Giovanni Fisher nacque a Beverly nel 1469. Umanista e teologo apprezzato, fu cancelliere dell’università di Cambridge e vescovo di Rochester. Di lui diceva Erasmo: «Non c’è uomo più colto né vescovo più santo». Subì numerose pressioni perché riconoscesse il matrimonio di Enrico VIII con Anna Bolena e l’Atto di Supremazia nel quale il re veniva dichiarato «Capo supremo dopo Cristo della Chiesa d’Inghilterra».
Al suo rifiuto, venne giustiziato il 22 giugno del 1535. Tommaso Moro nacque a Londra nel 1478. In gioventù coesistevano in lui l’amore per il chiostro e il desiderio di formare una famiglia. Prevalse quest’ultima aspirazione. Si sposò ed ebbe 4 figli, tre femmine e un maschio. Padre affettuoso, ci ha lasciato delle lettere tenerissime dirette alla figlia Margaret. Ebbe una carriera straordinaria: avvocato, politico e umanista, scrittore e amico di Erasmo, diplomatico e cancelliere del regno. Tutto ebbe termine quando a sua volta si trovò di fronte alla necessità di dover decidere tra il riconoscimento dell’Atto di supremazia e la sua coscienza. Optò per quest’ultima affermando: «L’uomo è la sua coscienza e non altro». Condannato a morte, venne giustiziato il 6 luglio del 1535. Giovanni Fisher e Tommaso Moro vennero proclamati santi nel 1935, esattamente 400 anni dopo la loro morte. Giovanni Paolo II proclamò Tommaso Moro patrono dei politici e dei governanti.
Etimologia: Giovanni = il Signore è benefico, dono del Signore, dall’ebraico
Emblema: Bastone pastorale, Palma
Martirologio Romano: Santi Giovanni Fisher, vescovo, e Tommaso Moro, martiri, che, essendosi opposti al re Enrico VIII nella controversia sul suo divorzio e sul primato del Romano Pontefice, furono rinchiusi nella Torre di Londra in Inghilterra. Giovanni Fisher, vescovo di Rochester, uomo insigne per cultura e dignità di vita, in questo giorno fu decapitato per ordine del re stesso davanti al carcere; Tommaso More, padre di famiglia di vita integerrima e gran cancelliere, per la sua fedeltà alla Chiesa cattolica il 6 luglio si unì nel martirio al venerabile presule.
Lo svegliano in cella: “Sono le 5. Alle 10 sarai decapitato”. Risponde: “Bene, posso dormire ancora un paio d’ore”. Questo è Giovanni Fisher, vescovo di Rochester, nella Torre di Londra, estate del 1535. Un maestro di coraggio elegante (come il suo amico Tommaso Moro, già Gran cancelliere del regno, anche lui nella Torre aspettando la scure). Figlio di un orefice, Giovanni è stato a Cambridge come studente e poi come promotore del suo sviluppo, aiutato da Margherita di Beaufort, nonna di Enrico VIII. Sacerdote nel 1491, nel 1514 lascia Cambridge perché nominato vescovo di Rochester, e si dedica solo alla diocesi. Ma la rivoluzione luterana, con i suoi riflessi inglesi, lo porta in prima fila tra i difensori della Chiesa di Roma, con i sermoni dottrinali e con i libri, tra cui il De veritate corporis et sanguinis Christi in Eucharistia, del 1522, ammirato in tutta Europa per la splendida forma latina. E fin qui egli si trova accanto a re Enrico, amante della cultura e “difensore della fede”.
Nella primavera 1534 viene portato alla Torre di Londra Tommaso Moro, e poco dopo lo segue Giovanni Fisher. Sanno che cosa li aspetta. E il papa Paolo III immediatamente no mina Fisher cardinale, sperando così di salvarlo: e invece peggiora tutto. Re Enrico infatti dice: “Io farò in modo che non abbia più la testa per metterci sopra quel cappello”. Come previsto, i processi per entrambi, distinti, finiscono con la condanna a morte. Ma loro due, da cella a cella e senza potersi vedere, vivono sereni l’antica amicizia e si scambiano lettere e doni: un mezzo dolce, dell’insalata verde, del vino francese, un piatto di gelatina… Sono regali di un loro amico italiano, Antonio Bonvini, commerciante in Londra e umanista.
Alle 10 del 22 giugno 1535, Giovanni Fisher va al patibolo. Per tre volte gli promettono la salvezza se accetta l’Atto di Supremazia. Lui risponde con tre affabili no, e muore sotto la scure. La sua testa viene esposta in pubblico all’ingresso del Ponte sul Tamigi. Quindici giorni dopo uno dei carnefici la butterà nel fiume, per fare posto alla testa di Tommaso Moro. Nel 1935, in Roma, papa Pio XI li proclamerà santi insieme. E sempre insieme li ricorda la Chiesa.
Autore: Domenico Agasso
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