“NOI PER – Unici, Solidali, Creativi”, è il titolo che i giovani hanno voluto dare all’incontro-festa con Papa Francesco e i Padri sinodali, in occasione della XV Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei vescovi.
Emanuela Campanile – Città del Vaticano
I giovani di tutto il mondo si raccontano alla Chiesa e al Papa in un intero pomeriggio scandito da momenti artistici, musicali e testimonianze su tre temi a loro particolarmente cari: la ricerca della propria identità, le relazioni e la vita come servizio e donazione. NOI PER – Unici, Solidali, Creativi è il titolo della manifestazione inserita nell’ambito del Sinodo a loro dedicato, e curata dalla Congregazione per l’Educazione Cattolica. Cornice dell’evento, l’Aula Paolo VI.
Con coraggio i ragazzi aprono il cuore davanti a Papa Francesco e ai Padri sinodali perchè, spiegano, “vogliamo farvi fare un viaggio alla scoperta di noi, delle nostre vite”. Così Daniel inizia a raccontare del suo passato in carcere e del cammino di fede iniziato grazie all’incontro con una volontaria durante i mesi di detenzione a San Vittore. E’ affascinato dalla proposta cristiana “perchè – dice – è esigente, perchè interpella seriamente la mia libertà e non mi propone facili scorciatoie per la felicità”. “Non dimenticatevi di noi”, conclude, “di quei giovani che per un misterioso disegno della vita hanno conosciuto l’abbandono, il carcere, la solitudine”.
L’esperienza di Aziz, iracheno, che per un attacco terroristico al villaggio in cui abitava perde la sua quotidianità, trova un punto in comune con quella di Valentina, Claudio e Dario: lei dipendente dalle chat, gli altri due dalla droga e dalla pornografia. Questi quattro giovani si avvicinano a Gesù, al “Cristo abbandonato” ma che non abbandona. A Gesù Eucarestia che dona la possibilità di rinascere e di sentirsi amati anche se si è lontano dal proprio Paese, da se stessi o persi nel buio della solitudine. “Scegliere il Cileo non è uno scherzo”, spiega Valentina, “ricordo mesi di notti insonni”, “lacrime”, “ma a piccoli passi” e “con l’aiuto di molte persone” “ho imparato ad accogliere e a condividere le mie fragilità”. Ma il Signore regala anche altro, come conferma Claudio che, in comunità di recupero, scopre i talenti donati da Dio, e come Dario che comprende attraverso l’abbraccio di una persona, che l’amore di cui era in cerca ha il volto di Dio Padre.
Gli amici le dicono che ha fatto “una scelta incomprensibile” ma Valentina non si preoccupa. Vuole abbracciare la vita religiosa, dice, vuole diventare suora perchè, spiega, “niente spegneva la mia inquietudine” anche se fidanzata e con un lavoro. Per lei, prendere i voti significa realizzare un sogno anche se a molti sembra “fuori dal mondo”.
Essere giovani non è facile, soprattutto se affronti il dolore. Vederlo o viverlo pone una serie di domande che possono spezzare se non volgi il tuo sguardo a “Gesù abbandonato”. Lo testimonia Ana con la sua esperienza a fianco di pazienti per i quali non c’è più cura. Racconta del dialogo tra lei e Hugo, un giovane malato terminale, e della forza di parlare di Dio dato che, lo confessa, “non so dove ho trovato il coraggio”. Forse, tutto nasce ancora una volta da quel “Gesù abbandonato” che la incita a non temere e che porterà lo stesso Hugo a scriverle in una lettera testamento: “Dio mi chiamerà presto, ma devo dirti che adesso non ho più paura”.
Lavorare per i dimenticati, impegnarsi per la cura del creato sono alcuni degli orizzonti verso cui molti giovani spingono il loro cuore. Conoscono le parole pace, perdono, condivisione perchè le vivono quotidianamente nella polvere di campi profughi o durante le Missioni di Pace in luoghi di guerra. Giovani che hanno paura come tanti ma che hanno imparato a fidarsi di Dio, lo hanno riconosciuto nella loro storia e lo vogliono testimoniare. Vogliono testimoniare che la speranza esiste, ha un volto e un nome. Si chiama Gesù. Alcuni di questi ragazzi prenderanno i voti, si consacreranno, diventeranno magari teologi, altri padri e madri di famiglia, alcuni hanno intrapreso una carriera diversa da quella precedentemente scelta perchè in contrasto con il proprio credo e con il più profondo dei desideri: essere prima di tutto una persona impegnata nella costruzione di una società non violenta e a servizio del prossimo.
Dell’amore per il prossimo e per il Creato sono testimoni i bambini che frequentano l’Istituto pubblico di San Sebastian di La Plata-Huila, in Colombia. Con un collegamento live, si arriva dall’altra parte dell’Oceano e si impara che anche i più piccoli possono diventare “agenti di cambiamento”. Il progetto Yo puedo! – Io posso! aiuta i coltivatori di caffè e contribuisce a diminuire l’inquinamento con l’uso di pannelli solari.
Se la gioventù è un dono, è anche un momento di grandi scelte. Prima fra tutte – come spesso ricorda Papa Francesco – quella di non lasciarsi “rubare la speranza”, motivo di gioia e forza rinnovata che in Gesù Cristo trova il suo senso.
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