L’immagine di Maria con il Bambino in braccio fu protagonista nel 1494 di un sanguinamento miracoloso. Il suo messaggio è ancora attuale: «Maria ci offre Gesù perché lei è la via più sicura per arrivare al Figlio»
Il piccolo paesino di Re, in Piemonte, è stato protagonista di un miracolo che ha segnato la sua storia per sempre.
Il 29 Aprile del 1494, in questo piccolo villaggio appartenente al ducato di Milano c’era una chiesetta dedicata a san Maurizio; sul muro esterno si trovava un affresco raffigurante la Madonna che allatta Gesù Bambino.
La sera del 29 aprile, Giovanni Zucono, infuriato perché aveva perso al gioco della piodella, che consisteva nel gettare un sasso il più vicino possibile a delle monete sparse in terra, un valligiano, Giovanni Zucono, poi soprannominato Zuccone, scagliò un sasso contro l’affresco. Colpendo in piena fronte l’immagine della Vergine ». Quel gesto sacrilego ha cambiato la storia di Re.
Un paese che diversamente sarebbe rimasto bello e anonimo, come tanti altri disseminati ai piedi delle Alpi. Infatti, dalla notte del 29 aprile al 18 maggio successivo, a intervalli, dall’immagine della Madonna con in grembo il Bambino, scaturì copioso del sangue.
I devoti asciugarono con panni di lana e strisce di seta. Il parroco ne raccolse alcune gocce in un calice. Il miracolo è documentato in due atti pubblici, redatti da notai dell’epoca e controfirmati dalle massime autorità della valle, i podestà Daniele Crespi e Angiolino Romano.
Attirati dalla notizia del miracolo, arrivarono subito i primi gruppi di devoti. «I pellegrinaggi erano già iniziati nel 1494 », scrive lo storico rosminiano don Tullio Bertamini, autore della più documentata e voluminosa – 860 pagine – storia del santuario, «e altri ne seguirono costantemente, nonostante la “via silvestre e sassosa” di cui parlano i visitatori pastorali».
Ma la svolta si ebbe con Carlo Bascapè, segretario di Carlo Borromeo e quindi vescovo di Novara dal 1593 al 1615. Fu lui, infatti, a promuovere la costruzione del primo santuario, che ingloba la piccola chiesa di san Maurizio, consacrato nel 1627 dal suo successore alla guida della diocesi novarese.
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Oggi il santuario è formato da due edifici incorporati tra loro. Con la grandiosa basilica consacrata nel 1958 a fare da scrigno al santuario del Seicento. Il cuore del complesso resta il tabernacolo che custodisce il prezioso reliquiario. Si tratta di un’ampolla di cristallo sigillata da un tappo di vetro, sospesa a una catenella d’oro, e racchiusa in un calice di vetro con una pezzuola e un frammento di seta intrisi di un liquido che un’indagine, condotta dal professor Judica Cordiglia di Torino nel 1962, ha confermato essere di natura ematica, mentre l’esame radiografico della fronte della Madonna ha evidenziato la frattura causata dallo spigolo di un corpo contundente di forma piatta, la forma della “piodella” utilizzata nel gioco tradizionale all’origine del miracolo.
«Dopo quello del Bascapè, il nome che resta inciso nella storia del santuario», ricorda padre Julita, «è quello di monsignor Antonio Peretti, parroco di Re dal 1898 al 1929, il primo a volere l’imponente basilica per la cui realizzazione sarebbero occorsi più di sessant’anni».
Onnipontente e misericordioso Dio,
che dalla miracolosa immagine
della dolcissima Madre tua
hai fatto sgorgare rivoli di sangue,
concedi che, spenta la sete dell’umano orgoglio,
abbiamo sete di Te, fonte della vera Sapienza.
Tu che vivi e regni nei secoli dei secoli. Amen.
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