Era il mese d’ottobre 2015 quando un giornale italiano lanciò il presunto scoop sul tumore encefalico che tormentava Papa Francesco, diagnosticato da un altrettanto presunto luminare asiatico della neurochirurgia. In poche ore si capì che erano tutte panzane gigantesche costruite a tavolino per vendere copie, occultare debiti, sedare malati di mente e altro. Si trattò forse della più clamorosa fakenews sul Santo Padre.
Ebbene, giorni fa, a cena con un gruppo di amici, persone colte, acculturate e ben informate, da uno di loro, a quasi tre anni di distanza da quella falsa notizia, mentre si discuteva sul caso Viganò mi sono sentito rivolgere questa domanda: ma il Papa ha o non ha un tumore in testa?
Ecco, per me e per tutti, un colpo di fulmine.
In questo consistono i periodici attacchi a Papa Francesco, e cioè, servono per seminare dubbi, domande, perplessità su di lui affinché prima o dopo riemergano con il loro potere di inquinamento devastante.
Per nessuno conta se sono cose vere o false. Ciò che invece conta è dare cittadinanza mediatica ad un dubbio seppure demenziale. Prima o dopo farà il suo sporco lavoro nella mente e nel cuore delle persone buone e oneste, vale a dire inquinare lo spirito.
Questo andazzo deve essere fermato con coraggio e decisione. I nemici del Papa e della Chiesa sono persone senza etica e senza scrupoli morali anche perché sono al servizio di poteri economici e politici che vedono nel ministero e nel magistero di Francesco il loro pericolo peggiore e il loro ostacolo più serio.
La colpa peggiore di quel Viganò, Savonarola di Varese, sta nel fatto che si sia prestato per fare parte di un’altra scalata di queste operazioni. Una condotta abominevole per un arcivescovo della Chiesa che ci teneva tanto ad essere creato cardinale.
A Viganò si deve rispondere e poi va invitato a chiudere la porta della Chiesa dall’esterno.
di Luis Badilla Fonte ilsismografo.blogspot.com