Festa di san Marco Evangelista, che a Gerusalemme dapprima accompagnò san Paolo nel suo apostolato. Poi seguì i passi di san Pietro, che lo chiamò figlio. Si tramanda che a Roma abbia raccolto nel Vangelo da lui scritto le catechesi dell’Apostolo e che abbia fondato la Chiesa di Alessandria.
LEGGI: Lettura e commento al Vangelo di oggi
Patronato: Segretarie
Etimologia: Marco = nato in marzo, sacro a Marte, dal latino
Emblema: Leone
San Marco Evangelista, è un personaggio del Nuovo Testamento ed è tradizionalmente ritenuto l’autore del vangelo secondo Marco; fu discepolo dell’apostolo Paolo, e in seguito di Pietro. È venerato come santo da varie Chiese cristiane, tra cui quella cattolica, quella ortodossa e quella copta, che lo considera proprio patriarca.
Nacque in Palestina sotto l’imperatore Augusto. Sappiamo poco o nulla della sua giovinezza e della sua famiglia. Dal Nuovo Testamento, unica fonte di informazioni su di lui, sappiamo che era cugino di Barnaba (lettera ai Colossesi 4,10) e che quindi era ebreo di stirpe levitica.
Negli Atti degli Apostoli abbiamo un primo riferimento preciso su di lui nell’episodio in cui si descrive la liberazione “miracolosa” di Pietro dalla prigione:
«Dopo aver riflettuto, si recò alla casa di Maria, madre di Giovanni detto anche Marco, dove si trovava un buon numero di persone raccolte in preghiera» (12,12)
Secondo il brano sua madre si chiamava Maria e a quel tempo abitava a Gerusalemme. Si noti anche che Marco aveva due nomi, uno greco-romano e uno ebreo; quello ebreo era Giovanni. A quel tempo era un’usanza abbastanza comune tra gli israeliti: basti ricordare Paolo, che viene indicato anche con il nome di Saulo. In altri passi degli Atti viene chiamato o con il nome di Giovanni o con quello di Marco o con entrambi.
Date le poche informazioni non sappiamo se conobbe direttamente Gesù. Ma se abitava a quel tempo a Gerusalemme deve aver perlomeno sentito parlare di Lui. Di sicuro sappiamo che, pochi anni dopo la morte del Maestro, gli apostoli e i discepoli si riunivano a casa di sua madre.
Il fatto che sia l’unico evangelista a menzionare la fuga di un giovinetto che seguiva da lontano gli avvenimenti della cattura di Cristo nell’orto degli ulivi: «Un giovanetto però lo seguiva, rivestito soltanto di un lenzuolo, e lo fermarono. Ma egli, lasciato il lenzuolo, fuggì via nudo» (14,1.51.52); fa supporre fondatamente che sia egli stesso questo giovinetto.
«Vi saluta la comunità che è stata eletta come voi e dimora in Babilonia; e anche Marco, mio figlio» apprendiamo che si trovava con lui a Babilonia (che, nel linguaggio dei primi cristiani, indicava la Roma pagana ed idolatra). A tutt’oggi la basilica romana di San Marco testimonia la presenza di Marco a Roma, visto che, secondo una tradizione, fu eretta sul luogo in cui sorgeva la casa in cui risiedette l’evangelista nel suo soggiorno nella Capitale dell’Impero. Essa si trova proprio di fronte al Campidoglio, nel centro dell’antica Roma, e non come l’abitazione di Paolo, nel ghetto ebraico sulla sponda del Tevere.
Secondo Eusebio, Pietro e Marco giunsero a Roma per la prima volta nel 41 d.C. Il fatto che Pietro, nella sua lettera, chiami il nostro Evangelista come mio figlio fa pensare che debba aver ricevuto il battesimo dallo stesso Principe degli Apostoli.
Dagli Atti apprendiamo che partì insieme a Paolo e a suo cugino per Antiochia. Viene indicato come aiutante di Paolo quando egli predicava a Salamina (Cipro) (Atti 13,5). In seguito, lo stesso libro ci riferisce che abbandona Paolo, forse spaventato dalle tremende fatiche degli spostamenti dell’apostolo o dalla crescente ostilità che lo stesso incontrava.
«Salpati da Pafo, Paolo e i suoi compagni giunsero a Perge di Panfilia. Giovanni si separò da loro e ritornò a Gerusalemme» (13,13)
Paolo partì per consolidare le chiese della Siria e della Cilicia e si scelse come compagno Sila mentre Marco partì con suo cugino per Cipro (Atti 15,37.41). Questo accadde nel 52 d.C.. Negli Atti queste sono le ultime indicazioni che troviamo dell’evangelista.
«Vi saluta Aristarco, il mio compagno di prigione, e Marco, il cugino di Barnaba (intorno al quale avete ricevuto ordini; qualora venisse da voi, ricevetelo), e Gesù detto il Giusto, i quali sono della circoncisione; fra questi sono i soli miei collaboratori per il regno di Dio, in quanto mi sono stati di consolazione» (4,10ss)
Qualche anno più tardi lo ritroviamo in compagnia di Pietro, che lo cita nella sua prima lettera come indicato in precedenza. Questo dimostra la sua grande attività svolta negli anni cinquanta non solo a Cipro. Forse rientrato in oriente prima della persecuzione scatenata da Nerone nel 64, ma Paolo nel 66 lo rivuole con sé. Come indicato nella sua lettera a Timoteo:
«Affrettati a venire da me al più presto… Solo Luca è con me. Prendi Marco e conducilo con te, perché mi è utile per il ministero» (4,9-11)
Dopo la morte a Roma del principe degli Apostoli, non vi sono più notizie certe su Marco.
La tradizione lo vuole evangelizzatore in Egitto e fondatore della chiesa di Alessandria che lo vuole come suo primo vescovo. Altra tradizione vuole che Marco – prima di rientrare in Egitto – fosse stato inviato da Pietro nella metropoli alto-adriatica di Aquileia – capoluogo della X Regio Venetia et Histria – per curare l’evangelizzazione dell’area nord-est. A Marco si deve la scelta del primo Vescovo della Chiesa-madre di Aquileia (Ermagora, associato sempre al suo diacono Fortunato) dalla quale deriverà, in tempi e per complesse vicende successive, il titolo del Patriarcato di Grado poi assorbito da Venezia.
Nella Basilica di Aquileia (la cui cripta è affrescata con il ciclo della Predicazione di San Marco) e poi nella sede patriarcale di Cividale del Friuli si conservava il “Vangelo di san Marco”, attribuito dalla tradizione alla stessa mano dell’Evangelista.
Il testo (in realtà tardivo) è denominato “Evangelarium Forojuliense” ed è oggi ripartito in tre parti: una conservata nel Museo archeologico nazionale di Cividale; la seconda nell’Archivio Capitolare del Duomo di Praga (dono del Patriarca di Aquileia Nicola di Lussemburgo al fratellastro Carlo IV, Sacro Romano Imperatore nel XIV secolo); la terza nella Biblioteca Marciana di Venezia (ambita preda di guerra dopo la conquista del Friuli da parte della Serenissima nel 1420).
Non vi sono notizie certe su dove, come e quando Marco morì. Eusebio sostiene che la sua morte sia avvenuta ad Alessandria, dove venne ucciso facendo trascinare il suo corpo per la città, questa versione dei fatti viene riportata anche nella Legenda Aurea.
Le sue spoglie vengono trafugate con uno stratagemma da due mercanti veneziani nell’anno 828 e trasportate, dopo averle nascoste in una cesta di ortaggi e di carne di maiale, a Venezia, dove pochi anni dopo verrà dato inizio alla costruzione della Basilica che ancora oggi ospita le sue reliquie. Un frammento di esse è pure conservato nella chiesa di San Marco in Città a Cortona, in Toscana, che condivide con Venezia lo stemma comunale del leone alato ed il patronato.
Tutti e quattro gli Evangelisti hanno un simbolo che generalmente viene raffigurato vicino al Santo nelle pitture e nelle sculture. Questi simboli sono associati al Vangelo del Santo. Il simbolo di san Marco è il leone alato, perché inizia il suo Vangelo con la voce di san Giovanni Battista che, nel deserto, si eleva simile a un ruggito, preannunciando agli uomini la venuta del Cristo.
Il leone di san Marco viene rappresentato in più modi: “andante”, cioè in piedi sulle quattro zampe, come se camminasse, e con un libro aperto sotto una zampa con su scritto Pax Tibi Marce Evangelista Meus; oppure rannicchiato.
Dato che san Marco Evangelista è il patrono di Venezia, la Serenissima ha assunto il leone di San Marco come proprio simbolo. Per Venezia, anche il libro diventava un simbolo: di pace, quando era rappresentato aperto, di guerra, quando era rappresentato chiuso. Sempre in tempo di guerra il leone poteva essere rappresentato senza il libro, bensì con una spada. Esiste un unico caso in cui sono presenti spada e libro contemporaneamente.
Il Vangelo scritto da Marco, considerato dalla maggioranza degli studiosi come “lo stenografo” di Pietro. Va posto cronologicamente tra quello di San Matteo (scritto verso il 40) e quello di San Luca (scritto verso il 62). Esso fu scritto tra il 50 e il 60, nel periodo in cui Marco si trovava a Roma accanto a Pietro.
“Marco come fu collaboratore di Pietro nella predicazione del Vangelo, così ne fu pure l’interprete e il portavoce autorizzato nella stesura del medesimo e ci ha per mezzo di esso, trasmesso la catechesi del Principe degli Apostoli, tale quale egli la predicava ai primi cristiani, specialmente nella Chiesa di Roma”.
Il racconto evangelico di Marco è scritto con vivacità e scioltezza. In ognuno dei sedici capitoli che lo compongono, seguono uno schema altrettanto semplice. La predicazione del Battista, il ministero di Gesù in Galilea, il cammino verso Gerusalemme e l’ingresso solenne nella città, la Passione, Morte e Resurrezione.
Tema del suo annunzio è la proclamazione di Gesù come Figlio di Dio. Rivelato dal Padre, riconosciuto perfino dai demoni, rifiutato e contraddetto dalle folle, dai capi, dai discepoli. Momento culminante del suo Vangelo, è la professione del centurione romano pagano ai piedi di Gesù crocifisso: “Veramente quest’uomo era Figlio di Dio”. Si tratta della piena definizione della realtà di Gesù e la meta cui deve giungere anche il discepolo.
Fonte santiebeati.it – Autore: Antonio Borrelli
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