Odoardo nacque il 6 giugno 1907 a Carpi, nell’omonima diocesi (provincia di Modena). Ebbe in tutto tre fratelli, frutto dei due matrimoni del padre, Tobia Focherini: il primo con Maria Bertacchini, che aveva dato alla luce anche Odoardo, ma morì nel 1909; il secondo con Teresa Merighi, che gli fece da mamma.
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Il padre era originario del Trentino, precisamente di Cellentino in Val di Peio: la famiglia era emigrata nella Pianura Padana, dopo la chiusura delle miniere di Fucine in Val di Sole. A Carpi il padre aprì un negozio di ferramenta, nel quale collaborò anche Odoardo dopo le scuole elementari e tecniche.
Odoardo frequentò come tanti ragazzi carpigiani la vita dell’oratorio, dove fece due incontri importanti. Il primo fu con don Armando Benatti, apostolo della gioventù, che si occupò della sua formazione religiosa. In seguito strinse un intenso legame con Zeno Saltini, poi sacerdote e fondatore di Nomadelfia, che gli trasmise l’interesse per l’impegno socio-politico.
Nel 1924, non ancora ventenne, fu tra i fondatori de «L’Aspirante», il primo giornale cattolico per ragazzi, che divenne mezzo di collegamento nazionale per i ragazzi di Azione Cattolica in Italia.
Durante una vacanza in Val di Non, vicino alla valle di origine del padre, Odoardo conobbe Maria Marchesi, della quale si innamorò. Uniti dalla stessa visione cristiana della vita, si sposarono il 9 luglio 1930; dal loro matrimonio nacquero sette figli desiderati ed amati.
Odoardo iniziò a lavorare nella Società Cattolica di Assicurazioni di Verona il 1° gennaio 1934, con il ruolo di ispettore per le zone di Carpi, Ferrara, Udine e Pordenone.
Il suo poco tempo libero era dedicato ad attività apostoliche, come conferenze sociali e religiose e i congressi eucaristici diocesani; fu anche membro fondatore della sezione locale dell’Unitalsi e impegnato nella Società di San Vincenzo de Paoli. Curava anche una compagnia filodrammatica ed era membro di una società ciclistica. Allo stesso tempo, promosse il movimento degli scout a Carpi.
Continuò senza interruzione il suo impegno nell’Azione Cattolica: nel 1928 divenne presidente della Federazione Giovanile Maschile e membro della Giunta Diocesana di A. C.; nel 1934 fu eletto presidente della Sezione Uomini. Infine, nel 1936, passò all’incarico più alto: presidente dell’Azione Cattolica diocesana. Per i suoi meriti ecclesiali, nel 1937, papa Pio XI gli concesse la croce di Cavaliere di San Silvestro.
L’apostolato della stampa lo coinvolse pienamente: fu cronista attento e scrupoloso per la diocesi di Carpi presso «L’Avvenire d’Italia» e altre testate. Nel 1939 Odoardo ricevette un altro incarico importante: amministratore de «L’Avvenire d’Italia» nell’allora sede di Bologna.
Con l’ingresso dell’Italia nella seconda guerra mondiale, nel giugno 1940, Odoardo organizzò un ufficio di contatto con i soldati al fronte. L’ufficio aveva due sedi: la Curia vescovile di Carpi e la sua abitazione di Mirandola.
Nel 1942, il direttore de «L’Avvenire d’Italia», Raimondo Manzini, gli affidò l’incarico di mettere al sicuro alcuni ebrei polacchi, giunti in Italia con un treno della Croce Rossa Internazionale e inviati a Bologna dal cardinale Pietro Boetto, arcivescovo di Genova.
Con l’inizio dell’intensificazione delle deportazioni razziali, dopo l’8 settembre 1943, creò una rete per l’espatrio verso la Svizzera, che salvò la vita a più di cento ebrei in collaborazione col sacerdote Dante Sala.
L’11 marzo 1944, Odoardo si recò all’ospedale Ramazzini di Carpi, sotto il pretesto di andare a trovare l’ebreo Enrico Donati: in realtà, doveva organizzarne la fuga verso la Svizzera. Fece in tempo a metterlo in salvo, ma all’uscita fu atteso dal reggente del Fascio di Carpi, che lo invitò a seguirlo con urgenza dal questore di Modena.
Giunto in Questura, gli venne comunicato che era in arresto: dopo 48 ore fu trasferito in auto al comando delle SS di Bologna. Lì fu interrogato, quindi venne rinchiuso nelle carceri di San Giovanni in Monte. Solo dal 17 marzo, tramite un amico giornalista a cui aveva scritto, riuscì a far pervenire delle lettere alla sua famiglia a Mirandola ed ai genitori a Carpi.
Le sue 166 lettere (di cui la maggior parte clandestine), che coprono il periodo dalla sua prigionia fino alla morte, costituiscono un prezioso documento storico e di conoscenza del suo animo profondamente cristiano e del suo legame con la famiglia.
Il 5 luglio 1944 fu trasferito al campo di concentramento di Fossoli presso Carpi: vi rimase un mese, riuscendo ad avere un facile contatto con i familiari perché si fece assegnare all’ufficio di posta.
Il 5 agosto seguente fu deportato nel campo di Gries, vicino Bolzano. Anche lì come a Fossoli riuscì a farsi assegnare alla posta, quindi riuscì con mille stratagemmi a far pervenire lettere e biglietti; incontrò di nuovo a Gries l’amico Teresio Olivelli (Venerabile dal 2015).
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Il 5 settembre 1944 subì un ulteriore trasferimento a Flossenburg nella Baviera Orientale, in uno dei più vasti campi di lavoro e di sterminio realizzati dai nazisti. Dopo circa un mese, fu inviato a Hersbruck, uno dei 74 sottocampi di Flossenburg, vicino Norimberga. Qui dettò a Teresio Olivelli, anche lui internato nello stesso campo, le ultime due lettere alla famiglia.
A causa di una ferita alla gamba, che gli procurò una grave setticemia, Odoardo fu ricoverato in infermeria e fu assistito dall’amico Teresio, che raccolse le sue ultime parole. Si spense in un giorno impreciso tra il 24 e il 27 dicembre 1944. Olivelli morì una ventina di giorni dopo di lui, nello stesso campo, in seguito alle percosse ricevute a difesa di un compagno.
La conferma della sua morte giunse ai familiari e al vescovo di Carpi solo il 4 giugno 1945, con la testimonianza di due sopravvissuti, un sacerdote e il maggiore dei Carabinieri Salvatore Becciu.
Quest’ultimo poté trasmettere alla famiglia di Odoardo i suoi estremi pensieri: «Dichiaro di morire nella più pura fede cattolica apostolica romana e nella piena sottomissione alla volontà di Dio, offrendo la mia vita in olocausto per la mia Diocesi, per l’Azione Cattolica, per il Papa e per il ritorno della pace nel mondo».
La disinteressata e pericolosa attività di Odoardo in favore degli ebrei perseguitati, gli ha meritato svariati riconoscimenti. Anzitutto, la Medaglia d’Oro alla memoria, concessa dall’Unione delle Comunità Israelitiche d’Italia nel 1955, seguita, nel 1969, dal titolo di “Giusto delle Nazioni”, conferito dallo Stato d’Israele. Nel 2007 ha ottenuto la Medaglia d’oro al Merito civile. Inoltre, negli ultimi anni è stato ricordato anche in diversi Giardini dei Giusti in Italia.
Il 12 febbraio 1996 la Santa Sede ha dato il nulla osta per il processo diocesano. Allo scopo d’indagare se la morte di Odoardo Focherini fosse da considerarsi martirio. L’inchiesta, aperta nella diocesi di Carpi il 30 marzo 1996, si è conclusa il 5 giugno 1998 ed è stata convalidata col decreto del 28 maggio 1999.
La sua “Positio super martyrio” è stata consegnata nel 2003 ed è stata in seguito esaminata dai consultori teologi Il 16 ottobre 2007. Invece dai cardinali e vescovi membri della Congregazione delle Cause dei Santi, il 3 aprile 2012. Infine il 10 maggio 2012, è stato promulgato il decreto che lo riconosceva come martire in odio alla fede.
Odoardo Focherini è stato beatificato a Carpi il 15 giugno 2013. La celebrazione presieduta dal cardinale Angelo Amato, Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, come inviato del Santo Padre. È il primo giornalista italiano elevato agli onori degli altari.
Il giorno della sua nascita al Cielo è stato fissato ufficialmente al 27 dicembre, ma la sua memoria liturgica è stata stabilita al 6 giugno, data del suo compleanno.
Autore: Antonio Borrelli ed Emilia Flocchini
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