Santa Maria Goretti, vergine e martire, che trascorse una difficile fanciullezza, aiutando la madre nelle faccende domestiche; assidua nella preghiera, a dodici anni, per difendere la sua castità da un aggressore, fu uccisa a colpi di pugnale vicino a Nettuno nel Lazio.
Etimologia: Maria = amata da Dio, dall’egiziano; signora, dall’ebraico
Emblema: Palma
Nacque a Corinaldo in provincia di Ancona il 16 ottobre 1890 e fu battezzata lo stesso giorno coi nomi di Maria Teresa. Fu poi cresimata, secondo l’uso dei tempi, in tenera età, il 4 ottobre 1896, quando il vescovo Giulio Boschi giunse in visita pastorale nel paesino. I genitori, Luigi Goretti e Assunta Carlini, ebbero oltre a lei, la primogenita, altri quattro figli e lavoravano come braccianti agricoli. Stentando nel vivere quotidiano con la numerosa famiglia, decisero di trovare lavoro altrove. Mentre tanti compaesani tentavano l’avventura dell’emigrazione nelle Americhe, essi scelsero, nel 1897, di spostarsi nell’Agro Pontino.
Quella zona, prima della bonifica, iniziata nel 1925 e completata soltanto nel 1939, fungeva da diga naturale fra la parte settentrionale del Lazio e l’immenso acquitrino a sud. Non era certamente un luogo salutare, perché d’estate era invaso dalle zanzare portatrici della malaria. Il chinino, unico farmaco efficace, era soprattutto usato per scopo terapeutico, ma non serviva per lo scopo preventivo.
I Goretti giunsero dapprima nella tenuta del senatore Scelsi a Paliano come mezzadri. Lì conobbero un’altra famiglia, già residente: Giovanni e Alessandro Serenelli, padre e figlio, pure di origine marchigiana; la madre era morta da tempo. Quando i rapporti con il proprietario si guastarono, le due famiglie dovettero lasciare Paliano. Fortunatamente trovarono, sempre come mezzadri, un’altra sistemazione nella tenuta del conte Attilio Gori Mazzoleni, a Ferriere di Conca (oggi Borgo Montello).
Mentre i suoi genitori si adoperavano nel lavoro massacrante dei campi, Maria accudiva alle faccende domestiche, tenendo in ordine la casa colonica e badando ai fratellini più piccoli. Dopo alcuni anni, il 6 maggio 1900, il padre non ritornò a casa, stroncato dalla malaria ai margini della palude. Maria aveva allora 10 anni: prese a confortare la mamma rimasta sola, dicendole che Dio non l’avrebbe abbandonata.Nonostante il raccolto fosse stato buono quell’anno, la famiglia rimase in debito con il conte Mazzoleni dei diritti di mezzadria, di ben 15 lire dell’epoca. Il proprietario invitò mamma Assunta a lasciare quel lavoro e la casa, perché era impossibile mantenere il rapporto lavorativo legato a un mercato esigente e a un raccolto abbondante e sicuro.
Tuttavia, dietro la disperata richiesta da parte della donna di restare, perché con cinque figli non aveva dove andare, il conte acconsentì, purché nel rimanere si associasse ai Serenelli, che abitavano nella stessa cascina e coltivavano altri terreni. La soluzione sembrò ideale: i Serenelli padre e figlio coltivavano i campi e Assunta accudiva i figli e le due case, oltre a occuparsi dei lavori sull’aia.
Marietta, com’era soprannominata, si dedicava alla vendita delle uova e dei colombi nella lontana Nettuno, al trasporto dell’acqua che non era in casa come oggi, alla preparazione delle colazioni per i lavoratori nei campi, al rammendo del vestiario. Non aveva più potuto andare a scuola, che già frequentava saltuariamente.
Recitava il Rosario ed era molto religiosa, come d’altronde tutta la famiglia: era definita dalla gente dei dintorni «un angelo di figliola». Con grandi sacrifici e dopo aver molto insistito riuscì a frequentare il catechismo. Con tutta probabilità, fu il 16 giugno 1901, quindi a meno di undici anni (invece dei dodici secondo l’uso del tempo) il giorno in cui ricevette la Prima Comunione.
Da allora partecipò alla Messa nella chiesa della vicina Conca, oggi Borgo Montello, che però da giugno a settembre chiudeva, quando i conti Mazzoleni partivano per sfuggire alla malaria e alle zanzare che proliferavano con il caldo. Allora, sacrificando ore al sonno, si recava a Messa a Campomorto, distante parecchi chilometri. In tutta la sua vita ricevette l’Eucaristia solo cinque volte, perché all’epoca la Comunione frequente non era incoraggiata.
Intanto i rapporti fra Giovanni Serenelli e Assunta Goretti si incrinarono, in quanto egli, essendo vedovo, le fece ben presto capire che, se lei e la sua famiglia volevano mangiare, doveva sottomettersi alle sue richieste. Siccome Assunta non era disposta a cedere, lui cominciò a controllare tutto, persino raccogliendo di persona le uova nel pollaio.
Alessandro Serenelli, dotato di un fisico robusto, rappresentava l’orgoglio del padre, non solo perché sapeva lavorare sodo nei campi, ma anche perché, cosa rara in quei tempi fra i contadini, sapeva leggere e scrivere. Quando si recava in paese, ritornava sempre con qualche rivista, le cui illustrazioni ritraevano artiste in pose e atteggiamenti ritenuti audaci per l’epoca. Questo suscitava le proteste di Assunta, ma il padre lo giustificava, dicendo che doveva esercitarsi nella lettura.
Alessandro ormai guardava Maria con occhi diversi da qualche anno prima. Cominciò a insidiarla, ma fu sempre respinto da lei. Un giorno le fece apertamente delle proposte peccaminose: al rifiuto di Maria, la minacciò di morte se ne avesse parlato in famiglia. Per non aggravare i già tesi rapporti fra le due famiglie, ubbidì, pur non capendo la situazione.
Il 5 luglio 1902 i Serenelli e i Goretti erano intenti alla sbaccellatura delle fave secche. Maria, seduta sul pianerottolo, guardava l’aia e rammendava una camicia di Alessandro. A un certo punto, lui lasciò il lavoro e con un pretesto si avviò alla casa. Giunto sul pianerottolo, invitò Maria a entrare, ma lei non si mosse: la prese per un braccio e con una certa forza la trascinò dentro la cucina, che era la prima stanza dopo l’ingresso.
La ragazzina capì le sue intenzioni e prese a dirgli: «No, no, Dio non vuole, se fai questo vai all’inferno». Ancora una volta respinto, il giovane andò su tutte le furie: preso un punteruolo che aveva con sé, cominciò a colpirla. Maria lo rimproverava, si divincolava.
Mentre lui, ormai cieco nel suo furore, prese a colpirla con violenza sulla pancia, lei ancora invocava la mamma e supplicava: «Che fai Alessandro? Tu così vai all’inferno…». Quando vide le chiazze di sangue sulle sue vesti, la lasciò, ma capì di averla ferita mortalmente. Il racconto è ricavato dalla deposizione prestata dallo stesso Alessandro Serenelli al Tribunale Ecclesiastico.
Le grida di Marietta, a malapena sentite dagli altri, fecero accorrere la madre, che la trovò in una pozza di sangue. Fu trasportata nell’ospedale Orsenico di Nettuno: in seguito alla copiosa perdita di sangue e della sopravvenuta peritonite, provocata dalle 14 ferite del punteruolo, i medici fecero di tutto per salvarla.
Nella notte fu vegliata dal suo parroco, don Temistocle Signori, e da un’amica di famiglia, Teresa Cimarelli; mamma Assunta era stata fatta allontanare dai medici. Il giorno seguente ricevette la medaglia delle Figlie di Maria, poi fu predisposto tutto perché avesse gli ultimi Sacramenti.
Prima di darglieli, don Signori chiese a Maria se perdonasse il suo assassino, come Gesù aveva perdonato sulla croce. La sua risposta fu: «Sì, per amore di Gesù gli perdono e voglio che venga vicino a me in Paradiso».
Spirò alle 15.45 di domenica 6 luglio 1902: aveva 11 anni, 8 mesi e 21 giorni.
Alessandro fu processato e condannato a trent’anni di carcere, di cui tre in isolamento speciale; non gli fu dato l’ergastolo perché minorenne. Il terzo anno di segregazione, nel dicembre 1906, fece un sogno: gli parve di vedere Maria, in un campo di gigli, che gli veniva incontro e gli porgeva quei fiori. Ogni volta che ne prendeva uno – in totale quattordici, come i colpi che le inferse – si tramutavano in lingue di fuoco. Il mattino dopo si rivolse al cappellano del carcere: fu quello l’inizio della sua conversione.
Dopo che la pena gli fu abbreviata a ventisette anni per buona condotta, decise di andare da mamma Assunta a chiederle perdono: gli studiosi attestano come data il Natale del 1934. Lei accettò: non poteva fare altrimenti, visto che la figlia l’aveva perdonato per prima. Si accostarono quindi insieme alla Comunione nella Messa di Mezzanotte. Alessandro lavorò poi come ortolano, anche in vari conventi cappuccini. Morì il 6 maggio 1970, a 88 anni, ormai riconciliato col suo passato.
Il 31 maggio 1935, nella diocesi di Albano, si apriva il processo informativo per la sua beatificazione, mentre nel 1938 iniziò il processo apostolico. Il 25 marzo 1945 papa Pio XII riconosceva che la sua morte era stata un martirio in senso pieno, vista la sua personale spiritualità, il concetto di difesa della purezza come dono di Dio e il ribellarsi coscientemente fino alla morte a un atto che non corrispondeva al volere divino. La beatificazione si svolse nella basilica di San Pietro il 27 aprile 1947, presieduta dal Pontefice.
Essendo stata dichiarata martire, non fu necessario indagare un miracolo per beatificarla, mentre per canonizzarla, secondo le norme dell’epoca, ne occorrevano due. L’11 dicembre 1949 furono quindi riconosciute come miracolose due guarigioni attribuite alla sua intercessione: quella di Anna Grossi Musumarra da pleurite e quella di Giuseppe Cupo da un grave ematoma.
Fu quindi stabilito che la cerimonia in cui Maria sarebbe stata iscritta tra i Santi si sarebbe svolta il 24 giugno 1950. La richiesta di biglietti per l’ingresso fu tale che la celebrazione, per la prima volta nella storia della Chiesa, si svolse in piazza San Pietro.
Al rito assistette, come già a quello della beatificazione, anche mamma Assunta, ammalata e seduta su una sedia a rotelle, ma non in piazza, bensì da una finestra del Palazzo Vaticano. Erano presenti anche due fratelli e due sorelle della nuova Santa.
La fama di santità di Marietta si diffuse subito dopo il suo assassinio: già il giorno dei suoi funerali, l’8 luglio 1902, una folla imponente venne a prestarle omaggio. Il suo corpo venne poi sepolto, a spese del Comune, nel cimitero di Nettuno.
Ventisei anni dopo, il 26 gennaio 1929, i resti vennero riesumati e messi in una cassetta di zinco, conservata presso il santuario della Madonna delle Grazie a Nettuno, custodito dai padri Passionisti. Nel 1947, in occasione della beatificazione, furono ricomposti in una statua con mani e volto di cera. Dopo i lavori di restauro, nel 1969, hanno trovato sistemazione definitiva nella cripta del santuario, che già da tempo era diventato meta di innumerevoli pellegrinaggi da tutto il mondo.
Un’altra reliquia è custodita nel santuario a lei dedicato a Corinaldo, sua città d’origine. La sua memoria liturgica cade il 6 luglio, giorno della sua nascita al cielo. Fonte santiebeati.it
Autore: Antonio Borrelli ed Emilia Flochini
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