“Non trascurare il catechismo per nessun motivo”: consiglio normale in bocca ad un prete. Assume però valore di testamento, se si considera che viene pronunciato pochi minuti prima dell’esecuzione, alla quale il prete viene condotto in mezzo a botte, spintoni ed insulti. In effetti, la catechesi è stata il chiodo fisso di Don Pedro Esqueda Ramìrez.
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Don Pedro Esqueda Ramìrez è nato a San Juan de Los Lagos, in Messico, il 29 aprile 1887. Per lui, chierichetto e piccolo cantore, entrare in seminario a 15 anni è quasi naturale conseguenza di una vocazione sbocciata in tenera età.
Dopo l’ordinazione diaconale, il seminario di Guadalajara viene occupato dai rivoluzionari e Pedro deve così tornare nella sua parrocchia di origine, dove ha tutto il tempo di esercitarsi nella pastorale fino al 1916, quando finalmente è ordinato sacerdote.
Arrivare al sacerdozio e tuffarsi nella catechesi per Pedro è un tutt’uno, convinto com’è essere questo l’unico strumento per formare cristiani convinti, anche in vista della persecuzione religiosa che si sta preannunciando. Don Pedro conosce tutta l’importanza di avere a disposizione buoni e ben preparati catechisti e tra le sue prime preoccupazioni ci sono proprio le scuole di formazione per gli operatori della catechesi parrocchiale.
La persecuzione religiosa si fa più crudele nel 1926 con la chiusura di tutte le chiese e l’uccisione di molti sacerdoti. Anche don Pedro, insieme a tutti i sacerdoti di San Juan de Los Lagos, deve abbandonare la parrocchia.
Ma solo ufficialmente, perché dal territorio parrocchiale non si allontanerà mai. Ospitato, a rischio della vita, dai parrocchiani, cambia spesso nascondiglio e riesce a continuare clandestinamente il suo ministero, celebrando ora in questa ora in quella casa, in un clima da catacombe. Incredibile a dirsi, anche in queste condizioni riesce a dare continuità alla crociata eucaristica , che in tempo più tranquilli era stato il punto di forza del suo ministero parrocchiale. Con la sola differenza che, adesso, per l’adorazione eucaristica continua, bisogna cercare la casa in cui, a turno, l’Eucaristia è esposta, nella semioscurità per non dare troppo nell’occhio.
I parrocchiani sempre più insistentemente gli consigliano prudenza e i familiari fanno pressioni perché si metta in salvo in un’altra città. A tutti risponde, invariabilmente, di aver messo la sua vita nelle mani di Dio, che saprà fare quello che sarà meglio per lui. Una famiglia fa scavare nel pavimento della casa un rifugio per lui, delle dimensioni sufficienti per nascondere anche paramenti, vasi sacri e registri parrocchiali. Di qui esce comunque tutte le volte che i parrocchiani hanno bisogno di lui.; forse anche troppo, tanto che neppure quei è al sicuro. Il 18 novembre 1927 celebra la sua ultima messa, terminandola con una lode al Sacro Cuore cantata sottovoce: è sereno, anche se cosciente del pericolo che incombe.
Non ha neppure il tempo di posare i paramenti che una sua sorella arriva trafelata ad avvisarlo dell’imminente arrivo della polizia. Avrebbe ancora il tempo di fuggire, ma si limita a calarsi nel nascondiglio sotterraneo, sulla cui apertura i padroni di casa spostano un pesante mobile, nella speranza con questo di ingannare i militari. Che arrivano poco dopo, rovistano ovunque, andando però a colpo sicuro sul nascondiglio, di cui evidentemente hanno raccolto sufficienti informazioni. Viene subito arrestato e trascinato via. E’ insultato e pestato a sangue, con il viso tumefatto, una larga ferita aperta su una guancia, il braccio destro fratturato in più punti. “Sarai pentito, adesso, di esserti fatto prete”, gli dice una delle guardie che più ha infierito su di lui. “Neanche per un istante”, gli risponde dolcemente don Pedro, “e mi manca poco per andare in cielo”.
Il 22 novembre lo fanno uscire per trasportarlo al luogo dell’esecuzione;è circondato e quasi accompagnato da un gruppetto di bambini. Ha il tempo di raccomandare ad uno di essi l’assidua frequenza del catechismo e di scrivere su un pezzo di carta le sue ultime raccomandazioni per le sue catechiste.
Lo finiscono pochi minuti dopo con tre colpi di pistola, regalando così alla Chiesa messicana un nuovo martire.
Giovanni Paolo II° ha canonizzato il 21 maggio 2000.
Autore: Gianpiero Pettiti
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