Silvia è stata la madre di san Gregorio Magno, papa e dottore della Chiesa del VI secolo. Questi visse a Roma sul Celio in un ambiente cristiano esemplare anche grazie alla santità delle zie (cognate di Silvia) Tersilia ed Emiliana (o Amelia). La famiglia era importante anche dal punto di vista civile: il marito di Silvia, Gordiano, era un integerrimo senatore divenuto anche lui cristiano.
Silvia seppe conciliare la guida della famiglia con le esigenze della radicalità evangelica. Dal figlio Gregorio traspare la sua santità. Su di lui, infatti, l’esempio e l’insegnamento della madre deve avere avuto un peso che non si può ignorare. Quando Gregorio non ebbe più bisogno he della sua guida, Silvia abbandonò il mondo e si ritirò a vita claustrale presso la basilica di San Paolo fuori le mura. Morì probabilmente verso il 590. (Avvenire)
Etimologia: Silvia = abitatrice delle selve, donna dei boschi, selvaggia, dal latino
Martirologio Romano: A Roma, commemorazione di santa Silvia, madre del papa san Gregorio Magno, che, secondo quanto lo stesso Pontefice riferì nei suoi scritti, raggiunse il vertice della vita di preghiera e di penitenza e fu per il prossimo un eccelso esempio.
Prima di tutto una mamma: tenera, affettuosa, premurosissima. E non lasciamoci impressionare se da lei ci separano circa 1500 anni, perché certi valori e certe qualità sono eterni e sempre attuali. Silvia nasce intorno al 520, per alcuni a Roma, per altri a Subiaco o addirittura in Sicilia, in una famiglia di condizioni modeste.
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Verso i 18 anni va sposa ad un tal Gordiano, membro della gens Anicia: un personaggio in vista con rilevanti cariche pubbliche, un patrimonio più che discreto e una villa meravigliosa al Celio. Non è un’altra versione della storia di Cenerentola, ma la storia di un amore vero e di una profonda intesa spirituale che aiutano la coppia a costruire una famiglia veramente cristiana, illuminata anche dall’esempio delle due sorelle di Gordiano, che vivono in casa una vita ritirata e mortificata, quasi monastica., intessuta di preghiere e di penitenza. Non sappiamo quanti figli ebbero, perché la storia ha conservato solo il ricordo di due figli: il primogenito, Gregorio, che sarà destinato a diventare famoso, e un altro figlio di cui però non conosciamo neppure il nome.
Quel matrimonio funziona egregiamente per più di 30 anni, fino alla morte del marito, databile intorno al 573. I due figli hanno seguito le orme del padre, particolarmente Gregorio, che è diventato funzionario dell’impero bizantino, arrivando a ricoprire la carica di Prefetto di Roma. In cuore conserva però una profonda esigenza di vita spirituale e la segreta aspirazione di dedicarsi completamente alla preghiera e alla meditazione. La morte del padre accelera questa scelta definitiva ed egli trasforma la splendida villa paterna al Celio in un monastero, in cui egli entra per primo come semplice monaco, seguito da molti altri giovani romani.
La scelta di Gregorio fa capire a Silvia che ormai può considerare esaurita la dimensione domestica della sua vita e quasi in punta di piedi, discretamente, si ritira in una località dell’Aventino per potersi dedicare anche lei liberamente alla meditazione e alla preghiera.
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Ma non dimentica di essere mamma: pensando alla salute gracile del figlio e alla scarsa mensa monastica, con gesto di premura squisita che solo una mamma sa fare, ogni giorno prepara un piatto di legumi freschi o altra verdura del suo orto.per farla recapitare a Gregorio. Che intanto, per volere del papa, è stato ordinato diacono e sta servendo la Chiesa mettendo a frutto la sua vasta esperienza civile ed ecclesiastica, fino a che nel settembre 590 viene eletto papa.
La storia gli attribuirà il titolo di “magno”, la Chiesa lo canonizzerà e noi oggi lo conosciamo e veneriamo come San Gregorio Magno. Sua mamma fa in tempo a vederlo papa, perché muore un paio d’anni dopo. Il culto di Santa Silvia, che nelle varie fasi della sua vita di sposa, mamma e vedova sempre aveva saputo dare a Dio il primo posto, si è andato pian piano affermando nella Chiesa, che ne celebra la memoria il 3 novembre.
Autore: Gianpiero Pettiti