Il seminatore uscì a seminare: la parabola non perde tempo in preamboli o analisi, racconta un fatto o una esperienza. Il seminatore, non un; il Seminatore per eccellenza, Colui che con il seminare si identifica, perché non fa altro che questo: dare vita, fecondare. Seminatore: uno dei più belli nomi di Dio. E subito l’immagine d’un tempo antico ci riempie gli occhi della mente: un uomo con una sacca al collo che percorre un campo, con un gesto largo della mano, sapiente e solenne. Ma il quadro collima solo fin qui. Il seminatore della parabola è diverso, eccessivo, illogico: lancia manciate generose anche sulla strada e sui rovi. È uno che spera anche nei sassi, un prodigo inguaribile, imprudente e fiducioso. Un sognatore che vede vita e futuro ovunque. Una pioggia continua di semi di Dio cade tutti i giorni sopra di noi. Semi di Vangelo riempiono l’aria. Si staccano dalle pagine della Scrittura, dalle parole degli uomini, dalle loro azioni, da ogni incontro. Ma per quanto il seme sia buono, se non trova acqua, luce e protezione, la giovane vita che ne nasce morirà presto. Il Seminatore getta il seme, ma è il terreno che permette di crescere. Allora io voglio farmi terra buona, terra madre, culla accogliente per il piccolo germoglio. Come una madre, che sa quanto tenace e desideroso di vivere sia il seme che porta in grembo, ma anche quanto fragile, vulnerabile e bisognoso di cure, dipendente quasi in tutto da lei.
Essere madri della parola di Dio, madri di ogni parola d’amore. Accoglierle dentro sé con tenerezza, custodirle e difenderle con energia, allevarle con sapienza. Ognuno di noi è una zolla di terra, ognuno è anche un seminatore che cammina nel mondo gettando semi. Ogni parola, ogni gesto che si stacca da me, se ne va per il mondo e produrrà qualcosa. Che cosa vorrei produrre? Tristezza o germogli di sorrisi? Paura, scoraggiamento o forza di vivere?
«Il cristiano è uno ben consapevole che la sua vita darà frutto, ma senza pretendere di sapere come, né dove, né quando. Ha però la sicurezza che non va perduto nessun atto d’amore per Dio, non va perduta nessuna generosa fatica, nessuna dolorosa pazienza. Tutto ciò circola nel mondo come una forza di vita». (E.G. 278-279). a cura di Padre Ermes Ronchi
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