Crescita di gruppi estremisti indù
In India la crescita di gruppi estremisti indù, coincisa con la salita al potere del partito conservatore “Baratiya Janata Party” (Bjp), è stata accompagnata da una recrudescenza della violenza contro le minoranze religiose e, in particolare, contro le comunità cristiane. Uno dei problemi più gravi – si denuncia nel rapporto – è la complicità delle istituzioni alla quale si aggiunge, per gran parte dei casi registrati, anche il silenzio mediatico da parte dei mezzi di informazione locali. Sono circa 7 mila gli episodi censiti ma si tratta di un bilancio “solo indicativo e non esaustivo”. Tra le vittime di violenze anche 1.600 donne e 500 bambini. E sono più di 300 i cristiani, tra cui sacerdoti e leader di comunità, che hanno subito aggressioni. Almeno 60 chiese sono state sconsacrate e sono diventate la sede di gruppi estremisti indù. In una nota, i vescovi indiani chiedono al primo ministro Narendra Modi, leader del partito “Baratiya Janata Party”, un intervento urgente per fermare la deriva confessionale che sta mettendo a repentaglio l’unità del Paese e la laicità dello Stato sancita dalla Costituzione.
Sulla difficile situazione dei cristiani in India, aggravata dal diffondersi dell’ideologia nazionalista, si sofferma Maria Grazia Coggiola giornalista ed esperta del mondo indiano:
Escalation di violenze contro chiese e cristiani
R. – Questo rapporto e anche altri che sono stati presentati negli scorsi mesi evidenziano un’escalation delle violenze contro le chiese e contro i cristiani. Questo è dovuto alla presenza più forte rispetto al passato delle organizzazioni radicali indù, in particolare del movimento dell’estrema destra indù, chiamato “Rss”, tradotto “Corpo nazionale di volontari”. E’ un’organizzazione affiliata a partito di governo, il Bjp. E’ un’organizzazione di volontari con un’agenda anticristiana e contro le minoranze, perché nell’obiettivo ci anche le altre minoranze, come quella musulmana. La presenza, chiaramente, di un governo della destra forte, come quello di Narendra Modi, ha rafforzato questi gruppi che già esistevano prima che, però, alzavano meno la voce, erano meno potenti. Si sono viste delle violenze anche a Delhi. Tra l’altro, prima di Natale, è stata bruciata una Chiesa, alla periferia di New Delhi; io ho seguito questo caso, ci sono state proteste di piazza dei cattolici e anche della Chiesa, della Conferenza episcopale, che chiedevano al governo e al premier Modi di pronunciarsi, se non altro su questa situazione che sta creando molta tensione e molta paura; però, fino ad oggi, c’è stato del silenzio da parte del premier Narendra Modi.
Riconversioni forzate all’induismo
D. – Recentemente, nell’Orissa, i cristiani sono stati vittime di violenze e persecuzioni. Adesso c’è un altro Stato indiano scosso dale violenze, il Chhattisgarh…
R. – Il Chhattisgarh è uno Stato in una parte dell’India dove c’è una popolazione tribale molto numerosa. Sono comunità indigene che sono state convertite al cristianesimo in passato. L’agenda di queste organizzazioni, come dicevo prima l’Rss e anche l’agenda del Bjp, è quella di riconvertire queste popolazioni riportandole alle origini induiste. C’è un programma apposito che tradotto dalla lingua hindi significa “torna a casa”, per conversioni di massa. Anche perché ci sono convenienze economiche; questo è un aspetto che non è sempre chiaro in Occidente che però incide e va anche sottolineato. Le minoranze in India, anche quella cristiana, purtroppo non godono di certi diritti invece riservati alle caste induiste, in quanto non sono indù. Quindi, riconvertendosi all’induismo, certe fette di popolazione, chiaramente povere, hanno altri diritti: per esempio all’impiego, alle quote di iscrizione alle scuole… Fra l’altro, molti Stati indiani prevedono leggi anti-conversione per impedire che avvengano conversioni degli indù.
A cura di Redazione Papaboys fonte: Radio Vaticana
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