Nel 1936, in Spagna scoppiò la guerra civile dopo che i nazionalisti, guidati dal generale Francisco Franco, rovesciarono il governo di sinistra della Seconda Repubblica spagnola. Il periodo della storia spagnola che ne seguì è conosciuto come “Terrore Rosso”.
Dal 1936 al 1939, decine di migliaia di persone furono assassinate da militanti della sinistra secolarizzata, avendo questa fazione instaurato un regno di terrore anticlericale contro la religione e ogni cosa che riguardasse il cattolicesimo, che odiavano più di quanto si possa immaginare.
La violenza era rivolta anche contro chiese e monasteri, e molti furono dati alle fiamme e saccheggiati per puro odio.
La storia seguente non è quella di un sacerdote o di una suora, ma invece di una ragazza rom di nome Emilia Fernandez Rodriguez.
Il 25 marzo di quest’anno, Emilia è andata ad ingrossare le fila di coloro che sono onorati come martiri della guerra civile spagnola. Inoltre è diventata la prima donna Rom ad essere beatificata dalla Chiesa cattolica.
Juan Jose Fernandez e sua moglie Pilar Rodriguez erano due Rom che vivevano in una grotta a Tijola, in Spagna.
Il 13 aprile 1914 Pilar diede alla luce una bambina a cui fu messo nome Emilia. Emilia, seconda di tre figli, fu battezzata lo stesso giorno della sua nascita nella Chiesa di Santa Maria.
Quando Emilia iniziò a crescere, le venne insegnato come fare cesti di vimini. Era così che la sua famiglia si guadagnava da vivere.
Juan e sua moglie erano dei sopravvissuti. Non avevano un’ideologia politica di riferimento e lavoravano sodo per portare avanti la loro magra attività, cercando di vivere la loro vita il più tranquillamente possibile. La maggior parte delle altre persone Rom vivevano allo stesso modo. Quando nel 1936 scoppiò la guerra civile, non c’era alcun motivo per cui i Rom dovettero sentirsi in pericolo. Continuavano a vivere la loro vita e cercavano di fare del loro meglio con quello che avevano.
Ma a volte le circostanze travolgono gli ignari e li spingono in un mondo che non avrebbero mai potuto immaginare.
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Nel 1938 Emilia si sposò con Juan Cortes, suo lontano cugino di un anno più giovane. Il marito di Emilia era apolitico e, come Emilia, non si curava di nessuno dei lati coinvolti nella Guerra Civile. Ma i militanti di sinistra la pensavano diversamente. E chiesero a Juan Cortes di entrare nei loro ranghi.
Juan fece preparare ad Emilia una pozione da strofinare sui suoi occhi, portandolo ad una condizione di temporanea cecità. Il suo stratagemma funzionò e fu quindi ritenuto inadatto al servizio. Ma la sua “cecità” cominciò ad andare via. Quando i soldati tornarono, scoprirono che Juan fosse in grado di vedere e si indignarono. Sapevano che Juan li aveva ingannati.
Lui ed Emilia furono subito arrestati e messi in prigione, in attesa del processo. Era il 21 giugno 1938. Poche settimane dopo, il 9 luglio 1938, Emilia fu processata e condannata a sei anni di carcere. Era assolutamente terrorizzata. Era incinta e temeva per la vita del suo bambino.
Emilia si sentiva completamente da sola, tra le mura umide e puzzolenti della prigione. Cercò di evitare le altre detenute, ma era giovane e vulnerabile e questo attirò la simpatia di alcune di loro. Una ragazza di nome Lola, che aveva più o meno la stessa età di Emilia, poté stringere amicizia con lei. Lola era una cattolica devota, e iniziò ad insegnare ad Emilia qualcosa su quella fede di cui lei conosceva così poco.
Lola fece in modo che Emilia facesse correttamente il segno della croce e le insegnò il Padre Nostro, l’Ave Maria e il Gloria. In poco tempo Emilia iniziò a pregare il Rosario con gli altri.
Ben presto il comandante del carcere, Pilar Salmeron Martinez, scoprì che Emilia, la zingarella ignorante e illetterata, sapeva recitare il Rosario. Era determinato a scoprire chi avesse avuto l’audacia di insegnarglielo.
Martinez la convocò nel suo ufficio e le chiese di dirgli chi le avesse insegnato a pregare. Le promise persino che avrebbe scarcerato lei e Juan. Le disse di pensare al suo “povero bambino”, al fatto che la prigione non era il posto adatto ad un bambino. Martinez pensò che Emilia fosse una debole, ed era sicuro che lei avrebbe accettato. Ma aveva torto.
La fede di Emilia cominciava a diventare tenace ed autentica. Aveva solo 24 anni, tanta paura e un bambino nel grembo, ma non volle rivelare il nome di Lola. Furioso con questa “zingarella”, Martinez le impose l’isolamento. Ordinò anche a Lola di essere messa in isolamento. Sapeva che fosse lei la “piantagrane” che insegnava alle detenute come pregare. Le condizioni di vita nell’isolamento erano terribili.
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Venne l’inverno e il malvagio Martinez, continuando a cercare di far cedere Emilia, ridusse le sue già scarse razioni alimentari. La giovane donna era sempre più debole e malata, giorno dopo giorno, e il suo bambino sarebbe nato a breve. Alle 2 di mattina del 13 gennaio, Emilia diede alla luce una bambina sul pavimento della sua sporca cella. Quello stesso pomeriggio Lola la battezzò. Emilia e la sua bimba furono trasferite all’ospedale. Quattro giorni dopo vennero riportate in prigione.
Emilia diventò così ammalata che dovette essere nuovamente trasferita in ospedale. Morì il 25 gennaio, non avendo mai rivelato il nome di colei che le aveva insegnato a pregare il Rosario. Il suo corpo fu scaricato in una fossa comune, senza nome. Nessuno seppe mai cosa accadde alla bambina. Si presume che sia stata data in adozione.
Beata Emilia Fernandez Rodriguez, prega per noi.
Fonte it.aleteia.org
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