spegne cieca, sorda e rattrappita, dopo 72 anni di clausura, il 20 Novembre 1922. Di lei sembra non accorgersi nessuno e così la seppelliscono in fretta, il giorno dopo, nella fossa comune.
Ma la tirano fuori 13 anni dopo, a furor di popolo, e la seppelliscono in chiesa, tanti sono i miracoli che si verificano sulla sua tomba.
E non basta: Paolo VI, nel 1967, la proclama beata Suor Maria Fortunata Viti.
Lei, la suora che, lavorando e sorridendo, è divenuta modello di santità ci ricorda che tutti possiamo e dobbiamo diventare santi fra le azioni nelle nostre vite.
(Fonte santiebeati.it – Autore: Gianpiero Pettiti)
Dio benignissimo, che amate i cuori vergini e semplici, per le virtù che ornarono la Vostra fedelissima Serva Suor Maria Fortunata, e che la resero a Voi tanto cara qui in terra da trovare in essa In Vostre compiacenze, mostrateci la gloria che ora gode in cielo, degnandoVi di innalzarla agli onori degli altari.
Fate che le sue virtù ci siano di sprone per abbracciare con generosità le tribolazioni della vita, adempiendo sempre e in tutto i divini voleri e, così vivendo, meritare di vedere un giorno a faccia svelata il Vostro Volto Divino. Così sia.
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