Una lettera scritta col cuore. Nel giorno della Festa dei Lavoratori. Il Sindaco di Amatrice, Filippo Palombini, scrive al Premier al Conte per tornare a far luce sulla questione della ricostruzione. Parlando del “Lavoro” post terremoto. Pubblichiamo il testo integralmente:
Signor Presidente,
Le scrivo perché il primo maggio si parlerà di un tema che è nel cuore di tutti gli italiani: il lavoro.
Lei e tante altre cariche istituzionali parlerete della sua importanza nella vita democratica, pilastro di una Costituzione di cui è fondamenta irrinunciabile.
Immagino che tutti, giustamente, evidenzierete come il lavoro rappresenti la dignità dell’individuo e il fondamento del vivere civile.
Signor Presidente, io però Le chiedo di più.
Anche io ogni giorno ringrazio i lavoratori del terremoto, dai soldati che nei momenti più drammatici hanno rappresentato, con grande generosità e professionalità, l’immagine più bella della nazione. E insieme a loro, la mia riconoscenza va alla Protezione Civile, ai volontari, alla Polizia, all’Arma dei Carabinieri, che con il loro esempio e la loro dedizione, hanno lasciato un segno indelebile nella memoria dei miei concittadini, nella storia delle loro famiglie e nella storia di Amatrice.
Ma insieme ai lavoratori del terremoto, ci sono anche e soprattutto i lavoratori che hanno perso il lavoro a causa del terremoto.
Ho paura, infatti, che nel giorno della loro festa, in pochi si ricorderanno di noi, di quella parte dell’Italia, dove il dramma ha dato ancora un significato in più al lavoro: non il lavoro come benessere, ma come sopravvivenza, non come dignità dell’individuo, ma come segno di futuro per intere comunità.
Signor Presidente, proprio in questi giorni si discute l’ennesimo decreto che, come gli altri, sembra anch’esso destinato a diventare l’ennesima occasione sprecata, l’ennesima delusione rispetto a promesse fatte e non mantenute. Ma soprattutto, e La invito a riflettere, un decreto che non fa menzione degli oltre 12.000 posti di lavori spazzati dagli eventi, un decreto nel quale la parola ‘ lavoro’ non è nemmeno nominata.
Se non lo fanno gli altri, signor Presidente, lo faccia Lei. Si ricordi di questa gente, che in occasione della sua visita ad Amatrice e nelle frazioni circostanti l’ha fatta commuovere; faccia sentire il senso dell’impegno delle istituzioni e il valore della parola data.
Non ci faccia sentire abbandonati, ma accolti. Lei, nell’atto del Suo insediamento si è definito “avvocato del popolo”, difenda anche noi. (fonte leggo.it)
Redazione Papaboys
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