A Milano, beata Maria Anna Sala, vergine della Congregazione delle Suore di Santa Marcellina, che, maestra di una scienza fondata sulla fede e sulla pietà, si dedicò con tutte le sue forze all’istruzione della gioventù femminile.
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Nasce a Brivio (Lecco), il 21 aprile 1829; era la quinta di otto figli di Johann Maria Sala e Giovannina Comi, profondamente cristiani e di agiate condizioni economiche, il padre era commerciante di legname. Al battesimo, che le fu amministrato il giorno stesso della nascita, le furono imposti i nomi di Maria Anna Elisabetta.
Verso gli undici anni fu mandata a studiare a Vimercate presso il collegio tenuto dalle Suore di Santa Marcellina, dette Marcelline. Quell’Istituto era stato da poco fondato nel 1838 da monsignor Luigi Biraghi, uomo di vasta cultura e profonda pietà, professore e direttore spirituale nel Seminario Maggiore di Milano, dottore della Biblioteca Ambrosiana.
Il suo scopo era formare la donna con una cultura adeguata e con conoscenze teologiche, affinché potesse portare la saldezza della fede nella società dell’epoca, colta e operosa, ma turbata da pericolose e nuove ideologie. Come patrona scelse santa Marcellina, che fu educatrice dei suoi fratelli, i santi Ambrogio e Satiro.
Per la chiarezza e la novità dei metodi e la fermezza delle virtù delle prime suore, l’Istituto fiorì in modo eccezionale. Maria Anna venne affidata per la sua formazione culturale e spirituale a madre Marina Videmari, la cofondatrice.
Il 16 novembre 1846, appena conseguita la patente di I° grado, tornò in famiglia, dove profuse tutta la sua bontà consolatrice specie nella malattia della madre e nella rovina finanziaria del padre. Nel frattempo operava nell’apostolato fra i fanciulli, i sofferenti e i bisognosi della parrocchia.
Quando sentì la chiamata di Dio a una vita più consacrata e dedita alla scuola, scelse proprio le Marcelline, rivolgendosi per essere accolta come postulante, nel 1848, allo stesso monsignor Biraghi.
La sua indole si adattò perfettamente alla regola dell’Istituto, che richiedeva un misto di intensa vita interiore e di una spiccata azione apostolica ed educativa fra le alunne (si occupano dell’istruzione e dell’educazione cristiana della gioventù e si dedicano all’apostolato missionario).
Il 13 settembre 1852 pronunciò i voti perpetui con ventiquattro compagne, in quella che fu la prima professione pubblica delle Marcelline.
Svolse la sua attività come insegnante di scuola elementare e di musica nel Collegio di Cernusco sul Naviglio e poi nelle case di Milano (via Quadronno, Casa generalizia, e via Amedei). Ebbe il merito di essere chiamata «Regola vivente» e tra le alunne «la madre delle anime».
Durante la seconda guerra d’Indipendenza, nel 1859, prestò le sue cure ai feriti nell’ospedale militare di San Luca, insieme ad altre consorelle.
Nel 1868 venne inviata a Genova come vicesuperiora , direttrice degli studi e maestra delle classi superiori. In più, durante le vacanze autunnali degli anni 1873 e 1874, seguì le suore e le alunne italiane che si trovavano a Chambery in Savoia per imparare il francese: in quella località, nel 1876, fu aperto un collegio per allieve italiane e francesi.
Dopo nove anni d’insegnamento a Genova fu chiamata di nuovo a Milano, come insegnante dei corsi superiori e assistente di madre Videmari.
L’11 agosto 1879 le Marcelline e le loro allieve persero monsignor Luigi Biraghi, da tempo ammalato. Madre Marina Videmari, incoraggiata dall’arcivescovo Nazari di Calabiana e dal cardinale protettore dell’Istituto, Gaetano Alimonda, assunse su di sé la responsabilità di tutta l’opera, ma le sue condizioni fisiche erano ormai declinanti. Lasciò a sua volta questo mondo nella casa di via Quadronno a Milano, alle due del mattino del 10 aprile 1891.
Alle sofferenze morali si aggiunse un carcinoma al collo che, pur non facendo rallentare la sua intensa attività, le causava acuti dolori. Li nascondeva sorridendo, allo stesso modo con cui celava il rigonfiamento con una sciarpa nera, oppure lo chiamava “vezzo [collana] di perle”.
Nell’autunno del 1891, appena dopo i primi giorni di scuola, suor Maria Anna dovette essere ricoverata nell’infermeria del collegio di via Quadronno. Per quindici giorni fu preda di tremende sofferenze. Morì il 24 novembre.
La sua fama di santità non venne meno, alimentata e diffusa dalle consorelle, ma anche dalle ex-alunne. Una di esse fu Giuditta Alghisi, che in seguito sposò Giorgio Montini e diede alla luce Giovanni Battista, il futuro papa Paolo VI.
Il 29 gennaio 1920 la tomba di suor Maria Anna, nel cimitero di Cernusco sul Naviglio, venne aperta per caso: la sua salma apparve incorrotta. Quel fatto, insieme alla guarigione di suor Melania Gulfi, diede la spinta decisiva a chiedere l’introduzione della causa di beatificazione: nel 1977, da papa Paolo VI è stata proclamata venerabile.
Come potenziale miracolo per la beatificazione è stato considerato il caso della signora Giuseppina Perasso Rampon, di Busalla in provincia di Genova, guarita da una gravissima forma di peritonite nel 1931. Giovanni Paolo II l’ha beatificata il 26 ottobre 1980.
I resti mortali si trovano presso la cappella della casa delle Suore Marcelline in Cernusco sul Naviglio.
Signore Dio, Trinità santissima, che nella infinita tua misericordia ti compiacesti di insignire di doni eletti la Beata Maria Anna Sala, umilmente ti supplico affinché, se ciò è conforme alla tua gloria, tu voglia farmi conoscere quanto Ella ti sia cara, concedendomi per sua intercessione la grazia che ora ti domando.
(breve pausa di preghiera personale, poi:)
Padre nostro, Ave Maria, Gloria.
Cuore di Gesù, confido in te.
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