Don Domenico De Luca parroco di Zuccaro, popolosa frazione del comune di Valduggia, fece richiesta, nel 1683, alla curia romana di un corpo santo da destinare alla venerazione della sua comunità parrocchiale; l’8 aprile dello stesso anno gli venne concesso quello di Bonifacio, recuperato nel 1680 dal cimitero di Calepodio, come attestato sull’autentica firmata da monsignor Giuseppe Eusanio, prefetto della Sacrestia Pontificia.
Il 20 luglio successivo lo stesso parroco chiedeva l’autorizzazione alla curia diocesana di poter costruire un’apposita cappella da adibire alla conservazione ed alla venerazione della reliquia, con la dispensa del riposo festivo al fine di completare l’opera nel minor tempo possibile. Dieci giorni prima, il 10 luglio, si era commissionata a Giovanni Giacomo Fantino, originario della località Colma, l’urna per contenere il corpo del santo e l’altare ligneo in cui doveva essere collocata. L’opera che venne eseguita è di grande valore artistico e fu completata nell’arco di soli due anni, per la sua realizzazione l’autore s’ispirò al lavoro compiuto, probabilmente da lui stesso, per la conservazione del corpo santo di Cirillo nella chiesa parrocchiale di San Lorenzo a Cellio. Anche a Zuccaro, infatti, l’altare si compone di due parti: quella inferiore dove è collocata l’urna e quella superiore, in cui è sistemata una tela che raffigura il santo. Il dipinto, realizzato con la tecnica ad olio da un autore rimasto fino ad ora sconosciuto, presenta Bonifacio nell’atto di battezzare un altro personaggio, identificabile, per la foggia degli abiti e la presenza delle insegne regali di corona e scettro deposti ai suoi piedi, come un sovrano. La presenza di quest’iconografia molto specifica (non si tratta della generica scena di martirio di un soldato romano) deriva dalla confusione compiuta, anche se non è ben chiaro per opera di chi ed in quale momento, con un episodio della vita di San Bonifacio religioso camaldolese, che si dedicò all’evangelizzazione di alcune regioni dell’Europa orientale.
Egli, consacrato vescovo da papa Giovanni XVIII, fu martirizzato in Moravia il 9 maggio del 1009 ed è ricordato dal Martirologio Romano al 19 giugno e al 15 ottobre. In particolare, il possibile riferimento iconografico è al presunto battesimo che egli avrebbe amministrato ad un sovrano ruteno, attirandosi le ire del fratello pagano che lo avrebbe poi fatto uccidere. Nonostante questa raffigurazione, non sembra che nella località valsesiana si è mai creduto di possedere le reliquie di questo vescovo. Il corpo di Bonifacio reca tra le mani un foglio in cui è riportato il testo del voto, formulato dalla comunità nel 1944 nel corso del secondo conflitto mondiale, col quale essa si impegna, se il paese fosse stato risparmiato dalla distruzione minacciata nell’ambito delle rappresaglie della guerra partigiana, a solennizzare nuovamente nell’ultima settimana di luglio, la festa del santo andata in disuso, come ancora oggi avviene in adempimento al voto formulato.
Autore: Damiano Pomi
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