Oggi la Chiesa ricorda Giona (823 a.C.; † 782 a.C.) è un personaggio dell’Antico Testamento, profeta ebreo, il quinto dei dodici profeti minori. È il protagonista dell’omonimo Libro dell’Antico Testamento.
Commemorazione di san Giona, profeta, figlio di Amittai, sotto il cui nome è intitolato un libro dell’Antico Testamento. La sua celebre uscita dal ventre di un grosso pesce è interpretata nel Vangelo come prefigurazione della Risurrezione del Signore.
Il profeta Giona, “figlio di Amittai”, compare due volte nell’Antico Testamento e non si hanno altre notizie su di lui. Secondo il Libro dei Re il profeta Giona avrebbe proclamato che la riconquista dei territori perduti era voluta da Dio, stimolando o favorendo così l’iniziativa bellica di Geroboamo (II Re 14,25). Secondo la tradizione rabbinica il profeta Giona sarebbe il figlio della vedova di Zarepta resuscitato da Elia (I Re 17, 17-24).
Nel primo capitolo il Signore comanda a Giona, figlio di Amittai, di andare a predicare a Ninive. Giona invece fugge a Tarsis su una nave, che è investita da un temporale e rischia di colare a picco dalla violenza delle onde. Giona allora ritrova improvvisamente il proprio coraggio e svela ai compagni di viaggio che la colpa dell’ira divina è sua, poiché ha rifiutato di obbedire al Signore.
E così, nel secondo capitolo Giona è gettato in mare, ma un “grande pesce” (da nessuna parte è precisato che si tratti di una balena) lo inghiotte. Dal ventre del pesce, dove rimane tre giorni e tre notti, Giona rivolge a Dio un’intensa preghiera, che ricorda uno dei Salmi. Allora, dietro comando divino, il pesce vomita Giona sulla spiaggia.
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Nel terzo capitolo, Giona mette in atto la sua missione e va a predicare ai niniviti. Questi, contro ogni aspettativa, gli credono, proclamano un digiuno, si vestono di sacco e Dio decide di risparmiare la città. Ma qui riemerge l’istinto ribelle di Giona: lui non è contento del perdono divino, voleva la punizione della città di Ninive.
Così, nel quarto capitolo, si siede davanti alla città e chiede a Dio di farlo morire. Il Signore fa spuntare un ricino di uva sopra la sua testa per apportargli ombra ed egli se ne rallegra. Ma all’alba del giorno dopo un verme rode il ricino che muore, il sole e il vento caldo tornano a flagellare Giona, che invoca di nuovo la morte. Il Libro di Giona potrebbe essere una “parabola” o un midrash, se non una novella, ricca di contenuto teologico e profetico.
La permanenza di Giona per tre giorni e tre notti nel ventre del pesce ha conosciuto un’importante lettura cristologica nel Nuovo Testamento. Così recita infatti Mt 12,40:
Anzi, alla “generazione perversa” che domanda un segno, Gesù non promette altro che il segno di Giona. I tre giorni trascorsi da Giona nel ventre del mostro richiamano la risurrezione di Gesù “il terzo giorno”. Infatti, secondo il linguaggio biblico, “tre giorni” rappresenta lo spazio di tempo al di là del quale la morte è definitiva ed irreversibile. Anche la pronta conversione dei niniviti è contrapposta da Gesù all’incredulità dei suoi contemporanei. Fonte it.cathopedia.org
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