A Torino, san Massimo, primo vescovo di questa sede, che con la sua parola di padre chiamò folle di pagani alla fede di Cristo e le guidò con la celeste dottrina al premio della salvezza.
Etimologia: Massimo = grandissimo, dal latino
Emblema: Bastone pastorale, Mitra, Casula, Pallio
La vita
Nella lista dei vescovi torinesi figura al primo posto San Massimo, semplicemente in quanto non è storicamente accertata la presenza di suoi eventuali predecessori. Alcune improbabili leggende vorrebbero invece che Massimo sia succeduto ad un certo San Vittore.
Massimo nacque in un imprecisato paese dell’Italia settentrionale nella seconda metà del IV secolo. Chiamato a reggere la nuova cattedra episcopale di Julia Augusta Taurinorum appena eretta dal suo maestro Sant’Eusebio di Vercelli. Il sacerdote marsigliese Gennaio, storico cristiano, nella sua opera “De viris illustribus” ci presenta Massimo quale profondo conoscitore delle Sacre Scritture. Era un forbito predicatore ed autore di parecchie preziose opere che gli hanno meritato di essere considerato uno dei padri minori della Chiesa universale. La citazione di Gennaio termina precisando che Massimo visse regnati Onorio e Teodosio il Giovane. Soppravisse però ad entrambi e prese parte al Sinodo di Milano nel 451. Comparendo tra i firmatari di una lettera inviata in tale occasione al papa San Leone Magno. Presenziò inoltre al Concilio di Roma nel 465. In un documento di quest’ultimo la firma di Massimo segue immediatamente la firma del papa Ilario ed essendo la precedenza determinata dall’età si può supporre che fosse già parecchio anziano e si morto non molto tempo dopo. Molti storici collocano però la sua morte assai prima, solitamente verso il 423.
La poderosa mole di scritti tradizionalmente attribuiti a San Massimo costituisce indubbiamente un tesoro di inestimabile interesse per gli storici della teologia. L’edizione del 1784 curata da Bruno Bruni comprendeva ben 116 sermoni, 118 omelie e 6 trattati, oggi oggetto di un attento esame di autenticità. In quanto alcuni di essi potrebbero essere in realtà attribuibili ad altri autori, anche se non mette in dubbio che il corpus principale di tali opere sia innegabilmente di Massimo e ciò permetta di ricavarne alcuni dati storici e spirituali circa la sua vita terrena.
Nel 397 fu testimone del martirio dei Santi Alessandro, Sisinnio e Martirio, vescovi missionari in Rezia. I suoi testi ci danno l’opportunità di scoprire i costumi e le condizioni di vita della popolazione lombarda ai tempi delle invasioni gotiche, in un’omelia è contenuta la descrizione della distruzione di Milano operata da Attila. Tramandò così la memoria dei primi martiri torinesi: “Tutti i martiri devono essere onorati con grandissima devozione, ma devono essere onorati da noi in modo speciale questi di cui possediamo le reliquie […] dimorarono con noi, sia che ci custodiscano mentre viviamo nel corpo sia che ci accolgano quando lo abbandoniamo”. Purtroppo si limitò però a citarne nel titolo i loro nomi, Ottavio, Avventore e Solutore, senza specificare nulla di più sul loro conto.
Approfittò di due omelie di ringraziamento per rammentare ai cristiani il dovere di lodare Dio quotidianamente in particolar modo con l’ausilio dei Salmi, mattino e sera, prima e dopo i pasti. Famose inoltre le sue esortazioni a fare il segno della croce prima di compiere qualsiasi azione, per assicurarsi sempre una benedizione. Condannò infine coloro che vendevano in cambio di denaro il perdono dei peccati anziché prescrivere adeguate penitenze.
Indubbiamente una grande fama di santità circondò il vescovo Massimo già in vita e la venerazione nei suoi confronti fu perpetuata dai fedeli dopo la sua morte. Il suo culto non incontrò però purtroppo particolare fortune nei secoli successivi. Forse anche a causa della mancanza dei suoi resti mortali, solitamente centro della devozione popolare nei confronti di un santo. A Collegno ancora oggi sorge un’antica chiesa e ciò ha portato a supporre che essa avesse accolto per motivi ignoti la tomba di San Massimo, anche se dopo vari scavi archeologici nulla è mai venuto alla luce. A Torino solo nel XIX secolo gli furono dedicati un edificio sacro e la strada ad esso adiacente e sempre in tale secolo si tentò un processo per attribuirgli il prestigioso titolo di “Dottore della Chiesa”.
Solo dal 2004 nella Basilica Cattedrale Metropolitana di San Giovanni Battista, in occasione del rinnovo degli arredi liturgici del presbiterio voluto dall’arcivescovo cardinal Severino Poletto, San Massimo è stato raffigurato sulla nuova cattedra episcopale destinata ai suoi successori. Recentemente anche la nuova parrocchia ortodossa russa di Torino è stata a lui dedicata. L’intera Regione Pastorale Piemontese, comprendente le diocesi di Valle d’Aosta e Piemonte tranne Tortona, commemora il protovescovo torinese al 25 giugno nel suo calendario liturgico. Fonte santiebeati.it