Sant’Anselmo d’Aosta, noto anche come Anselmo di Canterbury, è stato un teologo, filosofo e arcivescovo cattolico franco. Considerato tra i massimi esponenti del pensiero medievale di area cristiana.
Sant’Anselmo nasce ad Aosta intorno al 1033; la sua era una famiglia nobile e ricca.
Anselmo fin dalla sua infanzia sognava di poter raggiungere Dio e nella sua semplicità ipotizzava che risiedesse sulla sommità delle montagne.
Fu affidato ad un parente per un’accurata educazione, ma non essendo stato compreso dal brutale maestro cadde in una terribile crisi d’ipocondria. Per guarirlo occorsero tutto il tatto e l’amorevolezza della mamma, la quale finalmente lo affidò poi ai benedettini d’Aosta. All’età di quindici anni Anselmo iniziò a sentire il desiderio di farsi monaco, ma il padre non ne volle sapere, preferendo farlo erede dei suoi averi.
Le attrattive del mondo e le passioni prevalsero sul giovane, specialmente dopo la morte della madre. Nel frattempo i suoi rapporti con il padre si facevano sempre più tesi, e infine, all’età di ventitré anni, Anselmo partì, accompagnato da un servo, con l’intenzione di oltrepassare il colle del Moncenisio alla volta della Francia
Dopo tre anni trascorsi tra la Borgogna e la Francia centrale, Anselmo si recò ad Avranches, in Normandia, dove venne a conoscenza dell’abbazia del Bec e della sua scuola, fondata nel 1034. Vi si recò per conoscere il priore, Lanfranco di Pavia, e restare presso di lui, come tanti altri chierici attratti dalla fama del suo sapere. I progressi nello studio furono tanto sorprendenti che lo stesso Lanfranco prese a prediligerlo ed addirittura a farsi coadiuvare da lui nell’insegnamento. In tale contesto Anselmo sentì rinascere in sé il desiderio di vestire l’abito monacale.
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Avrebbe però altri posti dove poter sfoggiare la sua sapienza senza dover competere con il maestro Lanfranco, ma non trovando valide alternative nel 1060 entrò nel seminario benedettino del Bec. Dopo soli tre anni di regolare osservanza meritò di succedere a Lanfranco nella carica di priore e di direttore della scuola, visto che quest’ultimo era stato destinato a governare l’abbazia di Saint’Etienne-de-Caen.
Nonostante il moltiplicarsi delle responsabilità, Anselmo non trascurò di dedicarsi sempre più a Dio ed allo studio, preparandosi così a risolvere le più oscure questioni rimaste sino ad allora insolute. Non bastandogli le ore diurne per approfondire le Scritture ed i Padri della Chiesa, egli amava trascorrere parte della notte in preghiera e correggendo manoscritti. Ci si può fare un’idea del suo insegnamento leggendo gli opuscoli ed i dialoghi da lui lasciati, alcuni dei quali sono veri e propri piccoli capolavori pedagogici e dogmatici.
Sant’Anselmo fu indubbiamente un grande uomo di cultura, ma anche un grande direttore di anime. La fama del suo monastero si sparse ovunque ed attirò un’élite avida di scienza e di perfezione religiosa. Egli se ne occupava in prima persona con cura speciale. Molte delle sue 447 lettere mostrano l’arte che possedeva per guadagnare i cuori, adattandosi all’età di ciascuno e puntando sull’affabilità dei modi.
Alla morte dell’abate Herluin, il 26 agosto 1078 i confratelli all’unanimità designarono Anselmo a succedergli.
Fu un abate dotato di una straordinaria dolcezza di carattere e la santità della sua vita lo faceva amare da tutti. Intraprese relazioni con il maestro Lanfranco, nominato arcivescovo di Canterbury nel 1070, e collaborò all’organizzazione di alcuni monasteri inglesi: ciò gli permise inoltre di farsi conoscere dalla nobiltà del paese ed apprezzare dalla corte di Londra.
Nel 1076 Anselmo pubblicò il “Monologion” per soddisfare il desiderio dei monaci di meditare sull’essenza divina. Questa sua prima opera si rivelò un capolavoro per la densità e lucidità di pensiero circa l’esistenza di Dio, i suoi attributi e la Trinità. Ad essa seguì il “Proslogion”, più celebre della precedente per l’assai discusso argomento che escogitò a dimostrazione dell’esistenza dell’Essere supremo, in sostituzione dei lunghi e noiosi ragionamenti che aveva esposto nel “Monologion”.
“Dio è l’essere di cui non si può pensare il maggiore; il concetto di tale essere è nella nostra mente, ma tale essere deve esistere anche nella realtà, fuori della nostra mente, perché, se esistesse solo nella mente, se ne potrebbe pensare un altro maggiore, uno, cioè, che esistesse non solo nella mente, ma anche nella realtà fuori di essa”.
Era venerato e amato in Inghilterra che il 6 marzo 1093, in seguito alle pressioni dei vescovi, dei signori e di tutto il popolo, fu eletto dal re Guglielmo II il Rosso arcivescovo di Canterbury (sede ormai vacante dalla morte di Lanfranco avvenuta nel 1089).
“Voi volete soggiogare insieme un toro non domo e una povera pecora. Il toro trascinerà la pecora tra i rovi e la farà a pezzi senza che sia servita a nulla. La vostra gioia si muterà in tristezza. Vedrete la chiesa di Canterbury ricadere nella vedovanza vivente il suo pastore. Nessuno di voi oserà resistere dopo di me e il re vi calpesterà a piacimento”.
La situazione della Chiesa inglese era effettivamente molto triste in quel periodo a causa della simonia (1), della decadenza dei costumi e della violazione della libertà religiosa da parte del re. Sant’Anselmo tentò di rimediare a tutto ciò, nella scia della riforma adottata da San Gregorio VII.
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Nel 1097, dopo l’insuccesso di una campagna militare diretta a sedare una rivolta in Galles, Guglielmo accusò Anselmo di avergli fornito una quantità insufficiente di truppe e gli ordinò di comparire presso il tribunale reale; Anselmo rifiutò e chiese al re di potersi recare a Roma per chiedere consiglio al Papa, ma ciò gli venne negato. Nel corso di un negoziato che si tenne a Winchester, Anselmo venne messo di fronte a due possibilità: partire, ma in questo caso non avrebbe più potuto fare ritorno al suo incarico di arcivescovo, o rimanere, ma avrebbe dovuto pagare un risarcimento a Guglielmo e rinunciare a ogni ulteriore appello a Roma.
Anselmo, deciso a difendere la visione di una Chiesa non sottomessa ad alcuna autorità terrena,scelse l’esilio, e nell’ottobre 1097 lasciò l’Inghilterra diretto a Roma. Guglielmo si impossessò immediatamente delle rendite della sede arcivescovile di Canterbury, anche se formalmente Anselmo conservò la carica di arcivescovo.
Il papa lo ricevette e nel 1098 lo invitò al Concilio di Bari, convocato per ricondurre all’unità della Chiesa gli aderenti allo scisma consumatosi nel 1054 tra Oriente ed Occidente. Nelle questioni discusse Sant’Anselmo apparve come il teologo dei latini; confutò vittoriosamente le obiezioni degli avversari contro tematiche riguardanti lo Spirito Santo e la Trinità (la processione dello Spirito Santo).
Nel 1099 prese ancora parte al sinodo di Roma. Qui furono ribaditi i decreti contro la simonia, il concubinato dei chierici e la reinvestitura laica. Partì poi per Lione, dove fu però costretto a trattenersi poiché il re non lo autorizzava a tornare alla sua sede. In Italia aveva completato il suo grande trattato sui “Motivi dell’Incarnazione”, mentre a Lione ne ultimò un altro “Sulla nascita verginale di Cristo e il peccato originale”.
Nel 1110 Enrico Beauclerc successe al fratello Guglielmo sul trono inglese e, desiderando avere l’arcivescovo di Canterbury tra i suoi sostenitori, lo invitò a ritornare. Il nuovo sovrano non aveva però alcuna intenzione di rinunciare a spadroneggiare sulla Chiesa, motivo per cui nel 1103 Anselmo, inflessibile nella difesa dei suoi diritti, dovette una seconda volta andare in esilio a Roma. Dopo lunghe trattative con il nuovo papa Pasquale II, il sovrano rinunciò infine all’investitura dei feudi ecclesiastici, accontentandosi solo dell’omaggio. Nel 1106 il primate poté così ritornare nella sua sede e dedicare all’intenso lavoro pastorale gli ultimi anni della sua vita.
Non potendo più camminare, si faceva quotidianamente trasportare in chiesa per assistere alla Messa. Sul letto di morte provò solo il rimpianto di non aver avuto tempo sufficiente per poter chiarire il problema dell’origine dell’anima.
Sant’Anselmo morì il 21 aprile 1109 a Canterbury e fu sepolto nella celebre cattedrale.
Il pontefice Alessandro III nel 1163 concesse all’arcivescovo Tommaso Becket, di procedere all’“elevazione” del corpo del suo predecessore. Atto che a quel tempo corrispondeva a tutti gli effetti ad un’odierna canonizzazione. Sant’Anselmo d’Aosta, infine annoverato tra i Dottori della Chiesa da Clemente XI l’8 febbraio 1720.
Ti prego, Signore,
fa’ che gusti attraverso l’amore
quello che gusto attraverso la conoscenza.
Fammi sentire attraverso l’affetto
ciò che sento attraverso l’intelletto.
Tutto ciò che è tuo per condizione
Fa’ che sia tuo per amore.
Attirami tutto al tuo amore;
fa’ tu, o Cristo,
quello che il mio cuore non può.
Tu che mi fai chiedere concedi. Amen.
(Autore: Fabio Arduino – Fonte santiebeati.it)
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