Santa Maria Bertilla Boscardin è stata una religiosa italiana della congregazione delle Suore Dorotee di Vicenza. Una delle sue frasi più celebre è: “A Dio tutta la gloria, al prossimo tutta la gioia, a me tutto il sacrificio.”
Anna Francesca Boscardin è nata il 6 Ottobre 1888 a Brendola (Vicenza) da una famiglia di poverissimi contadini; il papà era un gran bevitore di vino e molto spesso diventava violento e arrogante nei modi mentre la mamma era una donna pia.
Anna Francesca fu costretta a interrompere la scuola dopo la terza elementare entrando a servizio presso una famiglia di agricoltori.
A tredici anni emise privatamente il voto di verginità e sentì nascere la vocazione religiosa, ma il parroco la sconsigliò dicendo che, ignorante com’era, un istituto non avrebbe saputo che farsene di lei.
Poi però nel 1904 la presentò alle Maestre di Santa Dorotea di Vicenza e l’anno dopo la ragazza entrò in noviziato col nome di Maria Bertilla. Al momento della professione religiosa prende poi i nomi di Maria Bertilla.
I suoi primi compiti in comunità sono i lavori in cucina, al forno e in lavanderia: nessun problema per una che conosce le fatiche della campagna ancora senza macchine, dove tutto si fa a forza di braccia.
Poi inizia il tirocinio presso l’ospedale di Treviso e si rimette a studiare, diplomandosi infermiera. Ma questo non le impedisce di dedicarsi anche a compiti più pesanti per aiutare le consorelle.
Trova la sua vocazione nella cura degli infermi, in particolare dei bambini. A 22 anni fu operata una prima volta di tumore e sperimenta la vita in ospedale anche sul versante della sofferenza. Poi la lenta ripresa. Pochi anni dopo scoppia la prima guerra mondiale, e quando Treviso viene a trovarsi in pericolo suor Maria Bertilla è trasferita in Lombardia con tutto l’ospedale, e sottoposta a una prova severa: incomprensioni e dissensi provocano la sua “retrocessione” da infermiera a donna di fatica in lavanderia.
Suor Maria Bertilla ne soffre moltissimo: ma dentro di sé, soltanto dentro. Non le sfugge una parola di amarezza, di risentimento.
Il suo fisico ora resiste meno allo sforzo, ma la volontà non cede. Dopo il rientro a Treviso, la religiosa viene reintegrata nelle funzioni di infermiera.Ma lei è anche qualcosa d’altro, come dirà Giovanni XXIII canonizzandola l’11 maggio del 1961: “La irradiazione di suor Bertilla si allarga: nelle corsie, a contatto con gli epidemici, a consolare, a calmare: pronta e ordinata, esperta e silenziosa, fino a far dire anche ai distratti che Qualcuno – cioè il Signore – fosse sempre con lei a dirigerla“.
Finché crolla: si è riprodotto il tumore. “La morte mi può sorprendere ad ogni momento“, scrive nei suoi appunti, “ma io devo essere preparata“. Nuova operazione, ma questa volta non si rialza più e la sua vita si conclude a 34 anni, era il 20 Ottobre 1922. L’irradiazione però continua.
In punto di morte, disse alla madre superiora di dire alle consorelle di: “lavorare solo per il Signore, che tutto è niente, tutto è niente“. Alle sue consorelle disse anche: “facciamoci sante anche noi, ma da Paradiso, non da altare”.
Le sue spoglie si trovano ora a Vicenza, nella Casa Madre della sua comunità; presso la sua tomba c’è sempre chi prega, chi ha bisogno della suora infermiera per i mali più diversi: e l’aiuto, per vie misteriose, arriva.
È stata proclamata beata l’8 Giugno 1952 da papa Pio XII e santa da papa Giovanni XXIII l’11 Maggio 1961.
(Fonte santiebeati.it – Domenico Agasso)
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O umilissima Santa Maria Bertilla, casto fiore cresciuto tra le ombre del Calvario, che esalasti il profumo delle tue virtù al cospetto di Dio solo, a conforto dei sofferenti, noi t’invochiamo. Deh, ottienici dal Signore la tua umiltà e carità per cui tanto Gli piacesti e quella fiamma di amore purissimo che tutta ti consumò.
Insegnaci a cogliere frutti di pace dalla perfetta dedizione ai nostri doveri, a meritare, per tua intercessione, la grazia di cui abbiamo bisogno e il premio eterno nei Cielo. Amen.
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