Ad Acri in Calabria, beato Angelo, sacerdote dell’Ordine dei Frati Minori Cappuccini, che, percorrendo instancabilmente il regno di Napoli, predicò la parola di Dio con un linguaggio adatto ai semplici.
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(Fonte it.cathopedia.org) Nasce ad Acri il 19 ottobre 1669 con il nome di Lucantonio Falcone; era figlio di Francesco Falcone e di Diana Enrico, persone di umili origini.
Educato e istruito nella vita interiore dallo zio sacerdote, dopo vari tentennamenti e attenta riflessione, entrò nell’Ordine Francescano dei Cappuccini ed emise la professione religiosa.
Con atto giuridico, scritto di proprio pugno affermava: “Io Fratel Angelo d’Acri chierico cappuccino che nel secolo mi chiamavo Luca Antonio Falcone, colla presente dichiaro e faccio fede, qualmente oggi 12 novembre 1691 a ore 18 ho finito l’anno di Probazione, essendo stato un anno intero continuo, così ho fatta la solenne Professione nelle mani del Padre Giovanni d’Orsomarso maestro dei novizi…“
Dopo un’intensa preparazione, il 10 aprile 1700, giorno di Pasqua, fu ordinato presbitero nel duomo di Cassano Jonio e dai superiori venne destinato al ministero della predicazione.
In un ambiente pieno di contrasti sociali e di scontri, con la ricchezza concentrata nelle mani di pochi, mentre i poveri contadini, pastori e le plebi urbane erano nella miseria, con tutti i mali caratteristici del Meridione, padre Angelo esercitò il ministero della predicazione, usando un linguaggio semplice proprio della scuola francescana, in modo particolare di san Bernardino da Siena (1380-1444) e di san Leonardo da Porto Maurizio (1676-1751), con il metodo delle missioni popolari.
Predicò in quasi tutta l’Italia meridionale: a Salerno, Napoli, Montecassino e in quasi tutte le città o paesi di Calabria quali Cosenza, Catanzaro, Reggio Calabria e Messina.
Si schierò dalla parte dei deboli contro gli abusi e le prepotenze dei potenti, castigando la corruzione del suo tempo e denunciando con passione e accanimento le ingiustizie sociali.
Malgrado la sua riluttanza a occupare posti di responsabilità, il beato Angelo, nel corso della sua vita religiosa, fu nominato più volte maestro dei novizi, guardiano (a Mormanno, a Cetraro e ad Acri), visitatore e definitore provinciale, ministro provinciale, carica che tenne dal 1717 al 1720 e pro-visitatore generale nel 1735.
Profondo conoscitore delle Sacre Scritture e delle Opere dei santi Padri, naturalmente portato alla poesia, il beato Angelo ebbe anche una buona cultura umanistica e filosofica.
Di lui ci restano pochissimi scritti, allegati in gran parte al processo del 1772-1775:
Visse nell’esercizio eroico dell’amore verso Dio e verso il prossimo.
Dai contemporanei fu chiamato per antonomasia “Il predicatore calabrese” e “L’apostolo delle Calabrie”.
Muore ad Acri, tra il compianto generale, il 30 ottobre 1739.
Dopo la morte, da tante parti della Calabria e dell’Italia meridionale, dalla Corte di Napoli e dallo stesso re delle Due Sicilie, Ferdinando di Borbone, incominciarono a pervenire e a farsi insistenti le richieste e le sollecitazioni, affinché padre Angelo, che ancora vivente era stato oggetto di grande venerazione, venisse proclamato santo.
La causa di beatificazione fu introdotta il 27 maggio 1778.
Le spoglie rimasero nel sepolcro della chiesa di Santa Maria degli Angeli del convento dei cappuccini di Acri fino alla beatificazione. Vi fu la esumazione e la ricognizione che la Congregazione dei Riti autorizzò in data 22 novembre 1825. La salma venne traslata nel dossale dell’altare a lui dedicato nella stessa chiesa.
Il 22 agosto 1925, in occasione della solenne celebrazione del primo Centenario della beatificazione, le ossa del beato Angelo, raccolte in un’artistica urna d’argento, vennero trasferite nel monumentale santuario innalzato, tra il 1893 e il 1896 e che papa Giovanni Paolo II ha elevato alla dignità e al titolo di basilica minore.
È stato canonizzato da papa Francesco il 15 ottobre 2017.
O Sant’Angelo d’Acri,
che in questo mondo attendeste con tutto il cuore a dilatare la gloria di Dio,
e Iddio coi doni suoi vi rese lo stupore delle genti,
per i tanti prodigi operati a vostra intercessione e per le vostre preghiere.
Deh! or che siete di gloria coronato nel Cielo,
pregate per noi miseri mortali,
affinché il Signor ci dia la grazia di amarlo con tutte le forze dello spirito fino a che viviamo,
e ci dia la perseveranza finale, ond’essere un giorno a goderlo in vostra compagnia. Amen.
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