Vi riproponiamo cari lettori, questa testimonianza dello scorso anno. La situazione non è cambiata, ed ancora oggi, nella solitudine, nelle difficoltà, nel ‘buio dei regimi di morte’ qualche fratello cristiano rischia la vita per permettere ancora una volta a Dio, di venirci a trovare con gli occhi ed il volto di un bambino.
I cristiani della Corea del Nord “hanno celebrato il Natale come quelli di tutto il mondo, ma in tunnel sotterranei nascosti alle autorità. Hanno rischiato la vita, così come continuano a rischiare la vita ogni volta che pregano. Anche se qui in Corea del Sud ci sono molte chiese, i cristiani del Sud non hanno idea di quanto siano ferventi le preghiere di quelli del Nord”. A parlare è Han Min, esule dal regime stalinista di Pyongyang, che grazie all’aiuto di una chiesa protestante è riuscito a fuggire dalla persecuzione e si è convertito.
Han fa parte della chiesa Durihana di Seoul, retta dal pastore Chun Ki-won. Da circa 14 anni la sua comunità è impegnata nell’aiutare coloro che vogliono lasciare la parte nord della penisola: secondo le stime del religioso, in questo periodo sono stati aiutati circa 1000 nordcoreani. Scappati in Cina, sono passati nell’Asia sud-orientale per poi arrivare a Seoul.
Il pastore è convinto che l’aiuto fornito a questi disperati li abbia condotti “con naturalezza” al cristianesimo: “In Corea del Nord – dice rispondendo ad alcune domande dell’Agenzia Asia News- vige una situazione sociale che è simile a un culto. Tutto è concentrato su Kim Il-sung, così come un fedele concentra la propria vita su Dio. Gli esuli conoscono questa realtà e possono adattarsi con facilità al sistema cristiano”.
Nel Paese, uno degli ultimi regimi totalitari al mondo, esistono alcune chiese controllate dallo Stato: “Si tratta solo di propaganda, per mostrare al mondo che loro hanno la libertà di religione. Io non riconosco quelle chiese perché le loro intenzioni non sono sincere. Ma in Corea del Nord ci sono luoghi che potremmo chiamare chiese: sono sotterranee, luoghi dove due o tre persone si riuniscono in segreto a costo della vita per celebrare le funzioni religiose”.
Insieme ad Han Min un altro centinaio di persone ha celebrato il Natale in libertà, nella chiesa del pastore Chun: “Questo è un periodo in cui si dovrebbe stare con chi amiamo, soprattutto la famiglia. Per me sarebbe sufficiente sapere se [i miei familiari] sono ancora vivi, dato che non ho loro notizie da circa 16 anni”.
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