Prima dell’udienza generale Francesco ha salutato nell’Auletta dell’Aula Paolo VI i rappresentanti della Casa di riposo che in Belgio, a Bonheiden, accoglie persone malate di Alzheimer e che ha tra le sue attività un Coro: il canto più bello per il Signore è mettere in comune le nostre fragilità e accettarle reciprocamente
Un gruppo “speciale” di anziani, in pellegrinaggio a Roma, che viene accolto da Francesco e canta per lui : è avvenuto questa mattina poco prima dell’inizio dell’udienza generale. Di fronte al Papa gli ospiti di una Casa di riposo di Bonheiden in Belgio, dove è nata l’iniziativa di un Coro, chiamato Arcobaleno.
Sono anziani con diagnosi di demenza, di Alzheimer, che s’incontrano ogni giorno per pregare e ascoltare la Messa ed è proprio durante i cori della celebrazione eucaristica che hanno ritrovato, nel cantare insieme, un forte legame con il presente segnato dalla malattia e col passato di persone sane, quel passato che spesso la memoria cancella. Nel loro canto, dunque, una cura. E al Papa hanno fatto sentire proprio le loro voci, un’armonia che ha colpito Francesco:
Penso che per voi cantare insieme sia una consolazione, un sostegno, che aiuta ad andare avanti e a sopportare il peso della malattia che certamente si fa sentire. Anzi, penso che il vostro canto sia reso più prezioso dalla vostra vulnerabilità. Penso che il fatto di mettere in comune le nostre fragilità e accettarle reciprocamente, questo è il “canto” più bello, l’armonia più gradita a Dio, un “arcobaleno” non di perfezioni, ma di imperfezioni!
A dirigere questo coro la “bacchetta della tenerezza”: rivolto al Direttore il Papa parlando a braccio, ne ha rimarcato il gesto con cui, come ogni guida sul podio, tiene insieme le voci o gli strumenti. In questo caso è un gesto del tutto particolare, “gesto di tenerezza che ci rende tutti più umani”:
E con la sua tenerezza, la vostra tenerezza, di tutti, oggi abbiamo adempiuto il quarto comandamento: onorare gli anziani che sono la nostra memoria. Forse qualcuno di loro ha perso la memoria, ma loro sono il simbolo della memoria di un popolo, loro sono le radici della vostra patria, della nostra umanità. Sono le radici, e i giovani devono venire lì a prendere il succo delle radici per portare avanti la civiltà.
servizio di Gabriella Ceraso – Città del Vaticano per Vaticannews.va
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