C’è grande attesa per l’incontro di preghiera per la pace a cui Papa Francesco ha invitato i presidenti di Israele, Shimon Peres, e della Palestina, Mahmoud Abbas, e che avrà luogo nel pomeriggio dell’8 giugno, Domenica di Pentecoste, in Vaticano. Il Segretario di Stato, card. Pietro Parolin, intervistato da Massimiliano Menichetti di Radio Vaticana, ha detto:
R. – E’ un incontro di preghiera. Il Papa l’ha collocato in questa prospettiva: la preghiera come forza della pace. Certamente, avrà un significato simbolico molto forte il fatto che il presidente palestinese e il presidente israeliano si trovino insieme. Poi c’è il valore aggiunto, che è il valore della preghiera: che insieme preghino. Speriamo che lì, dove finora sono falliti gli sforzi umani, il Signore dia a tutti saggezza e fortezza, per portare avanti un vero piano di pace, anche rafforzando la fiducia e – diciamo – superando gli ostacoli – molti, numerosi e gravi – che ancora oggi impediscono di arrivare alla pace in Terra Santa.
D. – Quindi, si può dire che quest’incontro potrà portare una speranza di pace…
R. – Certamente. Tutte queste iniziative sono simboliche in questo senso: ravvivano questo desiderio e questa speranza di pace; e soprattutto, io credo, compromettono le persone che vi partecipano e la preghiera, che diventa forza e impegno di azione.
D. – Veniamo all’incontro promosso da Cor Unum sulla Siria: un conflitto, lei ha detto, che non può essere ignorato e che la Santa Sede segue con grande apprensione…
R. – Sì, l’ha avuto a cuore fin dal principio. Ricordavo, appunto, nel mio intervento le varie prese di posizione, i discorsi, gli appelli sia di Papa Benedetto che di Papa Francesco. E l’ha a cuore, direi, specialmente in questi momenti, in cui c’è un po’ il rischio che questo diventi un conflitto dimenticato. Richiamare l’attenzione della comunità internazionale, richiamare l’attenzione di tutti quelli che hanno una qualche responsabilità e sono in qualche modo coinvolti in questa situazione di crisi, per trovare quella soluzione negoziata, che è l’unica che può dare risposte al conflitto.
D. – Pur rimarcando le mancate attese della Conferenza di pace “Ginevra 2” sulla Siria, ha evidenziato che la soluzione negoziale è possibile, mostrando come esempio l’accordo sulla distruzione delle armi chimiche…
R. – Sì, sì. Noi siamo pienamente convinti di ciò. Però, ecco, sottolineavo anche come una soluzione negoziale sia possibile laddove c’è una volontà politica. Bisogna, quindi, che tutte le parti interessate abbiano questa volontà, lasciando da parte l’idea di poter in qualche maniera prevalere con le armi. Come hanno detto tutti gli esperti: l’unica via è la via negoziale, il mettersi intorno ad un tavolo, il dialogare, perché altrimenti non se ne potrà venire fuori e aumenteranno soltanto le sofferenze e i dolori della popolazione.
D. – Tra le urgenze, ha richiamato la necessità di aprire dei canali umanitari…
R. – Questo è un punto molto importante, perché è necessario che a tutta la popolazione, indipendentemente dalla sua appartenenza religiosa o etnica, arrivi il cibo e arrivino le cure mediche. La Santa Sede, quindi, lo ha sempre fatto, continua a farlo e deve insistere su questo punto, perché questo accesso non sia negato a nessuno, ma tutti possano usufruire delle cose necessarie per sopravvivere e andare avanti.
D. – Ha ribadito la vicinanza del Papa ai cristiani, che lei ha definito come “ponti in tutte le direzioni”; un grande compito per la ricostruzione e la stabilità del Paese…
R. – Un compito grande e difficile, dicevo. Non è da poco… non è da poco! Però, questa è la Lettera a Diogneto: “Il Signore – dice – vi ha messi in una posizione molto difficile, di grande responsabilità, ma voi non potete abdicare a questa vocazione”. Io credo che anche i cristiani in Siria non possano e non debbano, perché è parte della soluzione: che i cristiani, cioè, siano elementi di comunione, siano elementi di avvicinamento tra le varie parti in lotta e facciano di tutto perché si possa dialogare e trovare una soluzione negoziata.
D. – Non ha dimenticato di ricordare i tanti rapiti in Siria, tra i quali anche i due vescovi e padre Paolo Dall’Oglio…
R. – Sì, certamente. E ce ne sono tanti altri. La preoccupazione della Santa Sede è per tutti, con l’auspicio che si possano avere notizie al più presto e, soprattutto, che si possa arrivare ad una loro liberazione. Fonte: Radio Vaticana