Testimonium

Il Santo di oggi 30 Novembre 2018 San Galgano Guidotti, eremita

Presso il monte Siepi in Toscana, san Galgano Guidotti, eremita, che, convertitosi a Dio dopo una gioventù dissipata, passò il resto della sua vita in una volontaria mortificazione del corpo.

La vita

Galgano nacque a Chiusdino (attualmente in provincia di Siena), in un anno incerto collocabile intorno al 1150, da una famiglia di ceto elevato, legata da rapporti di vassallaggio ai vescovi di Volterra, signori feudali del luogo.

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Conosciamo con certezza il nome della madre, Dionisia, mentre quello del padre, Guido o Guidotto, appare per la prima volta in una biografia del santo datata però alla prima metà del XIV secolo. In ragione di questo nome, al santo è stato attribuito il cognome “Guidotti”.

Sugli anni della fanciullezza e dell’adolescenza di Galgano o sulla sua educazione e formazione, non sappiamo niente.

Galgano fu cavaliere

È certo che Galgano sia stato cavaliere: l’accesso alla cavalleria fu la naturale conseguenza della sua appartenenza ad una famiglia che esercitava per tradizione la funzione ufficiale di tutela dell’ordine costituito, la mano armata del vescovo di Volterra per la protezione del paese e del distretto di Chiusdino. Il giovane crebbe superbo, prepotente e dissoluto. La morte del padre produsse un cambiamento nella sua vita.

La conversione

La conversione fu sostenuta anche da due forti esperienze mistiche: innanzitutto l’arcangelo Michele, patrono di Chiusdino, apparso in sogno al giovane lo avrebbe convinto ad arruolarsi nella “milizia celeste”. Sette giorni dopo, ancora in sogno, l’arcangelo lo avrebbe accompagnato in un tempio rotondo al cospetto della Madonna e dei Dodici Apostoli e lo avrebbe invitato a costruire una chiesa secondo quel modello.

Mosso dal desiderio di dar concretezza a questo invito celeste, Galgano dovette tuttavia affrontare l’opposizione della madre, che tentò di fidanzarlo con una fanciulla di Civitella, un castello della Maremma toscana, alla quale, a partire dalla seconda metà del XVI secolo, è attribuito il nome di Polissena.

Fu proprio recandosi a Civitella, forse per conoscere la promessa sposa, che Galgano, alla vigilia di Natale del 1180, ebbe una nuova esperienza mistica. Sulla strada per la Maremma il cavallo di Galgano improvvisamente si fermò; nonostante che il giovane lo spronasse per farlo andare avanti, non riuscì a farlo muovere. Galgano ritornò allora sui suoi passi, verso una vicina pieve in cui pernottò. Il giorno seguente – solennità del Natale – come giunse al medesimo luogo, poiché di nuovo il cavallo si arrestò, il giovane lasciò le briglie e pregò devotamente il Signore perché lo conducesse al luogo in cui avrebbe trovato la sua pace spirituale. Il cavallo allora si avviò verso la vicina collina di Montesiepi, dove si fermò.

Galgano e la “spada nella roccia”?

Giunto sulla collina Galgano conficcò il suo spadone di cavaliere nel terreno. Un gesto che per i cavalieri del Medio Evo aveva un alto significato spirituale. La spada capovolta ricordava la croce. Galgano quindi non sembra rifiutare la “militia saeculi”, ma superarla, trascenderla; non rinuncia alla spada ma la pone al servizio di una cavalleria diversa da quella vissuta fino ad allora. Il cavaliere Galgano, in un certo senso, arruolò se stesso nella milizia di un signore più grande di quello terreno: Gesù Cristo.

L’esempio di Galgano trascinò altre persone e, come molte altre esperienze eremitiche, anche questa costituì l’inizio della fondazione di una nuova comunità monastica.
Nella primavera del 1181 Galgano visitò il Papa Alessandro III e forse in tale occasione ottenne l’approvazione della sua fondazione.

Durante la sua assenza tre persone invidiose, che la tradizione a partire dal XIV secolo ha identificato con alcuni monaci della vicina abbazia di Serena, compirono un attentato contro di lui, distruggendone la capanna e spezzandone la spada.

Per intervento divino tutti e tre furono castigati: due di essi morirono, al terzo un lupo strappò a morsi le braccia, ed ebbe quindi tempo per pentirsi e raccontare il prodigio. Le braccia sono tuttora conservate nell’eremo di Montesiepi.

Forse su suggerimento del Pontefice, Galgano si pose in contatto con alcuni i monaci dell’ordine guglielmita, presumibilmente quelli del monastero di San Salvatore di Giugnano, fra i castelli di Roccastrada e Montemassi (attuale provincia di Grosseto), vicino a Montesiepi.

L’esperienza eremitica di Galgano sul Montesiepi durò meno di un anno, in quanto il 30 novembre 1181 il santo morì.

Dopo la morte

Negli anni successivi la tomba di Galgano divenne mèta di pellegrinaggi. La convinzione che il cavaliere eremita fosse un efficace intercessore presso Dio, che si era manifestata quando era ancora in vita, andò consolidandosi. Gli atti del processo di canonizzazione infatti riferiscono numerosi miracoli, guarigioni di persone “attratte”. Un termine generico col quale tuttavia potrebbero essere stati indicati dei paralitici, liberazione di prigionieri, guarigioni da febbri o addirittura dalla lebbra, liberazione di posseduti dal demonio.

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Il riconoscimento della santità

Il vescovo di Volterra, Ugo, condusse una prima indagine conoscitiva delle virtù e dei miracoli di Galgano. L’inchiesta ebbe esiti positivi ed egli autorizzò la costruzione di una cappella intorno alla tomba del santo ed alla spada.

Il vescovo successivo, Ildebrando Pannocchieschi, nel 1185 ottenne l’apertura di un processo da parte del papa Lucio III e la nomina di tre commissari con il compito di verificare la santità del giovane chiusdinese: siamo certi che fra di essi fosse Corrado di Wittelsbach, cardinale vescovo della Sabina ed arcivescovo di Magonza; per gli altri due sono stati ipotizzati i nomi di Melior, cardinale prete del titolo dei Santi Giovanni e Paolo, e dello stesso Ildebrando.

Non sappiamo se ci sia stata una vera e propria canonizzazione da parte di un papa (Quantunque alcune biografie indichino che essa fu decretata da Lucio III, altre dal successore di lui Urbano III, altre ancora da Gregorio VIII) o se la commissione avesse ricevuto la facoltà di procedere alla canonizzazione, attraverso la “iurisdictio delegata”.
Negli anni seguenti Galgano fu invocato fra i principali patroni della città e dello stato di Siena.

 

La festa, i suoi resti e la confraternita

La festa del santo, fu inizialmente posta al 30 novembre e poi spostata al 3 dicembre, giorno in cui si presume sia avvenuta l’ “elevatio” delle sue spoglie, cioè la loro esumazione ed esposizione nell’ambito della canonizzazione. Nella prima edizione del “Martyrologium Romanum”, del 1584, la memoria di San Galgano era fissata al 3 dicembre; nell’ultima edizione, redatta nel 2004 per ordine di Papa Giovanni Paolo II, essa è stata riportata al 30 novembre, ovvero al giorno della morte; a Chiusdino però si mantiene la vecchia tradizione.

La comunità monastica fondata da Galgano si estese in varie parti della Toscana e dell’Umbria. Tuttavia all’inizio del XIII secolo si divise, così che, mentre la casa madre aderì all’ordine cistercense, le comunità figlie confluirono nell’ordine agostiniano.

Questo fatto e le vicende legate alla caduta della Repubblica di Siena, causarono la dispersione delle reliquie di San Galgano, inizialmente custodite nell’eremo di Montesiepi; nella chiesa di San Michele Arcangelo in Chiusdino, si conserva e si venera però la testa del santo. Nel paese natale del santo esiste ancora oggi una confraternita a lui dedicata. Fondata nel 1185 è probabilmente la più antica confraternita della cristianità fra quelle ancora esistenti.

Fonte: www.confraternita-sangalgano.it

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