Categorie: Italiae et Ecclesia

Incontrare Dio nella nostra povertà

I padri del deserto lasciarono ogni cosa per ritirarsi in luoghi inospitali e ritrovare così la loro identità cristiana. Io non devo andare molto lontano per trovare sabbia, rovi e sassi arroventati dal sole. La cella del mio cuore è un deserto, un anfratto inospitale, un luogo dove i vizi coltivano i cardi della cattiveria.

Racconta un vecchio detto dei padri del deserto: «Un confratello andò dall’Abate Mosè a Scete, chiedendogli un colloquio. Il vecchio gli rispose: Va’, siedi nella tua cella e la tua cella ti insegnerà tutto». Solo nel deserto del cuore la parola di Dio scende su di me, solo quando assaporo l’amarezza della mia miseria posso pregustare la dolcezza della divina misericordia. Non fuggire da te stesso, rimani in questo deserto, non ascoltare le voci suadenti che ti invitano a lasciare questa povera cella, la povertà della tua condizione umana. Dio si sta facendo uomo per incontrarti in questo luogo inospitale e tu fuggi? Dio nasce in una grotta non tra le mura maestose del tempio; la luce viene nelle tenebre non tra i candelabri del palazzo reale; la Vergine Madre partorisce tra la paglia di una stalla non nel comodo letto di un albergo. “La parola di Dio venne su Giovanni, figlio di Zaccaria, nel deserto”. Entriamo nella nostra cella, prepariamoci ad incontrare il Dio bambino nell’umiltà della nostre “quattro mura”, tra le assi di questo misero rifugio. Perché fuggire, perché rinnegare la nostra natura, indossare abiti che non ci appartengono? Meditare e vigilare significa prendere coscienza della nostra abissale lontananza, partire da una misero tugurio dove posano le stanche membra coloro che accudiscono i porci; non rinnegare te stesso, non nasconderti, non mentire. Non avere paura della tua povera cella.



«Lì dove non vogliamo guardare, nella sfera delle nostre pulsioni, negli abissi della nostra anima, lì dove in noi fa freddo e si nascondono i nostri lati duri, proprio lì è pronta in noi la mangiatoia in cui Dio vuole depositare il proprio Figlio, affinché possa nascere anche in noi e diventare per noi il Messia che ci libera dal paese della schiavitù, dalla prigione interiore delle nostre ossessioni e delle nostre immagini ideali, per salvarci e fare di noi l’uomo sognato da Dio».(Anselm Grüm) Solo nel deserto del cure si realizza il sogno di Dio.



Redazione Papaboys (Fonte www.nondisolopane.it/don Luciano Vitton Mea)

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