La figura di Giacomo è oggetto da secoli di una controversia importante che agiografi, storici ed esegeti, entriamo in merito in modo sintetico. Sono verosimilmente la stessa persona il Giacomo, fratello dell’apostolo Giuda Taddeo, che i Vangeli e gli Atti elencano tra i dodici apostoli chiamandolo figlio di Alfeo, e il Giacomo che altrove gli stessi Vangeli chiamano “fratello” (cioè cugino, secondo la corretta interpretazione del termine ebraico) del Signore, figlio di Maria, una delle donne presenti ai piedi della croce di Gesù, moglie di Cleofa, “sorella” (cioè cognata) della Madonna.
Cleofa e Alfeo potrebbero essere infatti due nomi della stessa persona. O meglio due forme dello stesso nome aramaico. Il Giacomo “fratello” di Gesù è nominato da Paolo come una delle “colonne” della Chiesa, con Pietro e Giovanni, a Gerusalemme. Dove fu vescovo dalla partenza di Pietro per Roma
(l’anno 44) fino al martirio avvenuto durante la Pasqua del 62.La Chiesa d’Oriente distingue tuttora tra l’apostolo e il vescovo di Gerusalemme, sulla base di una tradizione introdotta da scritti pseudoclementini (Ipotiposi, VI) tra la fine del II e l’inizio del III secolo e seguita in particolare da Eusebio di Cesarea e Giovanni Crisostomo, ma non da altri numerosi Padri greci. Mentre per la Chiesa d’Occidente il Concilio di Trento ha affermato l’identità dell’uno con l’altro.
Oggi la critica si divide. Certo è che Giacomo è stata una figura talmente importante nella prima Chiesa da divenire il vessillo e la colonna di tutti i giudei cristiani non solo di Gerusalemme ma anche della diaspora.
Il martirio di Giacomo, noto dalla notizia di Giuseppe Flavio (Antichità giudaiche, XX, 197. 199-203), della fine del I secolo, ci viene descritto nei dettagli da Eusebio di Cesarea. Riferisce per esteso in particolare la precedente narrazione di Egesippo (Memorie, 5). Morto il prefetto di Giudea Festo, e mentre era ancora in viaggio da Roma il suo successore designato Albino, il sommo sacerdote Ananos il Giovane approfittò del momento per convocare il sinedrio e condannare Giacomo alla lapidazione. Siamo nell’anno 62.
Giacomo fu gettato giù dal pinnacolo del Tempio e, poiché non era morto, fu lapidato. Messosi in ginocchio, pregava per coloro che lo stavano lapidando, «uno di loro, un follatore, preso il legno con cui batteva i panni, colpì sulla testa il Giusto, che morì martire in questo modo. Fu quindi sepolto sul luogo, vicino al Tempio, dove si trova ancora il suo monumento» (Egesippo, in Eusebio, Storia ecclesiastica, II, 23, 18).
Il suo cippo sepolcrale, secondo la testimonianza di Girolamo, rimase al suo posto fino al tempo dell’imperatore Adriano (117-138). Poi se ne dovettero perdere le tracce, se si ha la notizia dell’invenzione (cioè del ritrovamento), verso la metà del IV secolo, del corpo di Giacomo, insieme a quelli dei martiri Simeone e Zaccaria, a opera di un eremita, Epifanio.
Il corpo di Giacomo fu temporaneamente traslato dentro Gerusalemme dal vescovo Cirillo il 1° dicembre 351, poi successivamente fu riportato nella chiesa costruita presso il luogo dell’invenzione. Infine si ha notizia di una traslazione – ancora il giorno 1° di dicembre – in un’altra chiesa in Gerusalemme, costruita sotto l’imperatore bizantino Giustino II (565-578) e dedicata a Giacomo. Ma qui le varie notizie si integrano con difficoltà.
Si deve infatti collegare con una traslazione di parte delle reliquie da Gerusalemme (o forse da Costantinopoli?) a Roma, l’avvio della costruzione, al tempo di papa Pelagio I (556-561), di una basilica dedicata agli apostoli Giacomo e Filippo, la cui la festa liturgica da allora in Occidente ricorre il 1° maggio (ora spostata al 3 maggio). Basilica completata da papa Giovanni III (561-574), e attualmente è intitolata ai santi XII Apostoli.
Nel gennaio 1873, venne fatta, a opera di una commissione scientifica, una ricognizione sotto l’altare della chiesa dei Santi XII Apostoli a Roma. Le reliquie appartenevano a due distinti individui. Quello di corporatura più robusta, del quale si conservavano solo scaglie e frammenti ossei, anche se in quantità consistente, oltre a un femore presente ab immemorabili in Basilica, identificato con Giacomo il Minore.
Nel 1879 le reliquie furono deposte in un’arca di bronzo all’interno di un sarcofago di marmo che venne collocato nella cripta della chiesa. Al di sotto dell’altare centrale e del luogo dove erano state rinvenute. Sono lì anche oggi. La reliquia del femore fu invece collocata in un reliquiario appositamente fabbricato, attualmente non esposto ai fedeli.
A Santiago di Compostela si venera la reliquia della testa di Giacomo il Minore. Secondo una tradizione la portò in Occidente il vescovo di Braga Mauricio Burdino, dopo averla prelevata verso il 1104 da Gerusalemme durante il suo pellegrinaggio in Terra Santa. Verso il 1116 Urraca, regina di Castiglia e León, se ne impadronì e la donò alla chiesa di Santiago. Dove tuttora è custodita in un busto-reliquiario nella cappella dedicata all’apostolo.
Ma un altro cranio attribuito a Giacomo il Minore è noto dal Medioevo ad Ancona. Ora custodito nel Museo diocesano annesso alla chiesa cattedrale di San Ciriaco. Esaminato a seguito della ricognizione delle reliquie conservate a Roma, risultò con esse compatibile.
San Giacomo è considerato patrono dei fabbricanti di cappelli, cardatori, droghieri e farmacisti. (Fonte santiebeati.it)
Autore: Don Luca Roveda
Redazione Papaboys
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