Il sindaco musulmano di Nazaret: ‘la festa dell’Annunciazione diventerà festa civile’

“Il mio più grande desiderio che la festa dell’Annunciazione sia proclamata ufficialmente festa civile per tutta Nazareth”. Così si è espresso il nuovo sindaco di Nazareth, il musulmano Ali Salam, in un recente incontro con alcuni rappresentanti delle comunità religiose cittadine che erano andati a congratularsi con lui nella sede della municipalità in occasione dell’inizio del suo mandato politico. All’incontro – svoltosi lunedì 17 marzo – era presente anche il vescovo cattolico Giacinto Boulos Marcuzzo, vicario patriarcale per Israele del patriarcato di Gerusalemme dei latini. Secondo quanto riportato dalle fonti ufficiali del patriarcato latino riprese dall’agenzia Fides, il sindaco Salam ha fatto esplicito riferimento al “precedente” del Libano, la nazione del Medio Oriente dove dal 2010 la solennità dell’Annunciazione è stata proclamata festa nazionale, con l’intento dichiarato di trovare nella devozione a Maria – condivisa anche dai musulmani – un punto di convergenza tra le diverse comunità religiose. “Dal momento che il Corano parla molte volte della Vergine Maria, e che questa festa è divenuta festività nazionale in Libano” così si è espresso il sindaco Salam “perché non proclamarla come festa per tutta la città di Nazareth, dove accadde l’evento dell’Annunciazione?”. Tutti i rappresentanti delle delegazioni presenti – cristiani, musulmani e drusi della Galilea – hanno salutato con un applauso comune il proposito espresso dal sindaco. Il nuovo sindaco Salam ha ottenuto un’ampia maggioranza di consensi (il 62% contro il 38 %) alle elezioni che l’11 marzo lo hanno visto contrapposto al sindaco uscente, Ramez Jarayseh, in carica dal lontano 1994. Un precedente appuntamento elettorale, svoltosi lo scorso ottobre, era stato seguito da ricorsi e da contestazioni dei risultati, con l’intervento finale della Corte Suprema che aveva stabilito di ripetere le elezioni municipali. Ali Salam era sostenuto dalla Lista civica Nassirati (“Mia Nazareth”), da lui stesso fondata, di matrice musulmana moderata.

Perché la Chiesa celebra la Festa dell’Annunciazione? Perché è importante per la Chiesa Cattolica? Questa festa, che ricorre il 25 di marzo, la chiesa intende celebrare il mistero dell’Incarnazione del Verbo: e perciò anticamente fu chiamata festa della Divina Incarnazione. Il terzo Vangelo è il solo che parli dell’Annunciazione (Luca, I, 26-38), raccontando come l’angelo Gabriele apparso in Nazareth a Maria, le annunciasse che sarebbe diventata, per virtù dello Spirito Santo, madre del Messia Gesù. Perciò i Greci chiamarono la festa εὐαγγελισμός, “buon annuncio”.

La festa-. L’opinione che la fa risalire all’età apostolica si può scartare senz’altro; e si possono scartare allo stesso modo, perché apocrifi, altri testi dal sec. III al IV, mentre anche nei secoli IV e V non ne troviamo menzione esplicita anche là dove sarebbe stato naturale parlarne. Eppure alcuni fatti, alcune fonti letterarie e induzioni plausibili da altre testimonianze e documenti permettono di affermare che la festa dell’Incarnazione, almeno in alcune località, era celebrata fin da quel tempo. A renderla popolare contribuì senza dubbio la condanna di Nestorio e l’esaltazione della Vergine come madre di Dio (ϑεοτόκος) fatta nel concilio di Efeso nel 431. Ma, poiché la festa cadeva in Quaresima, ed essendovi divergenze circa la data precisa, nella Spagna il decimo concilio nazionale di Toledo trasportò la festa all’epoca dell’Avvento, il 18 dicembre. E la concezione rigida, secondo la quale non si dovevano celebrare feste in Quaresima, perdurò, oltre che nella liturgia mozarabica della Spagna, anche nel rito ambrosiano, che dedica alla Vergine la sesta domenica del proprio Avvento, forse nei riti di Aquileia e di Napoli; nella liturgia nestoriana. Anche vari testi liturgici dimostrano che anticamente tra la festa dell’Annunciazione e l’Avvento i rapporti furono assai stretti. Ma già il concilio in Trullo (Costantinopoli 692) aveva stabilito che l’Annunciazione si celebrasse in Quaresima: papa Sergio (687-701) dispose che nelle quattro feste della Vergine si compisse una processione solenne.

L’Annunciazione nell’arte-. Il saluto dell’Angelo alla Vergine ha ispirato l’arte cristiana fin da epoca molto antica. Derivando dal protovangelo di Giacomo, gli artisti, nel sec. V, rappresentano la Vergine seduta, in atto di filare la lana che servirà per tessere la tenda del Tempio, oppure presso la fonte in procinto di attingervi acqua. Più tardi l’Angelo passa dalla destra alla sinistra della Vergine, la quale, tolte alcune rare eccezioni, è rappresentata non più seduta, bensì ritta. Questo nuovo tipo iconografico della Vergine in piedi, che appare per la prima volta nel sec. VI in Siria e in Palestina, sembra però essersi formato a Costantinopoli, sovrapponendosi, se anche non eliminandolo del tutto, a quello della Vergine seduta, in atto di filare, di origine siriaca. A partire dal sec. VI la Vergine ritta costituisce un motivo comune a Bisanzio e all’Oriente. Ma le due tradizioni, che continuano parallele anche nell’Occidente, si distinguono per il gesto largo e animato nei monumenti siriaci, più raccolto e calmo nelle raffigurazioni bizantine. Dall’arte monastica e popolare bizantina, differente dall’iconografia ufficiale, derivano le miniature nelle omelie del monaco Giacomo, illustranti, se anche in forma stereotipata e poco variata, i diversi momenti delle leggende fiorite intorno all’Annunciazione: vi è particolarmente da notare la rappresentazione della Trinità che, circondata da angeli, ordina a Gabriele il suo messaggio, soggetto che Giotto riprese, dall’iconografia bizantina nell’arco trionfale dell’arena di Padova. Nel sec. XII riaffiorano più frequenti nell’arte occidentale gli antichi motivi iconografici della Vergine in atto di filare, ritta o seduta, e presso la fonte, non mai del tutto scomparsi nell’Oriente. E nello stesso torno di tempo comincia a diffondersi l’immagine della Vergine col libro nelle mani, che ha lontane origini nei racconti dei Vangeli apocrifi (Protovangelo di Giacomo, Psedo-Matteo) e che verrà spesso rappresentata dai pittori italiani, dal Cavallini in poi. Alla scena si aggiunge non di rado la figura minuscola della fantesca o compagna di Maria, già apparsa in avorî carolingi. Spesso si vede, nelle Annunciazioni del sec. XIII, un vaso di gigli, motivo derivato probabilmente dall’arte bizantina, e poi diffusosi ovunque. Alla fine dell’epoca romanica e nel sec. XIV l’Annunciazione. perde le aggiunte e i particolari desunti dai racconti apocrifi; la scena si fa più solenne ed umana ad un tempo. Il bastone viatorio o lo scettro regale dei Bizantini che l’Angelo reggeva, si trasforma in una palma, in un ramo d’olivo, in uno stelo di gigli fioriti. Nell’alto appare spesso Dio Padre benedicente, entro un’aureola, circondato da angeli. Sul raggio d’oro che si diparte dalla sua bocca si libra la colomba dello Spirito Santo che a volte si vede scendere anche sola verso la Vergine. Particolarità non infrequente nella pittura fra il Trecento e il Quattrocento, specie nell’Italia centrale, è la rappresentazione del Bambino che scende sul raggio al seno della Vergine: probabilmente fu ispirata dalla letteratura mistica. L’arte del Rinascimento, che accoglie questi ed altri motivi nel suo complesso repertorio iconografico delle rappresentazioni dell’Annunciazione colloca la scena entro ambienti sempre più ricchi e fastosi con particolari naturalistici sempre più accentuati, conformemente alle tendenze artistiche del tempo. I parchi e sobri accenni all’interno della stanza da letto nell’affresco di Giotto a Padova si precisano, più particolari, in quella di Pisanello in San Fermo Maggiore a Verona, diventano d’una ricchezza sovraccarica ed esuberante nell’Annunciazione di Carlo Crivelli a Londra. Di frequente l’Annunciazione si svolge sotto un portico, chiuso nel fondo da una balaustrata marmorea, oppure aperto per mezzo di arcate su giardini fioriti o su interni architettonici sontuosi. E libera circola l’aria e la luce nell’Annunciazione di Leonardo da Vinci, senza architetture superflue alla vita misteriosa della natura. Ma dal Quattrocento in poi è inutile classificare, per tipi a cui gli artisti si attengano, questa e altre rappresentazioni, mentre ogni grande maestro vi adatta al proprio genio e al proprio temperamento i dati iconografici trasfigurandoli nella propria arte. Lo provano alcune fra le tante rappresentazioni più celebri e più diverse tra loro: l’Annunciazione di Donatello in S. Croce a Firenze; quelle del Pinturicchio nella Collegiata di Spello, del Tiziano in S. Salvatore a Venezia, di Orazio Gentileschi nella Pinacoteca di Torino. Citiamo poi tra le più note annunciazioni di maestri stranieri, quelle dei fratelli Van Eyck a Gand, di Stephan Lochner nel duomo di Colonia, del maestro di Flémalle al Prado di Madrid, di Ruggero van der Weyden al Metropolitan Museum di New York e, tra le Annunciazioni di pittori moderni, quelle di D.G. Rossetti alla Tate Gallery di Londra e di M. Denis. (V. tavole C I – CX).

Ordini religiosi-. Vari istituti prendono nome dal grande annunzio dell’angelo alla Vergine. Sono da ricordare tra essi, oltre ai serviti (Servi di Maria):

1-. Le Annunziatine, (o annunziate di Lomoardia, ambrosiane, suore di S. Ambrogio o di Santa Marcellina). – Organizzate a Pavia nel 1408 con la guida del benedettino Morosini, Contarini e Beccaria, dalle nobili Duodi, si proposero l’assistenza degli infermi. Le costituzioni redatte sulla regola agostiniana furono approvate da Nicolò V e modificate da S. Pio V il quale volle che i singoli conventi fossero sotto la giurisdizione vescovile. Tra le suore annunziatine morte in concetto di santità fu S. Caterina Fieschi di Genova.

2-. Le annunziatine francesi di Bourges, (o monache francescane dell’Annunciazione).  Risalgono alla B. Giovanna di Valois figlia di Luigi XI, la quale, come fu dichiarato nullo il suo matrimonio col duca di Orléans – che divenne in seguito Luigi XII – nel 1498 raccolse nel proprio castello alcune nobili fanciulle e diede loro una regola ispirata alle principali virtù della Vergine e confermata da Alessandro VI. Fra Gabriele Nicolai dei minori, confessore della B. Giovanna e non 1avorevole dapprima alla fondazione, ne divenne poi superiore e rivide le costituzioni, approvate da Giulio II. Leone X arricchì di privilegi l’istituto e lo rese dipendente dai francescani. Vi si osservano i tre voti consueti, oltre la recita del breviario e la clausura. Le suore portano l’abito grigio con lo scapolare rosso sul petto, un largo mantello e velo nero. Ebbero fino a 45 case, in Francia, Lorena, Belgio, Paesi Bassi e Fiandre. La fondatrice – nata nel 1464 e morta nel 1505 fu canonizzata nel 1775 da Pio VI.

3-. Le annunziatine celesti. Trassero origine dalla B. Maria Fornari Strata di Genova (1562-1617; beatificata nel 1828). Morto il marito, e collocati in convento i figli, ella ricevé l’abito religioso nel 1064, e col P. Bomelli istituì una comunità di suore che si proponevano il distacco dal mondo e la povertà. Adottarono la regola di S. Agostino. Vivendo in rigida clausura, è consentito ad esse di parlare solamente poche volte l’anno con i parenti; preparano vesti e ornati per gli altari. Uniscono al nome anche quello di Maria Annunziata. Le costituzioni, dettate dal gesuita Zannoni, ebbero l’ultima conferma dal papa Urbano VIII (163I). Nel 1666 l’istituto delle annunziatine si era rapidamente diffuso fino a contare quaranta case in Italia, Francia e Danimarca dove furono introdotte dalla contessa Rantzau. Furono dette turchine o celesti dal colore del manto e della cintura che portano sulla veste bianca.

4-. Terziarie domenicane dell’Annunziata. Sorte in Vich nella Spagna nel 1858 per opera del P. domenicano Coll, ricevettero il decreto di lode da Leone XIII nel settembre 1898 e l’approvazione il 29 maggio 1907. Curano la educazione e l’istruzione delle ragazze. Nel 1924 si contavano 1,300 suore con 127 case stabilite in Spagna e nell’America del Sud.

5-. L’arciconfraternita dell’Annunziata. Fondata in Roma nel sec. XV da nobili signori per provvedere di doti le fanciulle povere, e aggregata da Pio II alla chiesa di S. Maria sopra Minerva, eresse in questa una splendida cappella in onore dell’Annunziata con le grandi elargizioni del cardinale Torquemada. Fu arricchita di lasciti particolarmente da . Urbano VII, al quale, nella cappella stessa, fu dedicato un monumento. a cura di Francis Marrash

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