Bisogna dire che su questi tre martiri, la fantasia degli agiografi antichi, si è sbizzarrita nel raccontarne la vita. Il racconto, purtroppo di nessun valore storico, proviene da un’antica ‘Passio’, riportata in una iscrizione del 1406. Il loro culto nella Marsica aquilana è del sec. XI, quando il vescovo Pandolfo, destinatario di un documento di papa Stefano IX nel 1057, fa una ricognizione delle reliquie dei martiri Simplicio, Costanzo, Vittoriano e le fa riporre sotto l’altare maggiore di S. Giovanni Vecchio, l’antica Collegiata di Celano (L’Aquila).
In seguito detta città fu distrutta da Federico II nel 1222, e quindi riedificata sul Colle S. Vittorino, e le citate reliquie furono trasportate in una cappella della nuova chiesa, il 10 giugno 1046, con l’iscrizione sopra citata.
Ponzio l’inviò a Roma per farli condannare a morte; non mancarono prodigi avvenuti durante il viaggio, una fanciulla di Ravenna, cieca da otto anni, per le loro preghiere, riebbe la vista. Giunti a Roma volevano visitare e pregare sulla tomba degli apostoli Pietro e Paolo, ma ne vennero impediti dalle guardie; allora Dio intervenne, liberandoli dalle catene e permettendo così il pellegrinaggio desiderato, insieme ad una folla di cristiani.
A questo punto seguì una colossale rissa fra pagani e cristiani, con grandi perdite da parte dei pagani. I tre francesi vennero di nuovo arrestati e portati alla presenza dell’imperatore Antonino Pio, che in quel periodo si trovava in Marsica, per trascorrevi un periodo di riposo estivo.
Allora vennero condannati ad essere squartati da quattro giovenche infuriate, ma queste non si mossero; alla fine il 26 agosto del 159 ca. vennero decapitati ad “Aureum fontem”, denominazione con la quale, lo scrittore intese certamente indicare il luogo, dove poi sorgerà la chiesa di S. Giovanni Vecchio a Celano, che anche in altri testi, viene detto “S. Ioannis in capite acquae”.
Alla loro morte segui un terremoto e uno dei carnefici si convertì ed insieme ad altri, si recò dal diacono Fiorenzo, pregandolo di scrivere gli ‘Atti’ del martirio dei tre santi, raccontandogli tutti i particolari, che furono così tramandati.
In questa narrazione sono tutti presenti gli elementi, che gli antichi agiografi, inserivano nei racconti aurei delle vite e delle morti dei martiri. Apparizioni di Angeli, liberazioni improvvise, prodigi miracolosi, Dio non è presentato solo per esaltare i suoi martiri, ma anche per vendicarne le pene o la morte.
Ad ogni modo i nomi di Simplicio, Costanzo e Vittoriano, furono inseriti nel ‘Martirologio Romano’ al 26 agosto, solo nel 1630; riconoscendo così comunque, l’esistenza reale dei tre martiri, che si è pensato pure, fossero in realtà tre persone non della stessa famiglia, ma provenienti da luoghi diversi come Roma, Perugia, Amiterno e accomunati nel martirio, subito nella Marsica.
Autore: Antonio Borrelli
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