Santa Genoveffa, vergine di Nanterre, che a quindici anni, su invito di san Germano vescovo di Auxerre, prese il velo delle vergini, confortò gli abitanti della città atterriti dalle incursioni degli Unni e soccorse i suoi concittadini in tempo di carestia.
Nasce a Nanterre, nei dintorni di Parigi, intorno al 422; apparteneva ad una famiglia cristiana ricca e potente.
Un giorno dell’anno 429 gli abitanti di Nanterre, vedono sbarcare in riva alla Senna i vescovi san Germano di Auxerre e san Lupo di Troyes che, su richiesta di papa Celestino I, si stanno recando in Gran Bretagna per opporsi alle dottrine eretiche di Pelagio.
I due vescovi vengono notati e la folla si dirige loro incontro per riceverne la benedizione.
Secondo la tradizione, San Germano, nota una bambina di circa 7 anni: è Geneviève. La fa condurre a sé e la bacia sul capo.
Poi il vescovo si rivolge ai genitori, come attesta il primo biografo anonimo della santa, affermando: «Siete molto fortunati d’essere i suoi genitori. Sappiate che alla sua nascita vi è stata una grande gioia fra gli angeli, e che quell’evento è stato celebrato con tripudio nel cielo. Ella sarà grande agli occhi del Signore. Presi da ammirazione per la sua vita e la sua condotta, molti si allontaneranno dal male e ritorneranno verso il Signore. Questi otterranno la remissione dei loro peccati e le ricompense promesse da Cristo».
Poi alla bimba dice: «Vuoi tu essere consacrata a Cristo nella vita religiosa, e vuoi tu, come sposa di Cristo, custodire il tuo corpo immacolato e intatto?».
La risposta di Geneviève non si fa attendere: «Padre, tu previeni i miei desideri: è questo che io bramo. Prega perché il Signore si degni di compiere i miei voti ».
Successivamente, alla morte dei genitori, la nonna la portò a vivere a Parigi.
Intorno ai 15 anni Genoveffa si consacra a Dio, entrando a far parte di un gruppo di vergini votate a Dio che però non vivono in convento, ma nelle loro case, dedicandosi ad opere di carità e penitenze.
Nel 451 si diffuse la notizia che il re degli Unni, Attila, aveva saccheggiato Treviri, Metz, Reims, e avanzava verso sud. La popolazione ne fu atterrita e molti si apprestarono a fuggire, ma non la santa di Nanterre che esortò i parigini a non allontanarsi.
Riunì perciò alcune donne per pregare nel battistero della Cattedrale:
«Che gli uomini fuggano, se vogliono e se non sono più capaci di battersi. Noi donne pregheremo Iddio così tanto che ascolterà le nostre suppliche».
Parigi fu difesa dai suoi abitanti, incoraggiati dalle esortazioni e dalle preghiere di Geneviève, (e anche confidando nelle mura di cui la città si era già dotata). Attila, scoraggiato dall’inattesa resistenza, passò oltre e si diresse verso Orléans, dove poi fu sconfitto nella Battaglia dei Campi Catalaunici dal generale romano Ezio.
Cinque anni dopo, Meroveo, terzo re dei Franchi, mise sotto assedio Parigi, difesa ancora da una forte guarnigione di Romani, sotto il comando di Egidio e successivamente sotto quello del figlio Siagrio. Dopo la morte di Meroveo nel 457, l’assedio proseguì con il figlio Childerico I, che dopo cinque anni la conquistò.
Questa volta Geneviève non si oppose, presagendo che quella dinastia avrebbe contribuito a diffondere la fede cristiana fra i barbari.
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L’assedio e le conseguenti distruzioni nei dintorni avevano portato una grande carestia e gli abitanti, che non avevano più pane, morivano di fame.
Fu proprio lei a risolvere la catastrofe: si fece guidare sulla Senna di undici battelli fino a Troyes e, passando di città in città, compiendo molteplici miracoli, ottenne in dono dai mercanti un gran carico di grano, che riportò a Parigi. In questa occasione ha compiuto numerosi miracoli.
La sua autorità, anche a corte, crebbe sempre più, ma di essa mai si approfittò di queste ammirazioni. Anzi, si assoggettò ad una rigorosa regola di vita consacrata.
Si nutriva di pane d’orzo e di fave, di cui faceva cuocere in una pentola la propria provvista per due o tre settimane. Durante la sua esistenza non fece mai uso né di vino, né di altre bevande inebrianti.
A 50 però, su consiglio dei vescovi, aggiunse al suo nutrimento del pesce e del latte. Oltre che asceta era anche una mistica e una taumaturga.
Il celebre san Simeone stilita il Vecchio, che ebbe una particolare rivelazione divina su di lei, dal suo ritiro sulla cima di una colonna presso Antiochia (zona nord della Siria), incaricò alcuni mercanti di salutarla a suo nome e di raccomandarlo alle sue preghiere.
Geneviève se ne andò al Signore, che grandemente aveva servito, ad oltre 80 anni. Fu sepolta il 3 gennaio di un anno imprecisato, intorno al 500, nella basilica dei Santi Apostoli che re Clodoveo con la consorte Clotilde avevano iniziato a costruire per accogliere le sepolture della famiglia reale, basilica che poi prese il nome di Sainte-Geneviève.
La fama di santità dilagò anche dopo la sua morte.
San Gregorio di Tours (539-594) segnala che sulla sua tomba si verificavano prodigi su prodigi.
Nell’822 ci fu un’inondazione spaventosa a Parigi. Mentre si cercava un luogo asciutto per celebrare la Santa Messa, si scoprì che le acque non avevano toccato il letto di morte della prescelta di Dio. Una volta constatato il miracolo, l’inondazione si ritirò.
Nell’857, con le invocazioni dirette alla santa, i Normanni lasciarono Parigi che avevano assediato.
Associato all’invasione degli Unni questo prodigio contribuì a creare l’immagine di Geneviève quale patrona di Parigi.
Durante la Rivoluzione francese i giacobini trasformarono la basilica di Sainte-Geneviève nel Pantheon, mausoleo dei francesi illustri, distruggendone parzialmente le reliquie.
Ma il culto della santa di Nanterre prosegue nella vicina chiesa di Saint-Etienne-du-Mont.
(Fonte www.santiebeati.it – Autore: Cristina Siccardi)
O Genoveffa, vergine fedele, noi vogliamo renderti gloria per i meriti che il divino Bambino si è compiaciuto di radunare in te.
Tu sei apparsa sulla Francia come un Angelo tutelare; le tue preghiere sono state per lungo tempo oggetto della fiducia dei Francesi, e ti sei onorata, in cielo e in terra, di proteggere la capitale del regno di Clodoveo, di Carlo Magno e di san Luigi.
Sono giunti tempi degni di esecrazione, durante i quali il tuo culto è stato sacrilegamente abrogato, i tuoi templi sono stati chiusi, e le tue preziose reliquie profanate.
Tuttavia, tu non ci hai abbandonati; hai implorato per noi giorni migliori; e possiamo riprendere una certa fiducia nel vedere il tuo culto rifiorire in mezzo a noi, malgrado le profanazioni più recenti venute ad aggiungersi alle antiche.
In questo periodo dell’anno che illustra e consacra il tuo nome, benedici il popolo cristiano. Apri i nostri cuori all’intelligenza del mistero del Presepio.
Ritempra quella nazione che ti è stata sempre cara alle pure sorgenti della fede, e ottieni dall’Emmanuele che la sua Nascita, rinnovantesi ogni anno, divenga un giorno di salvezza e di vera rigenerazione. Noi siamo malati, periamo, perché le verità sono scemate presso di noi, secondo le parole di David; e la verità si è oscurata perché l’orgoglio ha preso il posto della fede, l’indifferenza quello dell’amore.
Solo Gesù conosciuto e amato nel mistero della sua ineffabile Incarnazione può ridarci la vita e la luce. Tu che l’ha ricevuto e l’hai amato nella tua lunga e casta vita, conduci anche noi alla sua culla. Veglia, o potente pastora, sulla città che ti è stata affidata. Guardala dagli eccessi che sembrano talora renderla simile a una grande città pagana.
Dissipa le tempeste che si formano nel suo seno, e da apostola dell’errore, consenta a diventare finalmente discepola della verità. Nutrì ancora il suo popolo che muore di fame, ma solleva soprattutto le sue miserie morali. Calma quelle febbri ardenti che bruciano le anime e sono ancor più terribili di quel brutto male che bruciava solo i corpi.
Accanto al tuo sepolcro vuoto, dall’alto del Monte che domina il grandioso tempio che si eleva sotto il tuo nome e rimane tuo per volere della Chiesa e dei padri nostri, a dispetto dei reiterati attacchi della forza bruta, veglia su quella gioventù di Francia che si stringe attorno alla cattedra della scienza umana, gioventù così spesso tradita dagli stessi insegnamenti che dovrebbero dirigerla, e assicura alla patria generazioni cristiane. Brilli sempre la croce, a dispetto dell’inferno, sulla cupola del tuo santuario profanato, e non permettere mai che ne sia tolta.
Che quella croce immortale regni di nuovo presto e pienamente su di noi, e stenda le sue braccia, dalla sommità del tuo tempio, su tutte le case della città peccatrice restituita alla sua antica fede, al tuo culto, alla tua antica protezione. Amen.
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