Etimologia: Innocenzo = senza peccato, dal latino
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Giovanni Scalvinoni venne alla luce a Niardo (Brescia), il paese materno, il 19 marzo 1844. Pochi mesi dopo una tremenda sciagura colpì improvvisamente la giovane famiglia. Il padre, in soli due giorni, morì stroncato da una polmonite fulminante. Giovannino trascorse la fanciullezza semplicemente, facendo propria la fede forte della gente di montagna. Fin da piccolo ebbe una grande pietà per i poveri, dando generosamente quel poco che possedeva a coloro che bussavano alla porta di casa.
Conserverà questo sentimento per tutta la vita: quando da cappuccino andava in giro per la questua, era sommamente soddisfatto di tornare in convento con la bisaccia vuota. Quanto riceveva in offerta lo dava ai bisognosi.
Studiò con ottimi risultati nel collegio municipale di Lovere (Bergamo) e da qui passò al seminario di Brescia dove si impose un’esigente disciplina spirituale. Ordinato sacerdote nel 1867 ricoprì alcuni incarichi, tra cui quello di vicerettore del seminario, ma ogni volta venne rimosso perché assolutamente privo di autorità.
L’innata timidezza lo portava a desiderare di vivere in solitudine, tra preghiere e penitenze. Il 16 aprile 1874 cominciò il noviziato tra i cappuccini dell’Annunziata di Borno (ora Cogno).
Quattro anni più tardi emise la professione solenne e venne nominato vicemaestro dei novizi. Per alcuni mesi, tra il 1880 e il 1881, fece parte della redazione della rivista Annali Francescani, su incarico del Padre Agostino da Crema, amico del Rosmini.
Eccetto brevi incarichi e la predicazione di esercizi spirituali in alcuni conventi lombardi, fu nel convento-eremo dell’Annunziata che visse intensamente l’abbandono nel Signore, definito “loquela taciturna d’amore”. Nonostante l’eccellente conoscenza della teologia, trasmessa anche ai confratelli, astutamente appariva dimesso, con la volontà di voler sempre scomparire e mai apparire.
Innamorato dell’Eucaristia (se sue S. Messe erano di un’intensità eccezionale), sostava quanto più poteva davanti al tabernacolo. Amava molto il Crocifisso e l’esercizio della Via Crucis che raccomandava ai suoi penitenti.
Il 3 marzo 1890, a soli quarantasei anni, ammalatosi seriamente, morì nell’infermeria del convento di Bergamo. Pochi mesi dopo le sue spoglie mortali furono trasferite solennemente a Berzo, lo circondava già una vasta fama di santità.
Il 12 novembre 1961 san Giovanni XXIII lo proclamò beato e patrono dei bambini, protagonisti dei due miracoli del processo di beatificazione.
L’Ordine dei Frati Minori Cappuccini ne fa memoria al 28 settembre, mentre nel santuario della Santissima Annunciata, convento in cui il Beato è vissuto, la festa è la domenica dopo il Perdon d’Assisi (dopo 2 agosto).
Autore: Daniele Bolognini
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