Il fondo dei Firmani della Custodia è di una ricchezza eccezionale sia per il numero – « 2743 sono catalogati, altri lo saranno prossimamente ; un’equipe arriverà quest’estate per proseguire l’inventario » precisa Fra Sergey – sia per la qualità di conservazione, ma anche perché alcuni pezzi – oltre ad essere dei documenti giuridici ancora in vigore (almeno per la maggior parte) – sono, nella loro composizione stessa, delle vere opere d’arte. Uno dei pezzi più belli della collezione dei Francescani – informa il sito della Custodia Francescana – sarà presentato nel museo. Appartiene alla collezione « gold », ai firmani dorati poiché miniati con un foglio d’oro. Ma un tale documento non può essere esposto senza precauzioni particolari. In verità, non vi sarà soltanto un firmano ad essere esposto, ma tre o quattro, a turno, per esigenze di conservazione.
Ed è un quadro molto particolare, chiamato « teca », che oramai conterrà questi documenti. La teca è ermetica, la sua struttura metallica è anticorrosiva, assicurando la stabilità igrometrica, nonostante le variazioni esterne.
Prima di mettere sotto vetro il firmano « 365(i) » – la sua referenza nel catalogo – è stato necessario restaurarlo. « Questo firmano tratta di alcuni diritti accordati ai Francescani al Santo Sepolcro. Per le manipolazioni subite lungo i secolo, è diventato fragile. Si sono costatate qui e là delle macchie, degli strappi sia sulla carta che sul tessuto su cui è incollato. D’altronde, il modo di conservazione, a rotolo per la sua grandezza (167 cm x 66 cm), e il fatto che è stato srotolato a varie riprese poi nuovamente arrotolato, necessita un intervento » prosegue Fra Sergey. Bisogna anche dire che il documento data del 1755. È stato emesso dalla Porta Sublime, nome consacrato per designare il governo del sultano dell’Impero ottomano.
Fra Sergey si è rivolto a due restauratrici del laboratorio Consorzio Indaco ( Brescia, Italia) una, Chiara Lancini, specialista di pergamene, l’altra, Ilaria Mensi, di tessuto. Dal 9 al 21 aprile, hanno soggiornato a Gerusalemme per intervenire su vari documenti, fra cui il prezioso firmano.
In una sala del convento di San Salvatore, il firmano è posto su una tavola, la carta da una parte e il tessuto dall’altra. Sembra quasi una sala operatoria : scalpelli, forbici, pinze, guanti bianchi e perfino un pezzo d’osso…. I camici bianchi di Chiara e Ilaria contribuiscono a creare l’atmosfera.
Chiara rifinisce il suo lavoro sui bordi della carta. Ha dovuto ricostruire il materiale perché qua o là era mancante. Per far ciò è arrivata a Gerusalemme con delle pergamene di varie grammature per poter scegliere quella che più si avvicinava alla carta originale. A conclusione, il suo intervento si può indovinare solo mettendo il documento contro luce. Persino il colore del pezzo aggiunto è stato lavorato per confondersi con quello del firmano.
« E se il buco fosse stato nel bel mezzo del testo ? » « Se parte del testo manca, spiega Chiara, è evidente che non siamo in misura di ricostituirlo. Ci succede di farlo, in italiano o in latino, ma qui no poiché ci sono caratteri arabi ». In realtà il testo in questione è scritto in osmanli, cioè in turco scritto
in caratteri arabi.
Dal canto suo, Ilaria lavora sul tessuto che era stato incollato alla carta. Erano infatti proprio incollati, ma Ilaria e Chiara li hanno separati l’uno dall’altra. Un’operazione delicata : la carta di una grammatura leggera era incollata su una stoffa altrettanto leggera.
Fra il resto, nel rapporto d’intervento che hanno stilato, le due restauratrici hanno spiegato bene come la deteriorazione del firmano è dovuta in parte al diverso modo con cui i due materiali reagiscono al tempo e alle condizioni cui sono stati esposti, causando delle tensione tra i due materiali.
Anche Ilaria è arrivata a Gerusalemme con il suo materiale e con delle stoffe. « Le ho comprate presso un’impresa francese ». La trama della stoffa dev’essere il più vicino possibile alla trama del tessuto originale. Ma è la stessa Ilaria che prepara la tinta per arrivare ad ottenere la sfumatura giusta. « Anche le tinte devono corrispondere a dei criteri specifici, essere naturali et non contenere metalli, in modo da non degradare la fibra né del velo, né della carta che vi sarà incollata di nuovo. »
Deve intervenire laddove la stoffa è mancante, soprattutto sui bordi che hanno sofferto di più e si sfilacciano. È presentando un conta-fili e indicando col dito questa o quella parte di tessuto che Ilaria propone di verificare il suo lavoro. A occhio nudo infatti è difficile vedere il suo intervento. La stoffa è come nuova, pulita e stirata.
Sia per l’una che per l’altra restauratrice, il lavoro – così preciso – è reso più semplice dalla qualità dei materiali usati nei secoli scorsi. « Le opere moderne si deteriorano molto più velocemente » afferma Chiara.
Abituate entrambe a veder passare tra le loro mani esperte delle opere d’arte, spiegano che il loro entusiasmo non nasce dall’età del documento da restaurare, ma dalla bellezza da restituire. Ilaria usa un’analogia interessante. « Il rapporto che abbiamo con l’opera e con il commendatario è simile a quello del medico con il suo paziente, mentre la famiglia lo interroga sul suo stato e le sue possibilità di guarigione. Stabiliamo una diagnosi e mettiamo in atto un protocollo per curarlo. »
La famiglia della Custodia, rappresentata da Fra Sergey, è felice dopo un tale intervento. Il firmano, non solo sta bene, ma ha ritrovato una nuova giovinezza.
Ma cosa ne è degli altri 2742 ? « Bisognerà ripulire tutti i firmani », spiega Fra Sergey. Con un gesto della mano, fa capire che l’operazione sarà costosa. « Nell’attesa, nuove misure di conservazione sono prese per tutta la collezione. Infatti, gli archivisti sono sollecitati sempre più da ricercatori e studenti. Alcuni documenti saranno messi sotto vetro per essere presentati anche nelle esposizioni temporanee. » E prosegue : « Ne abbiamo restaurati tre in profondità, ma ancora un centinaio di firmani necessita delle stesse cure. »
Una missione che dovrà trovare dei finanziamenti esterni per essere condotta a termine.
di Massimo Francini per Redazione Papaboys
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