Etimologia: Maria = amata da Dio, dall’egiziano; signora, dall’ebraico
Emblema: Giglio
Maria Bertilla nasce il 6 Ottobre 1888 a Brendola (Vicenza) da una famiglia di contadini a Brendola. A nove anni, contro l’uso dei tempi, meritò d’essere ammessa alla prima comunione, ed entrò nelle Suore Maestre di Santa Dorotea, figlie dei Sacri Cuori a sedici anni, l’8 aprile 1905.
Al momento della professione religiosa prende poi i nomi di Maria Bertilla. I suoi primi compiti in comunità sono i lavori in cucina, al forno e in lavanderia: nessun problema per una che conosce le fatiche della campagna ancora senza macchine, dove tutto si fa a forza di braccia. Poi inizia il tirocinio presso l’ospedale di Treviso e si rimette a studiare, diplomandosi infermiera. Ma questo non le impedisce di dedicarsi anche a compiti più pesanti per aiutare le consorelle. Trova la sua vocazione nella cura degli infermi, in particolare dei bambini
.A 22 anni fu operata una prima volta di tumore e sperimenta la vita in ospedale anche sul versante della sofferenza. Poi la lenta ripresa. Pochi anni dopo scoppia la prima guerra mondiale, e quando Treviso viene a trovarsi in pericolo suor Maria Bertilla è trasferita in Lombardia con tutto l’ospedale, e sottoposta a una prova severa: incomprensioni e dissensi provocano la sua “retrocessione” da infermiera a donna di fatica in lavanderia.
Suor Maria Bertilla ne soffre moltissimo: ma dentro di sé, soltanto dentro. Non le sfugge una parola di amarezza, di risentimento. Il suo fisico ora resiste meno allo sforzo, ma la volontà non cede. Dopo il rientro a Treviso, la religiosa viene reintegrata nelle funzioni di infermiera. Ma lei è anche qualcosa d’altro, come dirà Giovanni XXIII canonizzandola l’11 maggio del 1961: “La irradiazione di suor Bertilla si allarga: nelle corsie, a contatto con gli epidemici, a consolare, a calmare: pronta e ordinata, esperta e silenziosa, fino a far dire anche ai distratti che Qualcuno – cioè il Signore – fosse sempre con lei a dirigerla“.
Finché crolla: si è riprodotto il tumore. “La morte mi può sorprendere ad ogni momento“, scrive nei suoi appunti, “ma io devo essere preparata“. Nuova operazione, ma questa volta non si rialza più e la sua vita si conclude a 34 anni. L’irradiazione però continua. Presso la sua tomba c’è sempre chi prega, chi ha bisogno della suora infermiera per i mali più diversi: e l’aiuto, per vie misteriose, arriva. Vissuta oscuramente, Maria Bertilla è sempre più conosciuta e amata da morta. Esperta in sofferenza e umiliazione, continua a donare speranza. Le sue spoglie si trovano ora a Vicenza, nella Casa Madre della sua comunità.
Il processo di canonizzazione iniziò nel 1925 e suor Bertilla fu proclamata beata l’8 giugno 1952 da papa Pio XII. Maria Bertilla Boscardin fu proclamata santa da papa Giovanni XXIII l’11 maggio 1961.
In punto di morte, disse alla madre superiora di dire alle consorelle di: “lavorare solo per il Signore, che tutto è niente, tutto è niente“. Una delle sue frasi più celebre è: “A Dio tutta la gloria, al prossimo tutta la gioia, a me tutto il sacrificio.”
Con umiltà seguì questa regola del Vangelo “Colui che vorrà diventare grande fra voi si farà vostro servo, e colui che vorrà diventare il primo tra voi si farà vostro schiavo” (Mt 20,26 27). Alle sue consorelle disse: “facciamoci sante anche noi, ma da Paradiso, non da altare”.
Fonte santiebeati.it – Domenico Agasso
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