Emblema: Bastone pastorale
Luigi Versiglia nacque il 5 giugno 1873 a Oliva Gessi, in provincia di Pavia. A 12 anni venne mandato a Torino a studiare alla scuola di san Giovanni Bosco, il quale, in un fugace incontro nel 1887, gli disse: «Vieni a trovarmi ho qualcosa da dirti». Don Bosco non potè più parlare con Luigi perché si ammalò e morì.
Il giovane era legatissimo alla figura di don Bosco, tanto che, per rispondere alla chiamata vocazionale, decise a 16 anni di emettere i voti religiosi nella congregazione dei Salesiani.
Dopo aver completato gli studi superiori, frequentò la Facoltà di Filosofia all’Università Gregoriana di Roma e le ore libere le trascorreva fra i giovani. Venne ordinato sacerdote nel 1895 a soli 22 anni. L’anno dopo fu nominato direttore e maestro dei novizi nella Casa di Genzano di Roma, carica che tenne per dieci anni, durante i quali si distinse per le notevoli capacità formative sui futuri sacerdoti.
Fin dal principio la sua aspirazione era quella di raggiungere le missioni per portare Cristo ai popoli. Aspirazione che si realizzò a 33 anni, diventando il responsabile dei primi Salesiani che nel 1906, con coraggio e fede indomita, partirono alla volta della lontanissima, per quei tempi molto più di oggi, nazione cinese.
Padre Versiglia si stabilì a Macao dove fondò la Casa Madre dei Salesiani, che divenne un attivo centro di apostolato e di fede per tutti i cattolici della città e dove il missionario si occupò con grande amore dei bambini soli. Nella città era da tutti conosciuto come il «padre degli orfani».
Aprì la missione di Shiu Chow nella regione del Kwangtung, nel sud della Cina, della quale nel 1920 venne nominato e consacrato primo vescovo e Vicario Apostolico. Fu un vero pastore, completamente dedito ai fedeli e nonostante le molte difficoltà, in un tempo di gravi tensioni sociali e politiche, che culmineranno con la nascita della nuova Repubblica cinese, il Vescovo riuscì a dare una solida struttura alla diocesi, realizzando un seminario, alcune case di formazione, delle residenze, un orfanotrofio, scuole, casa di riposo per anziani e lavorando notevolmente nell’opera catechistica. Monsignor Versiglia fu un vero maestro, padre e pastore dall’enorme anima caritatevole, un punto di riferimento sia per i sacerdoti salesiani che per i cinesi, nel quale riconoscevano la dedizione totale e disinteressata.
Intanto la situazione politica in Cina era alquanto agitata: la nuova Repubblica Cinese, nata il 10 ottobre 1911, con il generale Chang Kai-shek, aveva riportato all’unità la Cina, sconfiggendo nel 1927 i signori della guerra che tiranneggiavano varie regioni. Ma la pesante infiltrazione comunista nella nazione e nell’esercito, sostenuta dall’Unione Sovietica di Stalin, aveva persuaso il generale ad appoggiarsi alla destra e a dichiarare fuori legge i comunisti (aprile 1927), avviando così una feroce guerra civile.
Il 23 febbraio 1930 mons. Versiglia, insieme al giovane missionario Callisto Caravario, due maestri, le loro giovani sorelle e una catechista, partirono in barca per raggiungere la missione di Lin-chow. Una zona devastata dalla guerra civile. Il pericolo maggiore per i missionari cristiani era rappresentato dai guerriglieri comunisti e dai pirati. Una decina di banditi fermò la barca. Lo fecero chiedendo 500 dollari per lasciarla passare, minacciando di morte i passeggeri.
Quando si accorsero delle ragazze a bordo, decisero di rapirle, ma mons. Versiglia e don Caravario cercarono di impedirlo con tutte le forze, tra le percosse dei briganti. Sopraffatti, furono condotti in un bosco vicino e lì fucilati. Le tre ragazze e i due giovani che erano con loro testimonieranno poi il coraggio e la serenità con cui il vescovo Versiglia e don Caravario affrontarono la morte. Persino uno degli esecutori avrebbe detto “Sono cose inspiegabili, ne abbiamo visti tanti… tutti temono la morte. Questi due invece sono morti contenti e queste ragazze non desiderano altro che morire…“.
Era il 25 febbraio 1930. Le tre ragazze furono liberate alcuni giorni dopo dall’esercito regolare
Canonizzato il 1 Ottobre 2000 da San Giovanni Paolo II.
Autore: Cristina Siccardi
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