Papa Paolo VI è stato il 262º vescovo di Roma e papa della Chiesa cattolica, primate d’Italia e 4º sovrano dello Stato della Città del Vaticano a partire dal 21 giugno 1963 fino alla morte.
Testo di Emilia Flocchini e Giselda Adornato da santiebeati.it
Giovanni Battista Enrico Antonio Maria Montini nasce a Concesio (Brescia) il 26 settembre 189; era il secondogenito di tre fratelli e la sua era una famiglia borghese.
Una grande cerchia di parenti, amici, educatori, trasmise al giovane Battista una fede libera, forte e leale e un grande attaccamento alla Chiesa e al papato.
Brescia viveva un momento di impareggiabile fervore nell’impegno educativo, sociale e religioso dei cattolici. Il padre, Giorgio, esponente di primo piano del cattolicesimo sociale e politico italiano, era impegnato attivamente a rompere l’isolamento in cui vennero a trovarsi i cattolici dopo la proclamazione di Roma a capitale d’Italia. Avvocato, creò le «Leghe bianche» nelle campagne bresciane, l’Unione del Lavoro e il pensionato scolastico. Nel 1881 fu chiamato a dirigere il quotidiano cattolico «Il Cittadino di Brescia». Che guidò fino al 1911. Fu anche fondatore della Casa Editrice «La Scuola», impegnato in cariche pubbliche, presidente del Circolo della gioventù cattolica e dell’Unione elettorale cattolica.
Infine, deputato per tre legislature; aderì subito al Partito Popolare Italiano e ne fondò una sezione a Brescia. La sua casa era frequentata da personaggi come don Luigi Sturzo e Alcide De Gasperi, oggi Servi di Dio.
La madre, Giuditta Alghisi, era una donna di spiccata pietà eucaristica e mariana. Era impegnata nell’Azione Cattolica e dedita a molteplici opere di carità.
Paolo VI dirà: «A mio padre devo gli esempi di coraggio, l’urgenza di non arrendersi supinamente al male, il giuramento di non preferire mai la vita alle ragioni della vita. Il suo insegnamento può riassumersi in una parola: essere un testimone. A mia madre devo il senso di raccoglimento, della vita interiore, della meditazione che è preghiera».
Battista, come lo chiamavano in casa, maturò un carattere riservato e sensibile, ma cordiale e portato alle amicizie, in una famiglia concorde e gioiosa.
Insieme ai fratelli e ai genitori frequentava il Santuario della Madonna delle Grazie. La mamma, con la nonna e la zia paterne, che vivevano in casa, erano particolarmente devote di san Francesco di Sales.
Ricevette la Prima Comunione il 6 giugno 1907. La Cresima quindici giorni dopo.
Nello stesso anno, con i familiari, viene ricevuto in udienza privata dal Papa san Pio X: il suo primo viaggio a Roma.
Nel Collegio “Arici” fu prefetto della congregazione mariana e ricevette diversi premi per profitto, religione e condotta. Da bambino e fino all’ordinazione sacerdotale frequentò le opere giovanili dei padri della Congregazione dell’Oratorio di San Filippo Neri, presso la chiesa di Santa Maria della Pace a Brescia, dove era catechista.
Si legò in particolare ai padri Paolo Caresana e Giulio Bevilacqua, che saranno suoi confidenti e amici fino alla morte. Inoltre svolgeva apostolato nella parrocchia di San Giovanni Evangelista e collaborava al periodico studentesco «La Fionda» e a diverse riviste cattoliche.
Sente la vocazione sacerdotale nel periodo 1913-1916; dovuta in particolare alla frequentazione del convento di San Bernardino, dei benedettini, e ad alcuni ritiri spirituali nella casa filippina di Sant’Antonio, vicino Brescia, e nell’eremo lecchese di San Genesio, dei camaldolesi, insieme ai suoi referenti spirituali, padre Caresana e il curato di Concesio, don Francesco Galloni.
A partire dall’ottobre 1916, frequentò da esterno il Seminario bresciano, grazie ad una speciale dispensa del vescovo. Il 30 novembre 1919 ricevette la tonsura e il 29 maggio 1920 l’ordinazione nel Duomo di Brescia, dal vescovo monsignor Giacinto Gaggia.
Il giorno seguente celebrò la sua Prima Messa nel Santuario della Madonna delle Grazie, manifestando il «trasporto e la continua vertigine di meraviglia di trovarmi segnato da Dio».
Trasferitosi a Roma, nel novembre 1920 entrò al Pontificio Seminario lombardo. Si iscrisse alla facoltà di filosofia tomistica della Pontificia Università Gregoriana e, con uno speciale permesso del vescovo, alla facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università statale. Ma l’anno successivo – dopo un intervento di mons. Giuseppe Pizzardo, segretario di Stato – fu costretto a deviare il corso dei suoi studi, lasciò il Seminario ed entrò alla Pontificia Accademia ecclesiastica. Si iscrisse al secondo anno di Diritto canonico presso la Pontificia Università Gregoriana e dovette interrompere il corso di laurea alla Sapienza.
Nel 1922 si laureò in filosofia tomistica presso l’Accademia romana di San Tommaso d’Aquino e in diritto canonico presso la facoltà giuridica del Seminario di Milano; nel 1924 in diritto civile presso l’Università Lateranense.
Accettò questo radicale cambio delle sue prospettive con umiltà, docile obbedienza ai superiori e amore alla Chiesa.
Nel 1922 fu molto colpito dalla morte di Benedetto XV, che aveva conosciuto personalmente; il nuovo eletto, Pio XI, era molto amico della sua famiglia. Nel 1923 fu addetto per quattro mesi alla segreteria del Nunzio di Polonia a Varsavia. Nell’ottobre 1924 entrò in Segreteria di Stato e sei mesi dopo divenne minutante (funzionario della cancelleria vaticana addetto alla preparazione e alla prima stesura delle lettere di risposta).
Visse il lavoro da «garzone d’ufficio» con impegno assoluto, mantenendo un’onorata povertà personale.
Compì diversi viaggi all’estero, in Francia, Belgio, Austria, Germania, Gran Bretagna, perfezionando la conoscenza delle lingue.Al rientro da Varsavia, venne nominato assistente ecclesiastico del circolo romano della Federazione universitaria cattolica italiana (FUCI), in un momento delicato della vita della federazione. Nel 1925 ne divenne assistente nazionale. Coltivò rapporti di amicizia e confidenza spirituale con decine di giovani, ai quali presentò il concetto di «carità intellettuale», approfondito alla luce della Parola di Dio. In questi anni girò l’Italia per promuovere l’attività della FUCI e tenere conferenze spirituali. Nel 1923-’24 ebbe anche un breve incarico come assistente degli scout del gruppo «Roma XXIII».
Era un periodo difficile, per la propensione del fascismo ad avere il controllo della gioventù. Antifascista convinto, monsignor Montini, operò dunque per raccogliere le migliori intelligenze cattoliche che si formavano nelle Università, così da indicare loro le future mete politiche e sociali; mentre educava questi studenti ad una fede cosciente e preparata, anche liturgicamente.
Fra quei giovani c’erano nomi come Guido Gonella e Giovanni Battista Scaglia, in seguito ministri della Repubblica; Aldo Moro fu presidente centrale della FUCI, nella quale militavano Amintore Fanfani, Giulio Andreotti e altri futuri politici italiani.
Nel 1933 venne costretto a lasciare la FUCI, con suo grande rammarico.
Intanto, nel 1925, nella Curia romana, don Montini ebbe il titolo di cameriere segreto soprannumerario, e divenne monsignore. Tra il 1930 e il 1937 insegnò storia della diplomazia pontificia presso l’Università Lateranense. Nel 1937, ad appena 40 anni, venne nominato Sostituto per gli Affari Ordinari. Si trovò così al cuore della diplomazia vaticana e coltivò rapporti con rappresentanti di tutto il mondo, cattolici e non.
In questi decenni di servizio diplomatico, cercò di curare il più possibile il ministero sacerdotale e di guida spirituale. Svolse il ministero nella parrocchia del Vaticano, Sant’Anna, e nella chiesa di San Pellegrino. Assistette spiritualmente diversi gruppi dell’Azione Cattolica. Inoltre, avviò interventi caritativi e di catechesi nelle borgate romane; fu attivo promotore delle Conferenze di San Vincenzo.
In questi anni mons. Montini fu un fedele collaboratore di Pio XI e soprattutto del cardinal Eugenio Pacelli, dal 1930 Segretario di Stato e nel 1939 eletto Papa col nome di Pio XII. Con lui collaborò quotidianamente per 24 anni. Durante la II guerra mondiale fu a capo dell’Ufficio informazioni del Vaticano per la ricerca dei soldati e dei civili prigionieri o dispersi.
Accompagnò Pio XII nella visita al quartiere romano di San Lorenzo e contribuì al famoso radiomessaggio pontificio all’inizio del conflitto con la nota frase: «Nulla è perduto con la pace! Tutto può esserlo con la guerra».
Organizzò l’Anno Santo del 1950. Appoggiò la fondazione delle ACLI e contribuì alla nascita del Centro Italiano Femminile e delle organizzazioni internazionali del laicato. In questi anni si fece portavoce dell’autorità morale della Santa Sede a servizio della pace. Andò in Olanda, America e Canada.
Il 29 novembre 1952 fu nominato Pro-Segretario di Stato per gli Affari Ordinari, ma rimase un uomo modesto e sobrio, dedito alla carità e alla predicazione.
Il 1 novembre 1954 fu nominato arcivescovo di Milano e consacrato il 12 dicembre dello stesso anni. Succedeva al cardinal Alfredo Ildefonso Schuster (Beato dal 1996). Scelse il motto arcivescovile «In nomine Domini» (Nel nome del Signore).
Lasciò la Segreteria di Stato, dopo trent’anni, e fece l’ingresso ufficiale a Milano il 6 gennaio 1955. Nella diocesi milanese, Montini trovò una situazione socio-politica in piena evoluzione. Caratterizzata dalla ricostruzione civile e industriale post-bellica e dalla massiccia immigrazione dal Sud dell’Italia.
Indisse la grande Missione di Milano, che aveva come tema «Dio Padre» e si svolse dal 5 al 24 novembre 1957. La più grande mai predicata nella Chiesa. L’arcivescovo vi svolse un ruolo di primo piano; portò l’annuncio in decine di sedi e incontrò diverse categorie professionali.
Creò nuovi istituti di formazione, nuovi uffici di curia ed ebbe una grande disponibilità all’ascolto di sacerdoti e laici. Indirizzò nove lettere pastorali alla diocesi. Definito «arcivescovo dei lavoratori», molto vicino alle vicissitudini del mondo del lavoro. Unì le forze vitali della città, dalle fasce imprenditoriali a quelle meno abbienti, per sostenere la costruzione di nuove chiese per i quartieri di periferia. Ne ha concluse ben 123 e ne avviò molte altre. Condusse una moderna pastorale della cultura e dimostrò una forte attenzione ecumenica.
Nel Conclave che seguì la morte di Pio XII viene eletto il cardinal Angelo Giuseppe Roncalli, patriarca di Venezia, il quale assunse il nome di Giovanni XXIII. Nel suo primo Concistoro, il Papa creò cardinale monsignor Montini, primo della lista dei nuovi porporati. Il 15 dicembre 1958 gli impose la berretta cardinalizia e gli assegnò il titolo presbiterale dei Santi Silvestro e Martino ai Monti.
Il cardinal Montini ha compiuto due viaggi apostolici intercontinentali: nel 1960 negli Stati Uniti d’America e in Brasile e nel 1962 in Africa, in visita pastorale alle missioni in Rhodesia e Ghana, e in Sudafrica.
Partecipa attivamente ai lavori del concilio ecumenico vaticano II, che definì «l’ora di Dio». Qui pronuncia due interventi sulla liturgia e sulla chiesa; ne favorì la ricezione anche nella diocesi ambrosiana, con sette «lettere dal Concilio».
Giovanni XXIII morì il 3 giugno 1963. Nel successivo Conclave venne eletto proprio lui, era il 21 giugno 1963; il cardinal Montini assunse il nome di Paolo VI, prendendo il nome dell’Apostolo missionario.
Viene incoronato il 30 giugno 1963 e, in quell’occasione, annotò: «Forse il Signore mi ha chiamato e mi tiene a questo servizio non tanto perché io vi abbia qualche attitudine, o affinché io governi e salvi la Chiesa dalle sue presenti difficoltà, ma perché io soffra qualche cosa per la Chiesa, e sia chiaro che Egli, non altri, la guida e la salva».
Decise di continuare il Concilio Vaticano II, che chiamerà «il catechismo del nostro tempo». Riuscì a portarlo a termine, l’8 dicembre 1965, fra mille difficoltà e contrasti tra i Padri conciliari. Si lasciò guidare dalla fermezza della fede, dimostrò una grande capacità di mediazione, e con paziente tenacia e prudenza, mantenne unita la Chiesa e la traghettò verso il rinnovamento, nella fedeltà al Vangelo e alla tradizione.
L’ultimo messaggio del Concilio fu indirizzato dal Santo Padre Paolo VI ai giovani, sottolineando come «La Chiesa, durante quattro anni, ha lavorato per ringiovanire il proprio volto, per meglio corrispondere al disegno del proprio Fondatore, il grande Vivente, il Cristo eternamente giovane».
Scrisse encicliche fondamentali per la vita e la dottrina della Chiesa: «Ecclesiam suam» (1964), sulla coscienza della Chiesa, il suo rinnovamento e il dialogo della salvezza con il mondo; «Mysterium fidei» (1965) sull’eucaristia; «Populorum progressio», sullo sviluppo dei popoli (1967); «Sacerdotalis caelibatus», sulla natura del sacerdozio e il celibato sacerdotale (1967); «Humanae vitae», sul matrimonio e la regolazione delle nascite (1968): quest’ultima fu aspramente contestata, anche da alcune conferenze episcopali. Meno note sono le due encicliche mariane «Mense Maio» (1965) e «Christi Matri» (1966).
È il primo Papa dopo secoli a uscire dall’Italia. Il primo e più significativo dei suoi viaggi apostolici fu il pellegrinaggio in Terrasanta, (4-6 gennaio 1964), durante il quale incontrò il Patriarca Ecumenico di Costantinopoli Atenagora I, dopo 14 secoli di rottura tra la Chiesa Cattolica ed il mondo ortodosso. Nel 1967, visitando Istanbul, lo vide nuovamente e nello stesso anno lo ospitò in Vaticano.
Gli altri viaggi lo portarono simbolicamente in tutti i continenti. Si recò in India; parlò in favore della pace all’assemblea dell’ONU, primo papa in quella tribuna. Andò a Fatima in Portogallo, in Colombia, a Ginevra, in Uganda. Nel 1970 compì il viaggio più lungo, in Iran, Pakistan, Filippine, Samoa, Australia, Indonesia, Hong Kong, Ceylon. A Manila scampò ad un attentato. Visitò anche tante città italiane e parrocchie romane.
L’evangelizzazione nel rispetto delle culture è al centro della sua importante esortazione apostolica Evangelii nuntiandi (1975).
Conobbe rappresentanti di tutte le religioni del mondo. I suoi incontri personali e il dialogo con i capi delle confessioni cristiane furono ispirati alla valorizzazione del patrimonio comune e al perdono reciproco, senza nascondere le difficoltà del cammino e la lunga attesa necessaria per ottenere la grazia dell’unità.Attuò importantissime riforme nella Chiesa, che voleva più conforme al Vangelo ed efficace nell’evangelizzazione. Dopo la sua incoronazione, depose sull’altare la preziosa tiara, donatagli dall’arcidiocesi di Milano; verrà in seguito venduta a favore dei poveri. Nel 1965 col motu proprio «Integrae servandae», mutò il nome e il regolamento del Sant’Uffizio, che divenne la Congregazione per la dottrina della fede. Nel 1966 si ebbe l’abolizione dell’Indice dei libri proibiti, nel 1967 la riforma delle indulgenze e delle Congregazioni romane, e, con la costituzione apostolica «Regimini Ecclesiae universae», la riforma generale della Curia romana. Nel 1970 sciolse i Corpi armati pontifici, eccetto la Guardia Svizzera. Attuò la riforma liturgica prevista dal Concilio, in particolare approvando con la Costituzione Apostolica «Missale Romanum» il nuovo rito per la celebrazione dell’Eucaristia ed in seguito anche gli altri libri liturgici riformati.
Nel 1970 con il “motu proprio” «Ingravescentem Aetatem» chiese ai cardinali (come in precedenza aveva fatto con vescovi e parroci), al compimento dei 75 anni, di presentare al pontefice la rinuncia al loro ufficio. Stabilì che i cardinali, al compimento dell’80° anno di età, perdessero il diritto alla partecipazione al conclave per l’elezione di un nuovo papa.
Fece costruire la grandiosa aula delle udienze, che oggi porta il suo nome.
Rimodernò uffici e strutture della Santa Sede, chiamando a collaborarvi ecclesiastici e laici da tutto il mondo.
Dovette però affrontare la crisi dei principi di obbedienza e autorità, all’interno della Chiesa e, per la prima volta nella storia, le critiche alla sua persona. La sua direttiva fu: «Parole gravi, atteggiamento deciso e forte, animo fiducioso e sereno». Per rimarcare la centralità dei contenuti della fede, indisse per il 1967-’68 uno speciale Anno della Fede, concluso con la preghiera del «Credo del Popolo di Dio». Parlò moltissime volte in favore della famiglia e della vita nascente, mentre in Italia venivano approvate le leggi sul divorzio e sulla legalizzazione dell’aborto.
Nel 1968 indisse la prima Giornata Mondiale della Pace, fissandola al 1 gennaio.
Sollecito verso i giovani, fin dagli inizi del suo ministero, indicò a loro, e a tutti i fedeli, le vie della gioia della fede e della «civiltà dell’amore». Nel 1975 indisse l’Anno Santo e promulgò l’esortazione apostolica «Gaudete in Domino», primo documento ufficiale di un pontefice sulla gioia cristiana.
Lavorò a tanti livelli per favorire l’incontro tra la Chiesa e la cultura. Anche da Papa continuò a frequentare pensatori, letterati e artisti, ai quali rivolse un famoso discorso durante la messa nella Cappella Sistina, nel 1964. Nel 1973 inaugurò la Collezione d’arte religiosa moderna dei Musei Vaticani.
Nel corso del suo pontificato, papa Paolo VI ha beatificato 60 candidati agli altari nel corso di 39 cerimonie. Il gruppo più numeroso è quello dei 24 martiri di Corea (6 ottobre 1968; canonizzati il 6 maggio 1984). Ha elevato agli altari anche molti fondatori di congregazioni religiose, alcuni dei quali (Luigi Guanella, Clelia Barbieri, Gaspare Bertoni, Vincenzo Grossi) sono in seguito stati canonizzati.
Quanto ai Santi da lui proclamati, sono 82 nel corso di 19 cerimonie. Spiccano i 22 martiri ugandesi (18 ottobre 1964) e i 40 martiri del XVI e XVII secolo in Inghilterra e Galles. Due candidati agli altari, Leonardo Murialdo e Charbel Makhlouf, sono stati sia beatificati (rispettivamente, 3 novembre 1963 e 5 dicembre 1965) sia canonizzati (3 maggio 1970 e 9 ottobre 1977) da lui.
Ha poi attribuito il titolo di Dottore della Chiesa a santa Teresa di Gesù (Lettera apostolica «Multiformis sapientia Dei», 27 settembre 1970), e santa Caterina da Siena (Lettera apostolica «Mirabilis in Ecclesia Deus», 4 ottobre 1970) prime donne ad ottenere questa qualifica.
La sua spiritualità era veramente ricca e affascinante. Univa il desiderio e la contemplazione del mistero di Dio con la sollecitudine verso l’umanità e il dialogo della fede con il tempo presente. Le meditazione delle Scritture e dei Padri della Chiesa, contribuirono a formare in lui una fede salda, associata ad una grande umiltà e fortezza interiore; una speranza persistente nella misericordia divina e nel bene presente negli uomini. Una carità nascosta ma capace di lasciare il segno, anche nel porgere la Verità; una indomita passione per la Chiesa.
Aveva il senso costante della presenza di Dio, che esprimeva continuamente nella preghiera personale e liturgica; da essa attingeva la forza di parlare e di agire senza timore, anche in momenti drammatici, considerati come provvidenziali, per il bene della Chiesa e dell’uomo.
Innamorato di Cristo, coltivò anche fin dall’infanzia la devozione mariana. Il 21 novembre 1964, a conclusione della terza Sessione del Concilio Vaticano II, proclamò la beata Vergine Maria «Madre della Chiesa, cioè di tutto il popolo cristiano, tanto dei fedeli quanto dei Pastori, che la chiamano Madre amantissima». Nel 1967 e nel 1974 pubblicò due esortazioni apostoliche sul culto e il modello di santità mariani.
Il 16 marzo 1978 i terroristi delle Brigate Rosse rapirono il presidente della Democrazia Cristiana Aldo Moro. Nonostante una toccante lettera del Pontefice ai terroristi che ne chiedeva la liberazione, il cui testo fece il giro del mondo, lo statista venne barbaramente assassinato il 9 maggio.
Paolo VI assistette alla messa di suffragio nella basilica di San Giovanni in Laterano, pronunciando un’accorata preghiera, sullo stile delle lamentazioni bibliche, nella quale invocava Dio da uomo di fede, ma gridava anche chiaramente all’Altissimo il suo sgomento per quel crudele epilogo.
I suoi ultimi anni furono segnati dalla decadenza fisica e dalla sofferenza per l’artrosi. Il Papa accentuò la lettura spirituale dei tempi, in un periodo che è stato definito mistico, per l’insistenza della preghiera allo Spirito Santo, considerato il motore della vita della Chiesa e del mondo. In un appunto scrisse: «Bisognerebbe essere ispirati da un Amore folle, cioè superiore alle misure della prudenza umana. Lirico, profetico, eroico, teso fino all’impossibile per poter compiere qualche cosa di possibile. Signore, perdonami d’ogni mediocrità, infiamma la tiepidezza, dammi l’audacia di sfidare i calcoli dell’insipienza per venire incontro all’infinità del tuo Amore. “Miserere mei, Domine”. Sono stanco e vecchio, ma “caritas numquam excidit”».
Il suo «Pensiero alla morte» e il «Testamento» sono ormai considerati un classico della spiritualità sull’argomento: «Prego pertanto il Signore che mi dia grazia di fare della mia prossima morte dono d’amore alla Chiesa. Potrei dire che sempre l’ho amata; e che per essa, non per altro, mi pare d’aver vissuto».
Muore nella residenza pontificia di Castel Gandolfo la sera di domenica 6 agosto 1978, festa della Trasfigurazione, dopo aver ricevuto con grande desiderio il Viatico, mentre recitava la preghiera del Padre Nostro.
I funerali, per sua precisa disposizione, furono, per la prima volta nella storia dei papi, molto semplici, con il Vangelo a ricoprire la bara appoggiata in terra. Venne sepolto nelle Grotte Vaticane. Tutt’altro che Papa fragile, tormentato e dubbioso. Paolo VI è stato un esempio di fortezza e umiltà nella costruzione della Chiesa conciliare, con un indomito amore per il mondo e per l’uomo.
Il20 dicembre 2012, papa Benedetto XVI autorizzò la promulgazione del decreto con cui Paolo VI veniva dichiarato Venerabile.
Il caso preso in esame come possibile miracolo per ottenere la beatificazione accadde nel 2001, negli Stati Uniti d’America. A una donna, giunta al quinto mese di gravidanza, fu consigliato dai medici di abortire: avevano notato la rottura della vescica fetale, la presenza di liquido nell’addome e la mancanza di liquido nel sacco amniotico.
La donna si oppose e, in più, ricorse all’intercessione di papa Paolo VI: gliel’aveva suggerito una suora italiana, che l’aveva conosciuto personalmente. All’ottavo mese di gravidanza, con un parto cesareo, diede alla luce il bambino: su di lui non c’era più alcun segno della precedente diagnosi. Si trattava quindi di una possibile guarigione inspiegabile avvenuta nel ventre materno: sembrava un fatto particolarmente significativo, vista la paternità montiniana dell’enciclica «Humanae Vitae».
Il 9 maggio, Papa Francesco ha autorizzato la pubblicazione del decreto che riconosceva la guarigione come inspiegabile, repentina, duratura (il bambino all’epoca aveva tredici anni e godeva di buona salute) e ottenuta per intercessione di papa Montini. Lo stesso papa Francesco ha presieduto il rito della beatificazione domenica 19 ottobre 2014, al termine della III Assemblea Generale Straordinaria del Sinodo dei Vescovi (un’altra novità stabilita nel corso del pontificato montiniano) sul tema «Le sfide pastorali sulla famiglia nel contesto dell’evangelizzazione».
Come secondo miracolo da convalidare per ottenere la canonizzazione è stato preso in esame quanto accaduto a Vanna Pironato in Tagliaferro, trentacinquenne di Villa Bartolomea, in provincia di Verona, già madre di un bambino di quattro anni e mezzo. Il 23 settembre 2014, mentre era alla tredicesima settimana di gestazione del secondo figlio, la donna fu ricoverata all’ospedale «Mater Salutis» di Legnago (Brescia), dove lavorava come infermiera: la placenta si era rotta in anticipo. Durante il ricovero, la situazione non migliorò: i medici prospettarono quindi un aborto terapeutico. Vanna e il marito, invece, si opposero a quella possibilità.
Un’amica della gestante, incoraggiata dal ginecologo Paolo Martinelli, le suggerì di chiedere l’intercessione di Paolo VI, che sarebbe stato beatificato il successivo 19 ottobre. Dieci giorni dopo, il 29 ottobre, Vanna e il marito Alberto andarono a pregare presso il Santuario della Madonna delle Grazie a Brescia.
Da allora, i coniugi Tagliaferro continuarono a ricorrere all’intercessione di papa Montini, mentre proseguivano a tenere sotto controllo la gravidanza. Fecero ricorso alla pratica dell’amnioinfusione (ossia all’immissione, nel sacco amniotico, di soluzione fisiologica al posto del naturale liquido), ma il trattamento è interrotto perché Vanna riprese ad avere perdite.
Alla ventitreesima settimana, la donna fu ricoverata all’ospedale di Borgo Roma, perché sembrava sul punto di entrare in travaglio. La nascita del bambino, anzi, della bambina, avvenne invece il 25 dicembre 2014, a ventisei settimane e quattro giorni. La neonata pesava appena 865 grammi, ben al di sotto della norma: fu subito intubata e messa in incubatrice. Il 27 marzo venne trasferita al «Mater Salutis» e infine, l’11 aprile, fu dimessa.
Al Battesimo le furono dati i nomi di Amanda Maria Paola.
Il 14 dicembre 2017, la riunione dei Consultori Teologi della Congregazione delle Cause dei Santi si è pronunciata a favore del nesso tra quanto accaduto alla bambina e l’intercessione, del Beato Paolo VI, espressamente invocato dai suoi genitori.
Identico parere è stato manifestato dai Padri Cardinali e Vescovi, radunati nella Sessione Ordinaria del 6 febbraio 2018.
Il 13 dicembre 2017, la riunione dei Consultori Teologi della Congregazione delle Cause dei Santi si è pronunciata a favore del nesso tra quanto accaduto alla bambina e l’intercessione, del Beato Paolo VI, espressamente invocato dai suoi genitori.
Ricevendo in udienza il Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, il cardinal Angelo Amato, il 6 marzo 2018 papa Francesco ha promulgato il decreto con cui la nascita di Amanda era da ritenere miracolosa e ottenuta tramite l’intercessione del Beato Paolo VI.
La sua canonizzazione è stata quindi celebrata dallo stesso papa Francesco il 14 ottobre 2018, insieme a quella di altri sei Beati: tre di essi, ovvero don Vincenzo Romano, madre Maria Caterina Kasper e Nunzio Sulprizio, erano stati beatificati proprio da Paolo VI.
Con la beatificazione, la memoria liturgica di Paolo VI, per le diocesi di Roma e Brescia, era stata stabilita al 26 settembre, giorno del suo compleanno. Nel calendario della diocesi di Milano era invece stata fissata al 30 maggio, anniversario della sua Prima Messa, per via del legame particolare tra lui e il territorio di cui fu vescovo, del quale difese la particolarità nel rito.
Col Decreto firmato il 25 gennaio 2019 e reso pubblico il 6 febbraio successivo, la Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti ha notificato che papa Francesco ha disposto che la celebrazione, col grado di memoria facoltativa, venisse iscritta nel calendario Romano Generale al 29 maggio, giorno dell’ordinazione sacerdotale. Nel calendario della diocesi di Milano, invece, resta al 30 maggio.
Le due maglie che indossava sotto la veste papale al momento del fallito attentato all’aeroporto di Manila, macchiate del suo sangue, sono conservate come reliquie: una nella Basilica-Santuario di Santa Maria delle Grazie a Brescia, mentre l’altra è stata collocata nella navata destra del Duomo di Milano; dopo la canonizzazione, è stata spostata nella navata sinistra. La sua tiara, invece, è conservata nella cripta della Basilica del Santuario Nazionale dell’Immacolata Concezione a Washington D. C.
Note: Essendo il 6 agosto, giorno della sua nascita al cielo, festa della Trasfigurazione, Papa Francesco ha disposto che la celebrazione di san Paolo VI sia iscritta nel Calendario Romano Generale il 29 maggio. Usando così la data della sua ordinazione presbiterale nel 1920, con il grado di memoria facoltativa. (Fonti santiebeati.it)
Redazione Papaboys
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