Sorpreso dalla sorpresa. Antonio Staglianò, il vescovo di Noto, diventa una star della rete perché il 22 marzo in un’omelia a dei cresimandi canta Noemi e Mengoni.
Prima riportano la notizia Newtuscia.it e Ragusanews.it; poi da lì si passa a melty.it, la grande stampa e infine youtube.
Attraverso “Vuoto a perdere” di Noemi “, il vescovo spinge i ragazzi ad essere se stessi e a non rimanere invischiati da “le mode dell’ipermercato, dove la gente ti guarda se hai i soldi e non il cuore”.
Poi con “Guerriero” e “Essere umani” di Marco Mengoni sottolinea che “Amore può diventare una parola vuota e stupida, solo il cuore può riempire le parole del loro contenuto umano” chiarendo che le sue citazioni “aiutano a far capire le cose, altrimenti non capiamo nulla. Se cantiamo, le cose si capiscono”.
Comprendo che ci si stupisca e che il tutto divenga virale ma un po’ mi dispiace, perché il vescovo ha fatto solo come Cristo. Duemila anni fa, per le sue parabole, il falegname di Galilea non usò mai legno, chiodi e martelli – che furono gli strumenti della sua crocefissione – ma pesci, chicchi di grano, viti e campi da arare.
Che erano la vita quotidiana non dei carpentieri ma dei contadini e dei pescatori, cioè di chi lo ascoltava. Poiché presumibilmente, nei paesini dove predicava, gli ebanisti erano pochi mentre invece erano molti quelli che spargevano semi, tiravano la rete, si sposavano, provavano buoi, aravano terreni, litigavano, subivano soprusi da giudici iniqui, partivano per le guerre, si compiacevano perché il padrone non tornava o borbottavano perché il salario era basso: tutte cose che a Gesù – che lavorava in proprio in una bottega col papà – non capitavano.
Regola fondamentale del comunicare è partire dalla vita di chi ti ascolta. Se sei falegname e parli a contadini fai esempi di campi e non di pialle. Questo ha fatto il vescovo di Noto quando ha cantato le canzoni degli adolescenti che cresimava. Questo faceva Gesù di Nazareth duemila anni fa, e meravigliarsi di chi lo fa ora lascia un po’ pensierosi. Mettersi nei panni di chi ascolta, mettersi nei panni degli altri, è un augurio di Pasqua che vale per tutti, per chi crede e per chi no.
Di Don Mauro Leonardi
Articolo tratto da L’Huffingtonpost