Nel villaggio di Cemmo in Lombardia, beata Annunziata Cocchetti, vergine, che resse con saggezza, fortezza e umiltà l’Istituto delle Suore di Santa Dorotea da poco fondato.
Etimologia: Annunciata = ricorda l’annunciazione a Maria
Emblema: Giglio
La vita
Terza dei sei figli di Marc’Antonio Cocchetti e Giulia Albarelli, di classe sociale borghese, nacque a Rovato in provincia di Brescia il 9 maggio 1800. Col Battesimo, ricevuto tre giorni dopo la nascita, nella Collegiata di Santa Maria Assunta, ricevette i nomi di Annunciata Asteria.
A sette anni rimase orfana dei genitori: perse prima la madre per una probabile broncopolmonite, poi il padre, soldato nell’esercito di Napoleone. I tre fratelli che la seguirono, invece, morirono in tenera età, prima della madre.
Lo zio Carlo, che risiedeva a Milano ed era impegnato negli affari e in politica fu nominato tutore degli orfani; prese con sé la nipote maggiore, Giuseppina, e inviò Vincenzo nel Collegio degli Orfani di Guerra. Annunciata, invece, rimase dalla nonna, che non le fece mancare affetto e cure.
La sua prima istruzione fu presso le Dimesse Orsoline di Rovato, dove fu anche preparata alla Prima Comunione e alla Cresima: ricevette quest’ultimo Sacramento il 28 febbraio 1810 dalle mani di monsignor Gabrio Maria Nava, vescovo di Brescia.
Giovane educatrice in ricerca vocazionale
Quando ebbe 17 anni, la nonna le concesse di aprire nella sua casa una scuola gratuita per le fanciulle povere del paese. Non molto tempo dopo, Annunciata partecipò a una missione popolare, in seguito alla quale assunse un impegnativo Metodo di vita, per un più serio cammino di fede.
In seguito alla missione, l’oratorio femminile si rinnovò con la collaborazione di don Luca Passi e accolse la Pia Opera di Santa Dorotea con il suo metodo per la formazione delle ragazze del popolo. Annunciata ne divenne assidua frequentatrice.
A 22 anni, in seguito a una riforma scolastica dell’Impero austriaco, Annunciata dovette chiudere la scuola domestica. Per continuare a insegnare, conseguì l’abilitazione e fu assunta come prima maestra della scuola femminile comunale di Rovato.
In quel periodo ebbe l’occasione di incontrare santa Maddalena di Canossa, intenta a realizzare l’idea di apertura di una casa della sua Congregazione, le Figlie della Carità, nella zona bresciana. Annunciata avrebbe desiderato entrare fra le madri Canossiane, ma la fondatrice intuì in lei altra chiamata e le suggerì di continuare la sua ricerca.
A Milano la decisione si compie
Alla morte della nonna, avvenuta il 19 aprile 1823, lo zio Carlo volle che anche Annunciata lo raggiungesse a Milano. Coltivava per lei l’idea di una sistemazione con un buon matrimonio, cercava di distoglierla dalle sue inclinazioni religiose, ma la nipote, pur acquisendo nuove esperienze, non rinunciò alla sua vocazione, che ormai si faceva chiara.
In seguito ad alcuni scambi con don Luca Passi, Annunciata seppe di una piccola scuola per le ragazze, aperta in Valcamonica. Una sera del 1831, la giovane concretizzò la propria decisione: anziché partecipare a una serata di gala al Teatro alla Scala, lasciò una lettera sullo scrittoio dello zio e partì per Cemmo.
A Cemmo: l’impegno nella scuola
La scuola che l’attendeva era stata fondata dalla nobildonna Erminia Panzerini e gestita da una sua nipote con lo stesso nome. Annunciata si mise quindi al fianco della Panzerini come maestra, incrementando le iniziative scolastiche e di assistenza a bambine e ragazze. Fu fedele collaboratrice per dieci anni, attiva e intelligente, amando e stimando la Direttrice, nonostante la profonda diversità di temperamento e mentalità; divenne maestra e madre per tutte le ragazze della valle, desiderose di istruzione e di educazione.
Annunciata nelle Suore Maestre di Santa Dorotea
Nel frattempo don Luca Passi aveva fondato a Venezia la Congregazione delle suore Maestre di Santa Dorotea, in appoggio alla Pia Opera di Santa Dorotea. Annunciata e Erminia Panzerini chiesero di farne parte, ma prima che il loro desiderio si realizzasse, Erminia morì il 2 maggio 1842.
Tuttavia, sul finire dell’anno scolastico, Annunciata partì per Venezia. Dopo un brevissimo tempo di formazione, il 3 ottobre 1842 vestì l’abito religioso e tornò a Cemmo il 9 dello stesso mese, con altre due suore; emise i voti nel 1843.
Dotata di spiritualità robusta e di un notevole senso pratico, suor Annunciata iniziò la sua vita di consacrata con profondo spirito di preghiera, con grande amore per Gesù Eucaristico e zelo ardente per la salvezza della gioventù. Ogni domenica, raggiungeva a piedi qualche parrocchia dei paesi vicini, dove l’attendevano le animatrici dell’Opera di Santa Dorotea.Tutte insieme collaboravano fattivamente all’apostolato.
La nascita delle Suore Dorotee di Cemmo
Nel 1853 fu inaugurato il noviziato a Cemmo, sotto la protezione delle sante Dorotea e Angela Merici. Negli anni successivi Suor Annunciata si dedicò alla sua comunità, alla scuola e particolarmente alle sezioni della Pia Opera sparse nei vari paesi. Aprì il collegio per ospitare le ragazze che venivano da lontano e curò progressivamente l’ampliamento del convento e delle strutture necessarie alla crescente attività educativa.
Alla morte di don Luca Passi, avvenuta nel 1866 (è stato beatificato nel 2013), il vescovo di Brescia,monsignor Girolamo Verzeri, chiese che la comunità della Suore di Santa Dorotea residente a Cemmo fosse alle sue dirette dipendenze: intendeva difenderla dagli influssi negativi di una teoria perniciosa che stava diffondendosi.
Anni nascosti e fecondi
Suor Annunciata obbedì alle disposizioni del vescovo. Continuò con la sua passione educativa, rimanendo semplice e nascosta, nell’accoglienza sempre più profonda dell’Amore con cui Dio l’aveva amata per primo, nella contemplazione del Crocifisso e testimoniando il Vangelo. Dalle sue lettere traspare la cura che aveva per le maestre, le ragazze e le suore. Indagini seguite all’apertura del suo processo di beatificazione hanno fatto emergere la sua tenacia nel difendere l’istituto dalle leggi eversive del Regno d’Italia nel 1866, ma anche la sua generosità nei confronti degli operai che lavoravano all’ampliamento e al servizio del convento.
Trascorse gli ultimi nove anni di vita priva della vista, senza lasciarne trasparire i disagi. Assistita da suor Illuminata Alberti per le questioni tecniche di governo, manifestava sempre delicatamente la sua carità, fino a lasciare tutti i giorni, sul muretto di cinta del convento, un pane perché qualche povero potesse nutrirsene senza l’umiliazione di doverlo chiedere.
La morte
La mattina del 18 marzo 1882, madre Annunciata scese in cappella come al solito per la Messa, ma dopo la Comunione si sentì male. Uscì solo quando tutte le preghiere comunitarie erano concluse, sperando che il malore passasse. Invece sopraggiunse la febbre e il medico le diagnosticò una malattia mortale. Annunciata chiese che le fossero amministrati il Viatico, l’Unzione degli infermi e la benedizione apostolica “in articulomortis”.
Mentre le suore la circondavano in lacrime, lasciò loro il suo testamento spirituale: «Io muoio; sia fatta la volontà di Dio. Voi restate ancora; amatevi da buone sorelle, compatitevi reciprocamente, vivete tranquille e concordi nell’osservanza della Regola, fatevi sante operando molto bene nelle giovani a voi affidate. Ricevete di buon grado la superiora che dopo la mia morte vi verrà data e obbeditele volentieri».
Il 23 marzo, dopo cinque giorni e una breve agonia, madre Annunciata rese l’anima a Dio; aveva 82 anni. Il cimitero di Cemmo, dopo un funerale a cui partecipò l’intero paese, accolse le sue spoglie.
Il processo di beatificazione
Col passare degli anni, il ricordo di madre Annunciata non venne meno, benché lei stessa, in punto di morte, avesse richiesto: «Non fate di me alcuna memoria se non per suffragare l’anima mia». La sera del 22 gennaio 1951 avvenne in privato la traslazione delle sue spoglie, che furono tumulate nell’atrio della Cappella di Casa madre.
Nello stesso anno, il 6 agosto, è aperto nella diocesi di Brescia dal Vescovo ausiliare monsignor Pietro Gazzoli, il Processo ordinario informativo per la causa di beatificazione; fu concluso il 17 febbraio 1955. Il 20 giugno 1972 la Congregazione per le Cause dei Santi decretò l’introduzione della causa, che assunse natura di “causa storica”. Il processo apostolico fu convalidato insieme a quello informativo il 17 ottobre 1987. Nel frattempo si erano radunati, il 27 maggio 1986, i consultori storici, che approvarono la “positio super virtutibus”.
In seguito al parere positivo dei consultori teologi, il 27 settembre 1988, e dei cardinali e vescovi membri della Congregazione per le Cause dei Santi, il 7 marzo 1989, san Giovanni Paolo II autorizzò, il 13 maggio 1989, la promulgazione del decreto che dichiarava Venerabile madre Annunciata.
Il miracolo e la beatificazione
In vista della beatificazione, fu preso in esame il caso veramente insolito di Bortolina Milesi, che aveva un tumore maligno all’intestino. Invocò madre Annunciata insieme alle suore e alla famiglia e, improvvisamente, si ritrovò guarita; all’epoca del fatto aveva tredici anni.
La questione venne indagata negli anni 1952-’53 nel processo ordinario diocesano sul miracolo; fu convalidato il 17 ottobre 1987. Due anni dopo, il 18 ottobre 1989, i membri della Giunta Medica si espressero positivamente circa l’inspiegabilità scientifica della guarigione; il loro parere fu confermato il 19 gennaio 1990 dai consultori teologi e, il 24 aprile 1990, dai cardinali e vescovi membri della Congregazione per le Cause dei Santi.
Il 10 luglio 1990 san Giovanni Paolo II autorizzò la promulgazione del decreto che riconosceva la guarigione di Bortolina Milesi come miracolosa e avvenuta per intercessione di madre Annunciata Cocchetti.
La Beatificazione si svolse in piazza San Pietro a Roma il 21 aprile 1991; nella stessa celebrazione, elevate agli altari suor Chiara Bosatra e madre Maria Teresa del Sacro Cuore di Gesù (al secolo Marie-Thérèse Haze).
La memoria liturgica della Beata Annunciata Cocchetti, per le Suore Dorotee di Cemmo e la diocesi di Brescia, è stata fissata all’11 maggio. I suoi resti mortali, dopo la beatificazione, sono stati composti in un’urna collocata sotto l’altare della cappella di Casa madre.
Autore: Emilia Flocchini e suor Giulia Entrade, ISDC