A cavallo della decisione di papa Gregorio XII di unificare nel 1584 la loro festa liturgica al 26 luglio, si andavano diffondendo i vari patronati specialmente per Anna, che significa “grazia “ e anche “misericordia”, molto meno, quasi niente, per Gioacchino, che etimologicamente sta per “Dio solleva”. Il nucleo di intercessioni per le quali la madre della Vergine è invocata ancora oggi è assai ampio, sicuramente non meno di una ventina. La maggior parte riguarda l’ambito della famiglia, ma anche l’area sanitaria come febbri e neuropsicopatie. Pure molte categorie di lavoratori sono poste, non sempre in maniera particolarmente motivata, sotto la protezione di Anna.
La vicenda terrena dei genitori straordinari di Maria, la madre di Gesù, è insieme delicata e illuminante. Volendo ben riflettere, essi sono i nonni del Messia, quasi il simbolo della vecchia umanità che sa aprirsi alla fecondità della grazia, il simbolo di un vecchio tronco sul quale Dio andava innestando i germogli della fede e della santità cristiana. Quindi quella vicenda non può che intrecciarsi con tanto di miracoloso.
Paradossalmente delle due figure così importanti nella storia della salvezza non vi è alcuna traccia nei Vangeli canonici. Di loro viene trattato ampiamente nel Protovangelo di S. Giacomo, un vangelo apocrifo del II secolo. Le elaborazioni posteriori di tale documento aggiunsero via via altri particolari, che soltanto la devozione andava dettando.
Dunque Anna e Gioacchino erano una coppia anziana senza figli. Lei era una israelita della tribù di Giuda, figlia del sacerdote betlemita Mathan, con discendenza quindi dalla stirpe davidica. Lui era invece un galileo, molto ricco, solito a offrire una parte del ricavato dei suoi beni al popolo e un’altra parte in sacrificio al Signore. Proprio in occasione della presentazione di un proprio sacrificio al tempio di Gerusalemme, egli veniva accusato di indegnità per la mancanza di prole nella sua unione con Anna. In Israele andava così allora nei riguardi della sterilità, considerata una mancanza della benedizione e del favore divino.
Gioacchino fu sconvolto da quel fatto e la moglie particolarmente rattristata. Così egli lasciò la casa per ritirarsi nel deserto a piangere nonché a pregare ed a digiunare per ottenere misericordia da Dio. Questa non si fece attendere: un angelo apparve prima a Gioacchino e poi ad Anna per informarli che il grembo inaridito dalla vecchiaia avrebbe dato miracolosamente alla luce la più dolce e santa delle creature. Anna attese il ritorno del marito, che stava per diventare padre, sulla porta di casa e li si strinsero baciandosi. Tale porta diventò nelle varie elaborazioni della vicenda la porta aurea di Gerusalemme, simbolo della ianua coeli. La porta del cielo cioè, che sarà riaperta al genere umano per mezzo della Immacolata Concezione della Vergine. Essa diventerà un frequente attributo nell’iconografia dei due genitori.
L’arte pittorica dal 1100 in avanti produsse poi una serie di capolavori con varie altre figurazioni, oltre all’incontro con bacio tra i due sulla porta, quali l’annuncio del-l’angelo, un nido di uccelli, le carezze a Maria Bambina, gli insegnamenti dei genitori alla figlia, la presentazione di Maria al tempio e altre ancora. Ritornando al documento apocrifo citato, Anna e Gioacchino, per mantenere un voto di ringraziamento al Signore, avrebbero lasciata al tempio la propria figliola, quando questa ebbe compiuto i tre anni di età.
Dopo qualche tempo essi morirono serenamente, anche se, per aggiungere un altro particolare, alcuni pittori si spinsero a raffigurare la morte di Anna molto più tardi onde farla assistere, nel momento del passaggio, dal nipote Gesù Bambino. Per i dipinti di Anna è anche il caso di ricordare che il suo manto è stato quasi sempre presentato in verde, il colore della gemma a primavera: come sopra accennato, in lei è in effetti germogliata la speranza del mondo.
Di Mario Benatti
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