A Vercelli, beato Amedeo IX, duca di Savoia, che, durante il proprio governo, favorì in ogni modo la pace e sostenne incessantemente con i mezzi materiali e con l’impegno personale le cause dei poveri, delle vedove e degli orfani.
Amedeo nasce a Thonon-les-Bains nel 1435; era figlio del duca Ludovico I di Savoia e di Anna di Lusignano. Era nipote dell’antipapa Felice V.
Già da bambino è promesso sposo a Iolanda, figlia di Carlo VII di Francia. Cresce diventando un bel ragazzo, purtroppo soggetto a crisi epilettiche, che egli accettò come un’opportunità per essere a più stretto contatto con Dio. La Messa quotidiana e la preghiera erano la sua fonte di forza.
Amedeo si sposò nel 1452, e la coppia si ritirò nella provincia di Brescia, territorio che gli era stato assegnato, oltre al governatorato del Piemonte. Questa scelta tuttavia contrariò talmente il fratello Filippo nei suoi confronti che quasi si preparò ad attaccare Amedeo, se il loro padre non lo avesse arrestato.
Nel 1464, alla morte del padre, Amedeo IX assunse il governo del ducato di Savoia. Fece subito rilasciare il fratello e gli organizzò un matrimonio con Margherita, figlia di Carlo, duca di Borgogna. Lasciandogli anche i territori bresciani e conquistandosi così, il suo affetto.
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Egli intervenne senza esitazioni quando si trattò di difendere il cristianesimo dalla minaccia turca, raccogliendo un esercito per la difesa del Peloponneso. Fu uno dei primi a rispondere all’invito di Pio II perché si tenesse un’assemblea di principi per affrontare il problema e per raccogliere uomini, armi e denaro.
La sua prima preoccupazione, tuttavia, era per i poveri. Una volta un ambasciatore si vantò delle mute (gruppo di tre o più cani addestrati per battute di caccia) di cani e delle razze differenti che il suo padrone aveva, il duca lo condusse su una terrazza fuori dal palazzo, dove ai tavoli predisposti venivano sfamati i poveri della città: «Queste sono le mie mute e i miei cani da caccia. È con l’aiuto di questa povera gente che inseguo la virtù e vado a caccia del regno dei cieli ».
L’ambasciatore gli chiese quanti di loro pensava fossero impostori, approfittatori e ipocriti, e Amedeo rispose: «Non li giudico troppo severamente per non essere giudicato severamente da Dio».
Nonostante la grande generosità, non ebbe mai problemi economici e grazie a un’attenta amministrazione riuscì anche a saldare i debiti contratti dai suoi predecessori.
Era lontano dal concedersi qualsiasi privilegio; la sua era salute delicata e con l’aumentare della sua debolezza, passò l’amministrazione del ducato alla moglie Iolanda (1469).
I suoi sudditi si ribellarono ed egli stesso venne imprigionato fino a che il cognato, Luigi XI di Francia, non ottenne il suo rilascio.
Quando si rese conto di essere prossimo alla morte affidò i figli alla moglie e pronunciò le ultime raccomandazioni alla presenza loro e dei suoi ministri:
«Siate retti. Amate i poveri e Dio vi garantirà la pace».
Muore il 30 marzo 1472 a Vercelli.
Viene beatificato il 3 marzo 1678 da papa Innocenzo XI.
Le sue spoglie riposano oggi nella cattedrale di Vercelli sopra l’altare della cappella di destra, di fronte a quella di sant’Eusebio, evangelizzatore e patrono del Piemonte.
(Fonte santodelgiorno.it/santiebeati.it)
O Dio, che al beato Amedeo hai dato il coraggio
di anteporre il regno dei cieli
al fascino del potere terreno,
per la sua intercessione concedi anche a noi
di vincere ogni forma di egoismo
per aderire a te con tutto il cuore.
Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio,
e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo,
per tutti i secoli dei secoli. Amen.
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